[Badgirlz-list] Gilberto Gil about free software and copyrig…

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Author: Errata
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To: badgirlz-list
Subject: [Badgirlz-list] Gilberto Gil about free software and copyright
From: vpn m/l

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*Un'intervista con il ministro brasiliano della
cultura Gilberto Gil.
Dai brevetti al software, le strategie del Brasile sul
diritto di
accesso alla conoscenza
*

ARTURO DI CORINTO
il manifesto - 01 Luglio 2005

Non accade tutti i giorni incontrare un ministro che
sostiene la
libertà
di cultura contro gli interessi delle multinazionali.
Ed è un fatto
eccezionale se quel ministro fa parte del governo di
un paese che
occupa
il nono posto nella classifica dell'economia globale.

Ma se al posto della qualifica si mette il suo nome,
Glberto Gil, tutto
sembra invece possibile. Il ministro cantante è in
questi giorni in
Italia su iniziale invito del senatore verde Fiorello
Cortiana per
partecipare a Venezia - questo è accaduto la scorsa
settimana - ad un
meeting sulle «libertà digitali». Il ministro
brasiliano per la cultura
si è poi spostato a Napoli per partecipare
all'iniziativa NapoliBahia,
un progetto voluto dall'Università di Napoli e
sponsorizzato dal
governatore campano Antonio Bassolino e dallo stesso
ministro
brasiliano. L'incontro con Gilberto Gil non poteva che
partire dalla
sua
scelta di distribuire gratuitamente in rete i suoi
concerti.

*Signor ministro da quando ha scelto di distribuire
gratuitamente in
rete i suoi concerti, lei è stato indicato come un
paladino della
cultura digitale. Come è giunto a questa decisione?*

A mio modo di vedere il digitale va inserito a pieno
titolo nella
battaglia che tanti, nel mondo, stanno conducendo per
la difesa della
diversità culturale.
La cultura digitale è frutto di un'attitudine che ha
le sue origini
negli anni '60 e ha consentito lo sviluppo di un
movimento che si batte
per diffondere l'«etica hacker», incentrata sulla
condivisione
dell'informazione e della conoscenza all'interno di un
processo
collaborativo. Gli hacker per me non sono certo i
pirati di cui parlano
i giornali, ma quelli che hanno fatto Internet, quelli
che scrivono
software libero, che creano e innovano le conoscenze
con un
atteggiamento altruista senza aspettarsi per forza una
contropartita
economica. In questo senso anch'io sono un hacker e
perciò mi interessa
questa cultura. E mi sento ispirato dall'etica hacker
anche quando mi
confronto con le complesse questioni del mondo d'oggi,
coi suoi
paradossi e le sue opportunità.

*Un ministro che parla di software libero: non le
sembra una
contraddizione?*

Uso il free software e difendo tutti gli strumenti che
possono
democratizzare l'accesso all'informazione nella
direzione dello scambio
e della condivisione. Quando parliamo di software
libero non stiamo
parlando di un semplice oggetto ma della libera
manifestazione del
pensiero, dell'espressione e della creatività
artistica.

*C'è però chi sostiene che alcune grandi imprese si
siano convertite al
software libero solo per fare profitti. Lei che ne
pensa?*

Anche se le grandi corporation credono di poter
risparmiare o fare
soldi
con Gnu/linux una cosa è chiara: la battaglia per il
free software e la
free internet, l'accesso libero alle connessioni, sarà
sempre un passo
avanti ai loro interessi. Internet è un territorio che
protegge e
favorisce la creatività e la comunione fra le persone
ed oggi è il
migliore antidoto alla mercificazione della cultura. E
sta pian piano
modificando la stessa idea di civiltà che ci è stata
tramandata.

La cosa più importante è che si tratta di un processo
che non è
originato da governi o imprese ma nasce all'interno
della società in
maniera decentrata come risultato del lavoro di molti
gruppi che pur
avendo strategie differenti fanno le cose insieme. E
lo fanno con
l'obiettivo di abilitare sempre più persone ad essere
autonome e a
sviluppare il loro potenziale vitale nella produzione
e creazione di
cose utili per il mondo.

*Un approccio che può apparire romantico...*

Questa nuova cultura propone e realizza cambiamenti
strutturali, non
solo nei contenuti, ma nella forma in cui percepiamo e
modelliamo il
mondo. Ad esempio cambia completamente il rapporto con
il lavoro, ma
anche il modo in cui amiamo, ci scambiamo le cose e
governiamo.

*Ecco, parliamo di governo...*

Il governo brasiliano ha già accumulato una vasta
esperienza nel campo
del free software, dell'inclusione digitale e nella
costruzione di
territori autonomi di creazione e produzione. Sono
addirittura i
singoli
stati e le singole municipalità che fanno della
cultura digitale una
questione politica strategica.

*E il ministero della cultura che ruolo ha in tutto
questo?*

Come ministro penso che è importante perché il Brasile
si deve
preparare
concretamente alle sfide del futuro e diventare un
«campus digitale» un
luogo dove il free software, il riuso e il riciclo dei
computer, la
banda larga e il wi-fi siano una cosa concreta per
favorire la
distribuzione di contenuti digitali.

*E non la preoccupa la cosiddetta «pirateria
digitale»?*

La digitalizzazione delle reti e dei contenuti è
diventata un tema
esplosivo per la questione della proprietà
intellettuale. Ma è
affrontata in maniera, secondo me, errata.

E' noto che l'articolo 27 della dichiarazione
universale dei diritti
umani afferma il diritto all'accesso delle conoscenze
attraverso la
cultura, le arti e la scienza e che ogni autore ha il
diritto morale e
materiale che deriva dalle sue creazioni. Ma è oramai
un elemento
acquisito che sia il diritto all'accesso della
conoscenza che il
diritto
morale e materiale degli autori entrano in
contraddizione con le nuove
modalità di distribuzione digitale delle opere
intellettuali.

Nessuno può contestare il fatto che la distribuzione
digitale sia un
eccezionale strumento di democratizzazione
nell'accesso alla cultura:
con un clik del mouse puoi avere quasi tutto: musica,
film libri;
subito
e senza alcun costo. Al contrario la distribuzione
analogica sa di
medioevo. Non è solo antiquata, ma anche costosa. E
inquina pure! Pensa
quanto è ridicolo fare un disco, stamparlo in
centinaia di migliaia di
copie, metterlo in magazzino, caricarlo su camion e
navi e poi, dopo
parecchi altri passaggi, portarlo nei negozi. Ecco,
tutto questo con
Internet non è necessario. Sono finiti i giorni del
«fuori catalogo» o
del «fuori stampa». Nell'era digitale, le specie
culturali in via
d'estinzione possono sopravvivere, essere stimolate e
rese fruibili in
rete. Le trovi a pochi click dal tuo prossimo
digitale. Eppure le leggi
di quasi tutti i paesi dicono che non puoi farlo.
Dicono che non puoi
garantire il libero e democratico accesso alla
cultura. Una situazione
paradossale che priva le persone del diritto di
accedere ai beni che
direttamente o indirettamente hanno contribuito a
produrre.

*Le major, la Riaa e la Mpaa, anche il governo
italiano non la pensano
così...*

Il problema è che le imprese rimangono attaccate al
business analogico
per accaparrarsi gli immensi profitti che le vecchie
modalità di
distribuzione gli garantiscono. E non sono capaci di
inventare nuovi
modi di fare affari. E' il problema del middleman (la
disintermediazione, n.d.r.). Perciò chiedono
restrizioni di carattere
reazionario, costose e inutili. I teenager le
infrangeranno. E prima o
poi tutti i governi dovranno confrontarsi con la
consapevolezza dei
loro
cittadini che quelle leggi sono inadeguate. Per questo
noi sosteniamo
il
progetto Creative Commons, il set di licenze che
riconosce il diritto
d'autore e, al tempo stesso, la possibilità di
riprodurre liberamente
opere culturali. Elaborato dal giurista statunitense
Lawrence Lessig, è
un modo semplice e creativo di stabilire nuovi modelli
di licenza per i
diritti d'autore con l'obiettivo di rendere flessibile
il rigido
copyright di «tutti i diritti riservati». Il mio
impegno come ministro
della cultura è di portare queste tematiche
all'attenzione della
società
e dei governi nazionali e internazionali. Quello che
accade nel
cyberspace è affare di tutti, perché in Internet i
confini non hanno
senso e tutte le regolamentazione fanno il loro tempo.
Oggi con la
convergenza digitale e la diffusione della tecnologia
le stesse
istituzioni che se ne occupano devono ripensarsi, come
la Wipo
(l'Organizzazione per la proprietà intellettuale),
come l'Undp (Agenzia
Onu per lo sviluppo), e lo stesso vale per le
conferenze tematiche come
il Wsis (Il Summit mondiale per la società
dell'informazione).

*
Si potrebbe dire che sono belle parole e basta...*

Ma noi pratichiamo quello che dico. Abbiamo lanciato
il progetto dei
Pontos de Cultura su tutto il territorio brasiliano.
Forniamo alle Ong
che ne fanno richiesta 1500 euro al mese per due anni,
una connessione
digitale e un kit multimediale, senza dirgli cosa
farci. Chi riceve i
finanziamenti li usa come crede, secondo la propria
creatività, per
sviluppare il proprio immaginario e seguire i propri
gusti. Il fascino
della libera creazione è un'esperienza coinvolgente e
affascinante, a
livello intellettuale ed emotivo. Se sei capace di
sviluppare la tua
creatività diventi capace di apprezzare anche quella
degli altri. E' da
li che bisogna partire per cambiare le cose.


        
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