[NuovoLaboratorio] non c'e' una via per la pace, la pace e' …

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liberazione, 28 aprile 2005

«Non c'è una via per la pace, la pace è la via»
Tappa a Roma di Thich Nhat Hanh, maestro buddista vietnamita apostolo della
non violenza, di ritorno da uno storico viaggio nel suo paese dopo 40 anni
di esilio
Carla Cotti
e Paola Pittei
«Il presidente Bush ha chiesto 87 miliardi di dollari per occuparsi della
violenza in Iraq, ma non ha la minima idea di cosa fare per la violenza
all'interno del suo Stato. Ha bisogno di qualcuno che gli parli, ma i suoi
consiglieri non sanno come parlargli di compassione e comprensione. Se ci
riuscissero, Bush capirebbe che i figli di Saddam Hussein potrebbero essere
i suoi figli. Secondo il Buddha ciascuno di noi è un Buddha, ognuno può
diventarlo. Anche il presidente Bush può diventare un Buddha se qualcuno lo
aiuta». Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita, ha pronunciato queste parole a
Washington durante una manifestazione pubblica nel febbraio del 2003, alla
vigilia della guerra contro l'Iraq.


Comunismo
e tradizione
L'intreccio tra sconcertante ingenuità e profonda, disarmante saggezza è
tipico del personaggio, candidato al Nobel per la pace nel 1967 da Martin
Luther King e apostolo della non violenza. Thay, il maestro, come lo
chiamano affettuosamente i suoi numerosissimi allievi sparsi nei cinque
continenti, è stato ugualmente limpido nelle scorse settimane, durante lo
storico viaggio di tre mesi che lo ha visto tornare nel suo paese d'origine
dopo 39 anni d'esilio. «Il Comunista Vietnamita si sente a suo agio con le
tradizioni culturali del Vietnam ed è determinato a vivere in modo tale da
rendere il suo paese ogni giorno più bello. Il Comunista Vietnamita è
consapevole che gli alberi hanno radici, l'acqua ha le sue sorgenti e gli
antenati hanno la loro origine da cui ognuno riceve molte intuizioni,
esperienze e modi di vivere buoni e belli». Sono questi i primi due dei
"Sei suggerimenti sull'apertura del Partito comunista vietnamita" che Thay
ha formulato e indirizzato ai leader, nel tentativo di colmare un'antica
frattura.

La tradizione buddhista, si legge in un altro punto del breve documento,
una tradizione «di amore e comprensione, ha aiutato a costruire un modo di
vivere gentile e pacifico, ed è diventata il carattere della cultura
nazionale. Questo carattere è nel sangue di ogni vietnamita, inclusi coloro
che non si considerano buddhisti. Anche quando guarda coloro che si
considerano buddhisti ma sanno soltanto pregare e implorare per ottenere
favori, il Comunista Vietnamita si sente a suo agio e non li discrimina. E'
consapevole di essere più fortunato, di aver avuto l'opportunità di
studiare e utilizzare la saggezza del Buddhismo allo scopo di sviluppare
una profonda vita interiore». Un sogno, evidentemente, ma nutrito da uno
come Thay, che ha trascinato in ritiro mezzo Congresso americano per
parlare di "visione interiore" e costruzione della pace.

Intanto, l'entourage del monaco valuta con evidente soddisfazione i
risultati del viaggio in Vietnam: dall'iniziale diffidenza a veri e propri
bagni di folla, possibili grazie alla determinazione di Thich Nath Hanh
nell'accettare l'invito di Hanoi solo a patto di essere libero di parlare
in pubblico e di vedere i suoi libri finalmente tradotti. «Se posso
insegnare liberamente in Italia, il regno del Papa, perché non posso
insegnare nel mio paese?», ha scherzato il maestro, e l'ha spuntata.

Una "vittoria diplomatica" che rispecchia il coraggio e la dirittura del
maestro zen.


Sporcarsi le mani nella società
Nato nel 1926 in un villaggio del Vietnam centrale, monaco dall'età di 16
anni, fautore di un buddismo rinnovato, capace di uscire del chiuso dei
templi e dei rituali e di sporcarsi le mani nella società, Thich Nath Hanh
è il fondatore - nel 1964, nel pieno della guerra che insanguina il suo
paese per oltre due decenni - dei Piccoli corpi di pace, gruppi di laici e
monaci impegnati nella costruzione di scuole e ospedali e nella
ricostruzione dei villaggi distrutti dalle bombe senza distinzione tra le
due parti in conflitto, quindi sospetti e repressi da tutti i belligeranti.

Nel 1966 incontra negli Usa l'allora Segretario di Stato Robert Mc Namara
per chiedere la fine dei bombardamenti nel suo paese. Mc Namara si dirà
«molto turbato» dal colloquio e pochi mesi dopo si dimetterà. Nello stesso
anno Thay guida la delegazione buddhista alla Conferenza di pace di Parigi.
Messo al bando da entrambi i governi vietnamiti, sceglie la Francia come
terra d'esilio. Attualmente si divide tra le tre comunità che ha creato:
vive a Plum Village, vicino a Bordeaux, facendo la spola con la California
(Deer Park Monastery) e il Vermont (Green Mountain Dharma Center); insegna,
fa giardinaggio, scrive saggi e poesie (un centinaio di titoli pubblicati,
tradotti in tutte le lingue, cinese compreso), promuove iniziative "dal
basso" in Vietnam.


Presenza mentale e "interessere"
Cardine del suo insegnamento è la "presenza mentale": cioè il continuo
impegno a non lasciar fuggire la mente indietro, nel rimpianto o nella
recriminazione per ciò che è stato, né in avanti, nell'ansia e nell'attesa
per ciò che deve ancora arrivare, per restare immersi nell'esperienza piena
del presente. Thay spiega che l'esercizio della presenza mentale, che
inizia con l'attenzione puntuale al proprio respiro, riguarda ogni atto,
anche il più umile della vita quotidiana. E' forse l'unico religioso al
mondo che predichi attorno al lavaggio dei piatti: «Lavare i piatti è come
lavare il Buddha bambino», scrive; «il profano è sacro, la mente quotidiana
è la mente del Buddha». E' in nome della presenza mentale che un pasto in
un sangha, una delle sue comunità, è un'esperienza inedita: perfetto
silenzio, cibo (rigorosamente vegetariano) masticato a lungo per
apprezzarne il valore e l'essenza, il suono argentino di una campanella a
strappare dalla distrazione e riportare a se stessi e al "momento presente"
i commensali.

Altra idea portante è "l'interessere", che dà il nome all'ordine monastico
da lui fondato: inter - essere degli umani con animali, piante e ogni
aspetto della natura, e di ogni essere umano con tutti gli altri. Di qui,
sulla falsariga dei "Cinque meravigliosi precetti" del Buddha, il valore
della compassione e della riconciliazione, la condanna dell'ingiustizia
sociale, dello sfruttamento, dell'oppressione, del consumo non consapevole,
della violenza in tutte le sue forme. E l'impegno a "prendere rifugio
presso di sé".


Incontro
col premier
Thich Nath Hanh, animatore negli ultimi anni di ritiri speciali per reduci
americani della guerra del Vietnam e, nel 2001, per un gruppo di praticanti
israeliani e palestinesi, ha potuto nelle scorse settimane tornare a
proporre questi antichi e nobili insegnamenti, nella forma semplice e
sorprendente da lui creata per adattattarli alla realtà di oggi, alle donne
e agli uomini del suo paese. «Non si combatte per la pace. L'unico modo per
ottenere la pace è essere prima di tutto noi stessi in pace. Il movimento
per la pace degli anni Sessanta non ha avuto molto successo perché le
persone che lo animavano non erano davvero in pace», ha ammonito da Hanoi.
Un insegnamento radicale, cui il maestro tiene in maniera particolare.
«Osservando in profondità», si legge nei suoi scritti, «ci accorgiamo che
le radici della guerra sono presenti nel nostro stile di vita privo di
consapevolezza. Se noi non siamo pace, non possiamo fare niente per la pace».

Ed effettivamente quello nel suo paese è stato un viaggio che sembra aver
avviato una profonda riconciliazione. In uno storico incontro tra l'anziano
monaco in esilio e il primo ministro Phan Van Khai, il politico ha espresso
la speranza che la comunità buddista continui a rappresentare un elemento
di armonia fra l'insegnamento buddista e la cultura nazionale, mentre Thich
Nath Hanh si è augurato che lo Stato favorisca i valori dell'insegnamento
buddista per la costruzione di una nuova cultura. Non poco, se si pensa che
molti dirigenti della Chiesa buddista unita cui Thay appartiene sono
tuttora agli arresti domiciliari per aver «minacciato l'unità politica del
paese».


Alla Scuola
di partito
Il carisma del religioso sembra aver spazzato via, durante tre mesi
fittissimi di spostamenti e conferenze, gran parte dei sospetti e delle
resistenze. Anche se, raccontano i monaci a lui più vicini, all'inizio
della visita i funzionari hanno detto apertamente di non poter concedere
luoghi di riunione ampi per la difficoltà di controllarli («Se qualcuno
parla male del governo, come possiamo arrestarlo davanti a una folla?»,
pare sia stata la motivazione esplicita), i seminari (organizzati dopo
l'orario di lavoro, «dalle 5 alle 9 di sera, perché in Vietnam si va a
letto presto») si sono via via affollati.

Alla fine la conferenza più importante si è svolta nella grande Scuola di
partito, con la partecipazione di molti funzionari, anche di primo piano,
entusiasti «al punto da coinvolgere le mogli». «Un docente universitario ha
chiesto: sono marxista, sono un membro attivo del Partito comunista; posso
seguire la tua pratica? E Thay gli ha risposto: se segui gli insegnamenti,
amerai di più il tuo partito» racconta Phap Y, il monaco di origine
italiana (con un remoto passato nel Pci) responsabile della comunicazione
internazionale della comunità. «Thay è stato festeggiato come un grande
patriarca del paese. Ha distrutto i pregiudizi nei suoi confronti, ha fatto
capire che il buddhismo non è contro il comunismo, ma può servire a essere
migliori comunisti. Io credo», dice ancora Phap Y a "Liberazione", «che
abbia sparso i semi di una vera e propria rivoluzione culturale».


Il contatto
dei piedi con la terra
Ora Thay è stanco. Rinuncia persino a guidare la "meditazione camminata"
degli ottocento (uomini e donne, tanti di mezza età, tanti giovani, molte
famiglie con bambini, in prima fila e pieni di domande durante le lezioni
collettive del mattino) che sono venuti da tutta Italia per cinque giorni
di ritiro spirituale a Castelfusano, alle porte di Roma.


Resta nella sua stanza, impegnato con una serie di "calligrafie". Larghe
pennellate nere tracciano in lingua italiana alcune delle frasi più amate e
significative dell'insegnamento ("Respira, sei vivo", "La pace è ogni
passo"): saranno offerte agli allievi in cambio di sottoscrizioni per i
bambini vietnamiti.

Domani (oggi per chi legge) è una data importante: Thich Nath Hanh guiderà
"Passi di pace su questa terra", una camminata consapevole per la prima
volta proposta fuori dallo spazio protetto di un monastero o di un luogo di
ritiro. Appuntamento alle ore 15 all'Arco di Costantino, accanto al
Colosseo, per raggiungere il Campidoglio, dove Thay incontrerà il sindaco
Veltroni. Chiunque può partecipare. Basta aver voglia di camminare
lentamente e in silenzio, ascoltando l'inspirazione e l'espirazione,
sentendo il contatto dei piedi con la terra e come la terra sostiene per
"nutrire la pace e la stabilità". Più tardi, alle 20, Thich Nath Hanh terrà
una conferenza pubblica alla sala Santa Cecilia dell'Auditorium della
musica. Titolo: "Non c'è una via per la pace, la pace è la via".
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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Vogliamo aiutare le vittime della violenza delle forze dell'ordine a Genova
(luglio 2001).
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