(L) Progetto CFA Anomolo

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Author: zerolabstation
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Subject: (L) Progetto CFA Anomolo
comincio con il dire che mi associo a dubbi e perplessità già espressi (per quello quanto segue potrebbe sembrare un pò ripetitivo), nonchè all'auto-critica già sviluppata da pinna, anzi dovrei rincarare la dose per quanto riguarda l'esperienza di ko-rec... in merito al Copyfree Act (CFA), premetto, nel documento la dimensione di Anomolo si sovrappone (e confonde) spesso a quella di (L)eft, delle incomprensioni dunque potrebbero dipendere da questo elemento.

1. Il CFA si dice un progetto di lungo periodo, ma sembra davvero essere troppo legato sia ad una prospettiva di medio: riformare i meccanismi di incentivi e compensazione attraverso il controllo degli apparati statali e/o la mediazione dei partiti di governo, cui poi andrebbe inevitabilmente soggetto (davvero strano che si parli, ribadendolo più volte, di limitare le pregiudiziali ideologiche o di non appartenenza agli schieramenti politici); che ad una di breve periodo, con l’applicazione dell’Alternative Compensation System (ACS), nonostante questo sistema si presenti lacunoso proprio in una simile prospettiva. Riteniamo giusto creare un meccanismo di incentivi e compensazione, ma strutturarlo (come sostenuto) sulla base dei download forse non permetterà cambiamenti rilevanti. Gli artisti più conosciuti, quelli che quasi sempre sono a contratto con le major, si spartirebbero – al solito – il grosso della torta, almeno sul breve periodo.

2. L’utilizzo del concetto di “liberalizzazione” dei saperi, o della cultura, o della musica (benché attraverso la rete) ha davvero troppo il sapore del pensiero unico neoliberista, al quale opporsi in maniera decisa più che predicarlo acriticamente, anche perché il termine liberalizzazione, paradossalmente, cela sempre una qualche volontà di regolazione da parte di specifiche forze sociali. D’altronde non bisogna dimenticare che il World Summit on Information Society (WSIS) è diretta espressione degli interessi del neoliberismo, contestati tra l’altro già a più riprese nel corso degli ultimi anni. In breve, autonomia di pensiero e d’azione.

3. Ritornando all’ACS, come strumento non sembra poi così equo come descritto. Infatti, se la banca dati mette a disposizione dei fruitori solo gli artisti registrati e protetti dal diritto d’autore (o da una sua variante), significa che tutti coloro che non scelgono una tutela specifica ne sono completamente esclusi. Ipotizziamo che, qui in Italia, un simile meccanismo possa finire con l’essere gestito dalla SIAE o, peggio ancora, dalle società fantoccio che i maggiori editori (quali RAI, Mediaset, ecc.) metteranno su in seguito alla liberalizzazione (come da scenario già previsto in questa lista), agevolando e compensando solo i loro iscritti. Non sarebbe questa una soluzione che leverebbe tali società dalla posizione scomoda in qui si trova in questo momento la SIAE, legittimando – almeno sulla carta – il loro operato agli occhi dell’opinione pubblica, ma non apportando cambiamenti rilevanti per i musicisti? Così, almeno che Anomalo, o (L)eft, non tirino su la loro società di tutela, non cambierebbe un granché.

4. Cosa si intende con coinvolgimento di spazi e strutture dello spettacolo? Questa espressione non denota forse la tentazione di un certo ritorno all’asimmetria nella trasmissione della musica, rinvigorendo la catodica distanza tra il creatore di musica ed il fruitore? E’ anche – e soprattutto – grazie ad internet (al suo essere orizzontale) se il brodcast televisivo e la figura del musicista elitario, sono stati messi fortemente in discussione in questi ultimi anni. Un ritorno al passato, agli imbuti sempre più clientelari e sempre meno meritocratici da canale mainstream, fatta eccezione per i pochi (e fortunati) che usufruiranno di passaggi televisivi, non credo porti troppo lontano.

Il tutto, inoltre, sembra condito da un’eccessiva enfasi e ricerca di novismo, rinnovamento a tutti i costi, non sempre giustificato, adeguato o necessario. E’ davvero troppo presto per immaginare la portata del nostro agire sul corso della storia, sui suoi mutamenti. Davvero troppo presto per intuire le conseguenze di successi ed insuccessi, parziali o complessivi. Riteniamo sempre necessaria una mediazione ed un confronto con il mercato, a patto che si provino a riscrivere le sue regole a nostra immagine e somiglianza. Questo significa non compromettersi con strutture il cui unico obiettivo è controllare e gestire i flussi dell’informazione, dei saperi, della musica, o il profitto finalizzato a se stesso, ottenuto sulle spalle di consumatori, utenti e fruitori. E’ probabile che queste considerazioni, questi dubbi e le perplessità, siano mossi da pregiudizi ideologici o dal riconoscersi in una area di appartenenza. Più probabile che, invece, a dettarle sia stata la voglia di non vedere traditi principi, idee e valori comuni e condivisi all’interno di questo network, nonostante gli innumerevoli errori.

gianluca