(L) Articolo Cassero

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Autore: SM
Data:  
Vecchi argomenti: (L) REPORT CASSERO
Oggetto: (L) Articolo Cassero
>10 aprile > articolo di circa 6/7.000 battute da
>pubblicare sul loro house organ (SM?) con report
>del programma anche provvisorio e con qualche
>immagine (metterei uno screen del sito di
>copydown/left e i loghi delle realtà che
>partecipano).



Cavissimi,
ecco l'articolo (fatemi sapere, e' un po'
spiegazionista ma mi pareva il caso: serve ad
incuriosire gli avventori del Cassero), a cui
aggiungerei un riquadro con:

Chi siamo: ANOMOLO - CETOMEDIO - copyDOWN - EBRIA - GARADINERVI - HACKERALBUM
LAVERNA.NET - OGREDUNG - RADIOGLADIO - S8RADIO - SCARPH REC.
TANAKE - VIRUS4

E un altro col programma dei concerti, che non ho.


Left
Bologna 7/8 Maggio

Nel 2005 ci sono molte buone ragioni per
scegliere di operare senza copyright o, come
avviene più spesso, utilizzando un regime di
protezione più libero e flessibile. Da un lato si
è capito che la creazione, l'arte, non è un gesto
singolo e scollegato dal resto del mondo; anzi, è
vero esattamente il contrario: si copia, ci si
ispira, si aderisce ad uno stile. E ci si è resi
conto che l'eccessiva protezione può
effettivamente tarpare le ali a interi fenomeni
musicali, com'è stato per la sampling music. Ma
dall'altro ci si sta rapidamente accorgendo che
il copyright tradizionale, nato per proteggere le
opere dell'ingegno, a volte ne impedisce la
diffusione. Un eccellente esempio di sospensione
del © da parte dell'industria è l'invio di CD
promo alle radio nella speranza che li
trasmettano. Perfino se poi c'è scritto sopra "E'
vietata la radiodiffuzione non autorizzata",
nessuna casa discografica accuserebbe una radio
di aver trasmesso una canzone (e nemmeno di
averci appiccicato in coda uno spot, sfruttandone
l'effetto traino): si sospende il © in cambio di
promozione.

E' una questione complessa e spinosa, nella quale
spesso ci si trova a impersonare ruoli
contraddittori: i discografici si ergono a difesa
dei diritti degli artisti (sarebbe il primo caso
in assoluto; di solito li spolpano) che da parte
loro, invece di gioire del fatto che la loro
musica circola in numeri inauditi (com'è stato
per Napster), si mettono a denunciare i loro
fans, a firmare appelli contro la pirateria (che
non c'entra niente col P2P), a fare i
Supercreativi della loro Macarena copiata. In
questa gazzarra a volte indegna, ma spesso solo
patetica, la buona notizia arriva - come spesso
accade - dal basso. Anche la musica è cambiata:
oggi con la musica elettronica non esiste più
l'ascoltatore passivo. Chi l'ascolta la fà anche,
la maneggia, la rimonta, la suona come dj, la
riproduce, la clona, ne produce di propria.
Questo fenomeno, nato con l'estetica punk (e
prima ancora col mito della chitarra negli anni
'60), oggi è la norma: in rete ci sono milioni di
ore di musica elettronica che aspettano solo di
essere ascoltate, i cui autori desiderano
ardentemente che questo accada. E non solo;
vogliono che circoli, che sia condivisa,
scaricata e diffusa: dopotutto sono musicisti,
non dovrebbero desiderare esattamente questo?

Quindi c'è una generazione per cui il copyright è
la Siae che gli impedisce di mettere la propria
musica online (se si è iscritto), che gli chiede
il bollino per un demo da regalare alla zia. E'
la ragione per cui non può usare quel
campionamento dei Beatles, che se poi lo beccano
lo spellano vivo, o mettere sul sito la sua cover
di "Scalinatella". E' una cosa odiosa, insomma,
che non ha alcun vantaggio: non rende (agli
esordienti), costa, imbriglia, impedisce,
depotenzia.

Questa situazione così moderna si innesta su una
realtà, quella del no © come posizione politica,
che in Italia esiste da almeno trent'anni. La
libera diffusione dei saperi è sempre stato uno
degli slogan dei movimenti, e la generazione
cresciuta col web si è subito connessa con queste
realtà. Lo straordinario fermento che c'è intorno
ad autistici/inventati (ambedue .org) parla
chiaro, e la questione del Free Software e del
mondo Open Source (versioni tecnologiche del no ©
o meno ©) è un ulteriore elemento di un paesaggio
che si fa di mese in mese più affollato, una
sorta di realtà separata che, abbandonato
qualsiasi contatto con l'industria discografica
multinazionale, impantanata in un secolo che
ormai non è nemmeno più quello scorso, veleggia
verso l'ignoto con balda incoscienza.

E' interessante notare come uno dei segni della
modernità sia che quello che oggi è coraggioso,
illecito e buccaniero, già domani diventa un
modello di business per la grande industria. Due
esempi: Napster, che è la visione su cui si
basano i vari shop musicali legali sul web, e il
Warwalking, la pratica di andare su internet a
sbafo utilizzando dalla strada le reti wireless
non protette, che è il modello di connessione
(sempre, ovunque e a manetta) che tra qualche
anno sarà fornito a pagamento.

Dall'incontro di queste realtà, quella musicale,
quella politica e quella tecnologica, nasce il
coordinamento Left. Un gruppo di singoli,
collettivi, associazioni culturali, piccole
realtà imprenditoriali che producono e diffondono
musica e prodotti musicali, accomunati dal
desiderio di cambiare alcune dell regole che
governano la proprietà intellettuale e i suoi
sfruttamenti. In particolare cerchiamo di creare
dei meccanismi che, pur tutelando i diritti
morali degli autori, consentano la libera
diffusione, l'uso parziale (il campionamento, il
remix e la citazione letterale), la compilazione
e in generale la diffusione virale del loro
lavoro. La questione non è semplice: l'attuale
legge sul diritto d'autore e il regolamento della
Siae (che è e resta l'unica agenzia di collecting
nazionale e internazionale riconosciuta per
l'Italia) si sono rivelati a malapena adeguati
alla diffusione dei dischi, figurarsi all'arrivo
delle reti digitali. Quindi c'è un intero
settore, quello della microeditoria musicale,
sempre più fiorente grazie alla diffusione delle
tecnologie di produzione e distribuzione (il PC e
le linee ADSL), che si trova ad operare in un
contesto completamente inadeguato, e spesso
pensato per le grandi corporazioni.

Non sono soltanto gli autori e i produttori a
rimetterci da questa situazione. Anzi, la prima
vittima è proprio il pubblico che vede ogni
giorno erodersi i propri diritti (costosi, nel
caso della musica), come nel caso del Copy
Protect sui CD che ci ha privato in un colpo solo
della copia privata e di quella ad uso didattico,
diritti sanciti dalla legge ma attualmente
sospesi. Inoltre, essendo le Major un cartello
con oltre l'85% del mercato, l'offerta di chi
attua politiche diverse è sommersa dal
martellamento dei prodotti mainstream e dei media
compiacenti.

Left è il primo meeting per trovarsi, contarsi e
capire come ognuno opera nel proprio contesto.
Ecco perché nella prima giornata si
avvicenderanno le varie realtà organizzatrici e
ospiti a raccontare il proprio percorso e le
proprie metodologie. Nel secondo giorno invece ci
sarà un dibattito proprio sulle varie modalità,
per individuare quele più efficaci: uno dei
problemi è proprio l'applicabilità di certi modus
operandi: è la ragione per cui le licenze
Creative Commons, assai pubblicizzate e
funzionali con la legislazione vigente negli USA,
stentano a decollare in Europa. Inoltre si
discuterà di quali iniziative intraprendere per
sbloccare la situazione e pubblicizzare le nostre
modalità. Sarà anche un'occasione di scambio: di
esperienze, di testi, di musica, di pacche sulle
spalle e di cartine. E la sera, naturalmente,
musica dal vivo.