Szerző: eva Dátum: Tárgy: [Incontrotempo] Mayday_comunicato Strike
Postiamo questo contributo solo ora, avendo ritenuto giusto che ad
esprimersi fossero innanzitutto le realtà direttamente coinvolte nei gravi
episodi della mayday milanese. In assenza di altri luoghi di confronto che
non siano la rete, proviamo comunque a mettere per scritto alcune
riflessioni - anche per spezzare le voci che in questi giorni rischiano di
sostituire lo scambio di opinioni e posizioni tra realtà che ragionano
sullaccaduto.
I nostri due centesimi sui fatti di milano.
Come da diversi anni ormai abbiamo contribuito a costruire da roma la
partecipazione alla mayday milanese, un percorso che per noi, precarie e
precari sullorlo dei binari di roma tiburtina rappresenta da sempre il
cuore pulsante del nostro agire politico. Un appuntamento che nel tempo ha
accompagnato levolvere della nostra esperienza come il bambino del
manifesto, in questi due anni e mezzo di occupazione siamo in qualche modo
cresciuti seguendo il coniglio bianco delleuromayday. Una crescita
allinsegna della creatività, dei desideri, dellautorganizzazione, delle
pratiche di riappropriazione e sottrazione, della costruzione di reti e
immaginari comuni. Una crescita non certo lineare, o tutta in altezza,
tantè che questanno (per scelta e necessità) avevamo optato per un
approccio più trasversale, scegliendo di non rappresentarci con un
nostro camion alla street e sparpagliandoci (e perdendoci) per la parade
insieme alla santa precaria ingravidata che vuole la maternità pagata e
a tant* altr*.
Nel corso della giornata, però, abbiamo visto e appreso di episodi che con
lo spirito e la pratica della mayday hanno ben poco a che fare. Guerra per
la conquista di un posto nella top twenty dei camion, spade, mazze e
bottiglie che spaccano teste, tentativo di linciaggio finale.
Condanniamo fermamente chi ha cercato di trasformare il giorno di San
Precario nel giorno più nero del movimento, calpestando nel nome delle
proprie piccole ragioni lo spazio comune delleuromayday. Contrasti e
dissensi non possono portare in nessun caso al ferimento grave di
compagni, che oltretutto hanno fino ad allora contribuito a costruire lo
stesso percorso. Esprimiamo per questo la nostra solidarietà ai compagni
di acrobax, del vittorio, del bulk e del mala.
Diciamo condanna per amor di chiarezza, ma diciamo anche che questa
linea di ragionamento rimane per noi fortemente contraddittoria, perché le
sentenze, le condanne e lergersi a giudici non sono e non saranno mai il
nostro orizzonte. Quello che ci preme sottolineare, è la nostra totale e
inconciliabile alterità alle dinamiche sterilmente identitarie, o di
affermazione di una verità, di una pratica sulle altre, che rimettono in
discussione (o vorrebbero) la ricerca di uno spazio di conflitto pubblico
e molteplice.
In tanti e di differenti realtà siamo partiti da Roma. Tre compagni sono
tornati feriti, tutti siamo tornati incazzati e abbattuti. Alla luce delle
responsabilità rispetto a quanto avvenuto, crediamo che i fatti di Milano
non debbano trasformarsi in unimmotivata e aspra contrapposizione tra le
realtà romane che hanno costruito la mayday, finendo per alimentare una
logica di schieramenti e fazioni, con il rischio di creare pericolose
faide. Lo spazio della mayday è stato uno di quei rari, complessi e
difficili spazi di relazione tra differenti (ben aldilà dei soggetti e
delle aree politiche) rimasti aperti in questi anni di movimenti, e per
questo autonomi e impossibili da egemonizzare. Ma la mayday è anche molto
di più. E lo spazio di riconoscimento, di identificazione, di connessione
per milioni di precarie e precari, la risposta collettiva e multiforme
alla frammentazione del lavoro e alla precarizzazione della vita. Siamo
convinti che lintelligenza collettiva dei 120 mila corpi pensanti che
domenica hanno invaso le strade di Milano saprà inventare antidoti alla
chiusura di questi spazi comuni.