[Lecce-sf] Fw: Anti TAv\No al Rigassificà..lotte comuni

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Autore: Maria
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To: socialforum lecce
Oggetto: [Lecce-sf] Fw: Anti TAv\No al Rigassificà..lotte comuni
A SINISTRA
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From: A Sinistra - Movimento Politico Antiliberista BR
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Sent: Wednesday, December 14, 2005 11:28 PM
Subject: Anti TAv\No al Rigassificà..lotte comuni


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14 dicembre 2005

·        Brindisi\Val di Susa  una lotta di popolo contro scelte economiche calate dall'alto. Un articolo di Michele DI SCHIENA, tra i promotori del movimento ambientalista contro il rigassificatore a Brindisi, che parte da questo parallelismo per rilanciare il movimento in città.


·        Sanità la logica dei tetti di spesa un articolata riflessione di Maurizio Portaluri ora direttore generale della AUSL BAT/1 sulla spesa farmaceutica e l'organizzazione sanitaria;


·        Iniziativa si sostegno a Medicina Democratica Teatro Comunale di Mesagne - LUNEDÌ 19 DICEMBRE 2005 ORE 20:30 rappresentazione teatrale "POLVERE" Ingresso 10?. "Polvere" è opera della compagnia "Assemblea teatro" di Torino. L'autore è Massimo Carlotto, la regia è di Renzo Sicco e Lino Spadaro, gli attori sono Giovanni Boni, Marco Pejrolo e Laura Fogagnolo. Le musiche Originali sono di Matteo Curallo, le scene e i costumi di Livio Girivetto e Lino Spadaro.


Giancarlo CANUTO - A SINISTRA - Brindisi





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LA TAV IN VAL DI SUSA ED IL RIGASSIFICATORE A BRINDISI

di Michele DI SCHIENA



La questione della TAV in Val di Susa e quella del rigassificatore a Brindisi hanno in comune lo stesso contrasto fra la concezione di uno sviluppo centrato sulle "grandi opere" violento con l'ambiente e prevaricatore e l'idea di un progresso che rispetta la natura e promuove i diritti, lo stesso disprezzo da parte del Governo per le scelte e per la dignità delle popolazioni interessate, la stessa presenza di un partito trasversale che ha il suo fulcro nello schieramento di destra ma si estende anche fra ipocrisie e contorcimenti in significativi settori del centrosinistra, lo stesso intreccio di oscuri affari e di inconfessabili interessi. Ed hanno pure in comune le due questioni lo stesso indegno spettacolo di un ceto politico dominante che si produce di continuo in proclami e leggi in favore del federalismo per poi schiacciare nei fatti le autonomie locali sotto il peso del suo centralismo e della sua strisciante vocazione autoritaria. Ma le due vertenze hanno anche caratteri peculiari che per certi aspetti le rendono tra loro differenti. L'opposizione alla linea TAV in Piemonte è invero sostenuta da una prevalente motivazione sanitaria ed ambientale: sanitaria perché muove dal fondato assunto per il quale la montagna da perforare contiene ingenti quantità di amianto e di uranio (pericoloso il primo per la elevata tossicità delle sue polveri ed il secondo per la sua conclamata radioattività) ed ambientale perché la progettata linea ad alta velocità altererebbe il paesaggio con gravi ripercussioni negative sulle condizioni di vita della vallata e su una economia locale ampiamente sostenuta dal turismo.

Il rifiuto del rigassificatore a Brindisi trae invece origine da un forte e diffuso movimento di opinione che si era opposto alla politica delle precedenti amministrazioni locali ed alle sue rovinose scelte, tutte maturate (compresa quella del contestato impianto) in un clima segnato da scandali e da inchieste giudiziarie. Un movimento di opinione a sostegno di una svolta che è stata sancita dall'esito delle elezioni amministrative del 2004 e dalle decisioni dei rinnovati organi di governo degli enti locali venutisi a trovare in perfetta sintonia con gli orientamenti della Regione Puglia anch'essa rinnovatasi successivamente con l'elezione del Presidente Vendola. Il "no" al rigassificatore risulta quindi motivato non solo dalla sua pericolosità in quanto localizzato in un'area già a rischio di incidenti industriali e di crisi ambientale ma anche e soprattutto per la sua inconciliabilità col nuovo modello di sviluppo (la cosiddetta "città d'acqua") progettato dalle amministrazioni locali e centrato sul rilancio del porto, sull'apertura di una grande collaborazione coi Paesi che si affacciano sulle coste del Mediterraneo orientale e sulla promozione delle piccole e medie imprese, il tutto con la scelta di rendere per quanto possibile ambientalmente compatibili i grossi insediamenti industriali già esistenti.

Ne discende che imponendo a Brindisi il rigassificatore il Governo non solo mortifica la volontà delle popolazioni interessate ma impedisce anche alle amministrazioni locali di portare avanti un progetto politico che ha avuto pieno consenso elettorale e che ha fatto registrare la convergenza su di esso degli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra che amministrano rispettivamente il Comune e la Provincia dopo il duplice e significativo ribaltamento delle precedenti maggioranze provocato dal voto popolare. Insistendo a percorrere la rovinosa strada intrapresa, si andrebbe perciò inevitabilmente incontro ad una gravissima crisi politico-istituzionale che provocherebbe di fatto una "sospensione" della democrazia della quale i cittadini e le loro istituzioni non potrebbero non prendere atto traendone tutte le logiche conseguenze.

La lotta per un nuovo modello di sviluppo col conseguente rifiuto del rigassificatore è quindi anche una lotta contro la sospensione della democrazia nel territorio di Brindisi. Una lotta che riunisce popolo ed istituzioni, pervasa da una forte motivazione democratica, protesa verso un preciso progetto politico, lontana da qualsiasi faziosità o partigianeria, rigorosamente pacifica nei metodi e negli obiettivi. Una "opposizione permanente" che vuole articolarsi in tutte le possibili iniziative di lotta sempre guidate dalla scelta qualificante della non-violenza, della resistenza passiva e della non-collaborazione con la società costruttrice dell'impianto, un'impresa straniera a servizio solo dei propri interessi che si affaccenda in ogni modo per bloccare il dissenso alzando cortine fumogene e seminando illusioni. Una protesta dunque forte di un grande progetto rinnovatore ed in linea con la legalità democratica costituzionalmente sancita; un movimento contro il quale non potranno funzionare le tattiche del "fatto compiuto", non si potrà fare ricorso ai manganelli né usare gli specchietti per le allodole alla ricerca di una "selvaggina" per fortuna rara nelle nostre contrade.

Brindisi, 12 dicembre 2005









SANITA': LA PROGETTUALITA'
COME RISPOSTA ALLA LOGICA DEI TETTI DI SPESA

Maurizio Portaluri (Direttore Generale AUSL BAT/1)


Nonostante si parli di devoluzione, cioè della totale autonomia delle regioni in sempre più numerosi ambiti, il Governo centrale continua a dettare rigide regole di comportamento in quegli stessi settori. E' il caso del tetto imposto dal 2002 alla spesa farmaceutica che non deve superare il 13% della spesa sanitaria ed anche della norma contenuta nella legge finanziaria di prossima approvazione che stabilisce un nuovo tetto massimo, quello delle prestazioni a favore di cittadini provenienti da altre regioni. Questa norma fa però eccezione per i pazienti affetti da tumore e per quelli che richiedono prestazioni di alta specialità. Ma andare a Milano, ad esempio, per un intervento di appendicectomia sarà permesso ad un pugliese solo fino ad esaurimento del tetto di spesa stabilito. Si tratta di due problemi apparentemente molto diversi ma che hanno in comune una sola preoccupazione, quella di risparmiare sulle risorse finanziarie per la sanità.

Se vediamo però la questione dalla parte del malato ci accorgiamo che la decisione di muoversi dalla propria regione per andarsi a curare in un'altra non è causata da un capriccio. Quel malato non trova vicino la propria casa adeguate strutture oppure quando le strutture sono presenti ed attrezzate non riceve pronte risposte. E questo non per colpa degli operatori bensì del loro esiguo numero e quindi dell'insufficiente utilizzo delle apparecchiature. Personale insufficiente e carenza di attrezzature sono il prodotto delle politiche di tagli ai danni del sistema sanitario pubblico attuate in questi ultimi anni nel nome del risanamento finanziario. Le piante organiche del personale sanitario (e non solo) sono mezze vuote e coperte da personale con incarichi a tempo determinato. Condizione questa che non motiva gli operatori e non permette di fare progetti per il futuro. A fronte di questa situazione un altro tetto di spesa imposto dal governo alle regioni impedisce di aumentare oltremodo la spesa per il personale nel 2005 rispetto a quanto speso nel 2003! Anche i reparti di oncologia medica e le moderne macchine per radioterapia non sono omogeneamente presenti su tutto il territorio regionale. Fortunatamente si muovono proprio in queste settimane i primi passi per la PET anche in Puglia. Ma per colmare questi ritardi e servire i nostri concittadini qui e subito sono necessarie risorse che il governo non da o impedisce di spendere!

E' vero, la mobilità dei nostri pazienti verso altre regioni produce grandi perdite per la Puglia: perdita di risorse a vantaggio di altri sistemi sanitari, perdita di reddito per le famiglie che sono costrette a spostarsi, perdita di esperienza clinica per le nostre strutture sanitarie, perdita di occupazione dei nostri giovani che hanno studiato per operare nella sanità a vantaggio dei loro concittadini malati. Ma nei nostri bilanci di esercizio queste perdite non compaiono eppure esistono e se non rimosse sono lì a produrre sempre nuove passività. Non saranno i tetti di spesa imposti dalla finanziaria a risolvere il problema. C'è bisogno di un piano delle grandi tecnologie biomediche e di quelle oncologiche in particolare. Non si può più rimanere succubi e paralizzati dalla logica dei tetti di spesa ma bisogna mettere in campo una progettualità di lungo respiro.

Le modalità con cui viene poi affrontato il problema della spesa per i farmaci porta con sè gli stessi vizi appena denunciati per la mobilità dei malati tra le regioni. Proviamo a riflettere su qualche dato. L'Agenzia Italiana del Farmaco ci informa che nel 2004 la spesa degli italiani per farmaci è stata di ben 19,2 miliardi di euro e che rispetto al 2000 è aumentata di 3,5 miliardi! Il 70% di questa spesa è a carico del Servizio Sanitario mentre il 30% proviene direttamente dalle tasche dei cittadini. Ma mentre la spesa pubblica è aumentata del 34%, quella privata solo dello 0,2%. Non tutta l'Italia, poi, spende nello stesso modo: il Nord spende meno del Centro che a sua volta spende meno del Sud e Isole.

Nel 2004 la spesa lorda per ogni italiano è stata in media di 235 euro con 10 euro, pari al 4,4%, di compartecipazione dei cittadini attraverso il ticket. In Puglia è stata di 266 euro con 17.8 euro di ticket, pari al 6.7 %, a carico dei cittadini. Poichè una popolazione più anziana consumerà maggiori quantità di farmaci, ogni regione è stata "pesata" in base alla composizione anagrafica dei suoi residenti. Così è risultato che la Puglia rispetto alle regioni del nord pur avendo una popolazione residente di 4.023.000 abitanti dovrebbe consumare farmaci come se avesse una popolazione "pesata" pari a 3.755.821. E allora perchè registra una spesa media per ogni abitante maggiore di quella effettuata da una regione con una popolazione più anziana? E' solo l'età della popolazione che fa il consumo di farmaci? Alcuni studiosi ci dicono che il consumo di farmaci è maggiore dove non c'è un facile accesso in ospedale. Anche qui dobbiamo sforzarci di vedere la questione dalla parte del malato che di certo preferirebbe non fare ricorso ai farmaci se non ne avesse bisogno o se qualcuno non gli dicesse che ne ha bisogno. Quanto ha inciso negativamente sulla nostra spesa farmaceutica la riduzione dei posti letto ospedalieri soprattutto di medicina? Quanto potrebbe invece incidere positivamente una organizzazione territoriale dei servizi dove l'ammalato può trovare operatori in numero e con tempi adeguati per un vero ascolto del suo problema? Non sono domande retoriche ma quesiti per una ricerca scientifica sul campo! Nel contempo controlliamo pure le prescrizioni scorrette ma senza criminalizzare i medici e diamo la possibilità ai cittadini di incontrare gli operatori anche al di fuori della necessità che la malattia impone per disegnare la sanità che desiderano.

Riprendiamo, poi, una campagna di educazione sanitaria che possa far comprendere questo mondo affascinante ma a volte terribile della produzione e dell'uso dei farmaci. Scrive significativamente Silvio Garattini, il notissimo farmacologo direttore dell'Istituto Mario Negri: "L'aumento della spesa del 2004 rispetto al 2003 è stata del 9% per la parte pubblica, mentre è diminuita del 2,6% per la parte privata. L'aumento della spesa pubblica è quasi interamente dovuto all'aumento delle prescrizioni (e non del prezzo dei farmaci) che registra forti variazioni regionali, difficilmente giustificabili sulla base di differenze delle patologie. Non vi è dubbio che esiste una notevole spinta propagandistica da parte delle industrie farmaceutiche per aumentare le prescrizioni, che spesso riguardano indicazioni per cui non esistono basi scientifiche attendibili. ... La disponibilità dei dati sui consumi rappresenta una grande opportunità di riflessione per regioni ed ASL per razionalizzare l'impiego di prodotti che, val la pena di ricordarlo sempre, non sono solo portatori di benefici, ma anche di rischi".

Andria, 11 dicembre 2005








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