[movimenti.bicocca] ELEZIONI REGIONALI IN LOMBARDIA: assembl…

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Author: associazione culturale punto rosso
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Subject: [movimenti.bicocca] ELEZIONI REGIONALI IN LOMBARDIA: assemblea-dibattito dell'ALTRA LOMBARDIA con MARIO AGOSTINELLI
Politica, Associazionismo, Movimenti. La via della partecipazione



L’ALTRA LOMBARDIA



Contributo al programma e costruzione della rappresentanza per le
elezioni regionali del 2005



Assemblea e dibattito Pubblico

Mercoledì 1 dicembre – ore 20.30

Camera del lavoro di Milano - Corso di Porta Vittoria 43



Introduce

Mario Agostinelli (Forum Mondiale delle Alternative)



partecipano : Alberto Asor Rosa (Università di Roma), Maura Cossutta
(deputata Pdci), Paolo Ferrero (Segreteria Prc), Alberto Magnaghi
(Università di Firenze), Gianni Mattioli (Università di Roma), Achille
Occhetto (senatore), Giampaolo Patta (Segr. Naz. Cgil), Gianni Rinaldini
(Segr. Fiom), Cesare Salvi (senatore Ds), Sabina Siniscalchi (Fondazione
Culturale Banca Etica), Aldo Tortorella (Ars), Pacho Pardi (Univ. di
Firenze) e altri interventi della società civile lombarda.



Sono stati invitati rappresentanti e candidati della Gad Lombarda, dei
sindacati, delle associazioni.



Promuovono gli oltre 200 firmatari del documento “Spunti programmatici
per un’alternativa al centrodestra in Lombardia”





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Spunti programmatici per una alternativa al centrodestra in Lombardia



Premessa



Si è venuta manifestando in questi ultimi anni una comune volontà tra
movimenti, associazioni, forze politiche di opposizione, nella lotta
contro la guerra, per la difesa della democrazia e per l’allargamento
della partecipazione, per una nuova centralità del lavoro, per una
politica antiliberista che proponga all’Italia e all’Europa uno sviluppo
coerente con l’estensione dei diritti ed il rispetto dell’ambiente e,
dunque, capace di cambiare una crescita cieca e rovinosa.

Si afferma di conseguenza il bisogno non solo della lotta contro un
privatismo assoluto ed indiscriminato, ma per una rivalorizzazione e
riqualificazione del pubblico. Acqua e energia, scuola ed università,
sanità e previdenza, conoscenze e culture, sono beni comuni che non
possono essere abbandonati alle leggi di mercato, ma debbono essere
qualificati come patrimoni e diritti da condividere.

In questo contesto l’immigrazione è stata colta come un’occasione
straordinaria di arricchimento civile e culturale, la prova decisiva di
quanto lavoro e cittadinanza possano procedere insieme per dare un volto
di giustizia ad una globalizzazione feroce.

Tutto questo in Lombardia è stato ed è duramente contrastato dalle forze
che governano da due legislature. Le lotte del mondo del lavoro, la
vitalità dei movimenti nella società, la penetrazione di progetti
alternativi, le innovazioni di molte amministrazione locali, sono
attaccate e offuscate da una cultura e da una iniziativa politica che ha
anticipato qui le peggiori lineee del Governo Berlusconi ed ha ceduto il
campo ai sentimenti xenofobi e razzisti che la Lega ha sparso a piene
mani.

La Lombardia si ritrova oggi con una società poco coesa, una economia
indebolita, un sistema pubblico destrutturato, un orientamento di
governo che costringe le risorse della popolazione e la ricchezza del
territorio in un disegno regressivo e conservatore di autoisolamento,
fuori da progetti di respiro europeo o anche solo nazionale.

Ora che per scrollarsi di dosso i marchi politici in disgrazia a livello
nazionale, la destra si sta inventando una “lista del Governatore”, non
basta che l’opposizione che vuole andare al governo adotti le sue scelte
e i suoi progetti nel chiuso degli apparati. Noi elettori impegnati
nella società lombarda a sostegno e promozione di progetti civili e di
diritti sociali che la Giunta di destra ha insistentemente attaccato e
messo in discussione in questi anni, guardiamo preoccupati a come
l’opposizione tutta si prepara alla scadenza elettorale regionale della
prossima primavera: voci di candidati possibili, ma ancora insufficiente
attenzione al programma in costruzione e alla mobilitazione sociale
chiamata a sostenere la prossima campagna elettorale.

Già per le elezioni del 2005 occorre essere in grado dalla nostra
regione di lanciare un messaggio alternativo e di fare campagna su
questioni concrete, per ricomporre Nord e Sud, qualità dell’economia e
modelli di vita solidale, diritti e partecipazione democratica, lavoro e
natura.

Noi ci rivolgiamo all’intera coalizione che si opporrà alla destra,
anche a quella parte di essa che ancora non cogliesse la drammaticità e
la velocità dei processi in corso e stentasse ad aggiornare la propria
analisi.

Senza sufficiente ascolto della società, senza ripensamento e verifica
della rappresentanza e senza progetto politico, anche le lotte più
generali, che in Lombardia ricevono sostegno da un sindacato e da una
articolazione di movimenti e associazioni molto vivi, vengono relegate
in una dimensione difensiva, mentre si inaridisce la democrazia, che
viene scossa dall’offensiva restauratrice e azzittita dal fragore delle
armi.

Eppure, mai come in questa fase le classi dominanti sono apparse
incapaci di una proposta attrattiva per la nuova generazione, di un
orizzonte inclusivo per tutti i popoli del pianeta, di una risposta per
la sopravvivenza della specie umana.

Si tratta di una crisi rilevante, a cui sembrano rispondere con lucidità
i movimenti che hanno assunto la lotta per la pace come una forma
costituente della politica e che hanno articolato proposte alternative
sempre più incisive sulle questioni di lungo periodo, ma che non sono in
grado di reggere senza la politica il peso di uno scontro sui poteri in
un passaggio epocale in cui enorme è la posta in gioco.

Per questo sentiamo il bisogno di un nuovo modo di far politica, di un
circuito produttivo tra sinistra e movimenti, tra programma
partecipazione e rappresentanza, di una aggregazione che vada oltre la
pratica dei poteri e che circoscriva con chiarezza gli obiettivi per cui
mobilitare e mobilitarsi.

Ci sentiamo parte, nello specifico della Lombardia,  di un processo
nazionale di ricomposizione a sinistra e di riequilibrio dell’alleanza
che si profila per battere Berlusconi.    


Infatti la crisi è globale e locale, come globale e locale deve essere
la risposta da articolare e da mettere in campo, proiettando sul
territorio una visione organica di comprensione dei processi sempre più
veloci, sempre più insensati, sempre più autoritari che governano una
società ridotta al silenzio o, al massimo, a fare da spettatrice, mentre
ricompare attualissimo il conflitto tra capitale e lavoro e guerra e
terrorismo si inseguono in una spirale perversa che vorrebbe dettare le
regole delle relazioni tra popoli e culture.

Così ci è parso utile indicare da Milano e dalla Lombardia sette
percorsi di ricerca, di proposta e di lotta, attorno a cui, da una parte
articolare spunti programmatici e, dall’altra favorire un processo
politico aggregativo. Percorsi tuttaltro che già definiti, da radicare
nei movimenti, da insediare nel mondo del lavoro, da alimentare
continuamente con innovazione culturale, da aprire a tutti i democratici
in cerca di convergenze durature e di una strategia di lungo respiro.



Sette spunti politico-programmatici per la Lombardia



1. Siamo di fronte all’inquietante novità della guerra preventiva cui si
risponde efficacemente solo con una lotta per la pace che diventa il
discrimine dei comportamenti politici. Il nodo irrisolto di un durissimo
confronto tra una concezione unipolare della civiltà e della sicurezza e
una prospettiva di riunificazione del mondo sta, sul territorio, in un
modello di consumo meno distruttivo e in una apertura agli immigrati
nella condivisione delle risorse materiali e immateriali a disposizione.
Si tratta di nodi di fondo per respingere la militarizzazione della
politica e della stessa globalizzazione economica, modificando, nel
profondo, le pulsioni che hanno attraversato in questi anni la
Lombardia, i suoi comportamenti civici, le decisioni delle sue
istituzioni e riflettendo sul diffondersi di una economia di guerra pur
nella crisi del suo apparato produttivo.

Va affermata una idea delle autonomie locali aperta al mondo e solidale
ed occorre ripensare al collegamento dello stile di vita e dei
comportamenti allo sviluppo di economie solidali, all’accoglienza degli
immigrati, alla crescita della multiculturalità, alla smilitarizzazione
degli interventi per la sicurezza dei cittadini.



2. La Lombardia è stata a lungo la Regione di maggior sviluppo
economico, caratterizzata da un modello industriale ad alta stabilità
occupazionale e da un sistema di welfare rafforzato anche a livello
locale. Oggi è la regione più colpita dalla crisi della redistribuzione
della ricchezza creata da uno sviluppo che manifesta le sue
ineliminabili contraddizioni. Il governo di centro destra ha attaccato
lo stato sociale e svalorizzato la funzione del pubblico proprio quando
ha lasciato a se stesso un modello di sviluppo che si è
irrimediabilmente inceppato. La Lombardia è ancorata ad un uso esclusivo
e sconsiderato delle fonti energetiche fossili che porta alla
distruzione del territorio, a effetti climatici preoccupanti, alla
congestione insostenibile del traffico. E’ questo modello si sviluppo,
oggi divoratore del territorio anche nel passaggio dalle grandi
industrie alla produzione diffusa, che va ridisegnato e il cui mutamento
è la premessa di una vivibilità, di un rapporto con l’ambiente, di un
rinnovamento del welfare necessario per il benessere dei cittadini.

Il piano energetico della Lombardia adottato dalla Giunta attuale
prevede addirittura una infrazione del protocollo di Kyoto.
L’alternativa sta nel ridisegnare produzione, consumi, mobilità e
qualità sociale in un contesto di transizione ad un nuovo paradigma
energetico, con risparmio di risorse, efficienza energetica dei
processi, passaggio alle fonti rinnovabili, costruzione credibile del
contesto per una “’economia dell’idrogeno”.

Un enorme sforzo che va dalle normative sulle emissioni e sul traffico
allo sviluppo della ricerca, alle politiche industriali, alle scelte di
programmazione del territorio, al rafforzamento dell’intervento pubblico
nelle municipalizzate, alla cooperazione verso i paesi ricchi di fonti
rinnovabili, ma privi di tecnologie, nella prospettiva di un riflesso
globale dell’azione di risanamento locale.



3. Il lavoro e la cultura del lavoro hanno permeato Milano e la
Lombardia. Ma oggi siamo di fronte alla più grande trasformazione del
mondo del lavoro nel dopoguerra ed essa avviene nel silenzio della
società e nella solitudine in cui questa lascia i lavoratori, nonostante
le mobilitazioni del sindacato.

Mentre diminuiscono importanza e peso dei lavoratori nella vita e negli
affari dello Stato e cresce la capacità dell’impresa globale di far
valere i propri interessi, vengono smantellati il modello sociale e di
relazioni sindacali, la forma attiva di inclusione attraverso i diritti
del lavoro, che avevano caratterizzato la crescita industriale della
Lombardia e le prime ondate di immigrazione dal sud.

La precarizzazione non il diritto è la nuova cifra del lavoro, lasciato
al corso libero della contrattazione economica e ridotto a esperienza
prevalentemente individuale. Anche nel lessico degli amministratori la
parola anziano sostituisce ormai abitualmente quella di pensionato:
l’una evocativa di ceto debole da assistere, l’altra di diritti
provenienti dal lavoro ormai disattesi.

Un programma che prescinda dal lavoro non connette la sua realizzabilità
a forze reali. Occorre pensare ad una politica industriale e ad
interventi formativi mirati a qualificare le prestazioni e a ridurre la
flessibilità, mentre tutte le amministrazioni pubbliche, da subito, non
dovrebbero ricorrere al lavoro precario in imitazione della legge 30 che
va abrogata. In Lombardia deve trovare sostegno la richiesta di
democrazia sindacale che trova nella legge sulla rappresentanza e nel
referendum sui contratti due punti immediati di realizzazione.

In questo contesto la questione salariale, i redditi da lavoro, la
difesa delle pensioni, la politica fiscale e il ripristino pieno della
progressività dell’imposta sul reddito trovano piena collocazione.



4. Occorre riflettere sul carattere riduttivo, elitario e oligarchico,
della democrazia anche a partire dalla Lombardia, non solo perché qui
sono nate e maturate le esperienze involutive di Craxi e Berlusconi, ma
perché oggi la vita politica e la partecipazione hanno raggiunto livelli
preoccupanti di estraniazione dalle istituzioni, con lo svuotamento dei
consigli comunali e del consiglio regionale e con la riduzione dei
cittadini a puri spettatori di vicende consumate nella cerchia di un
ceto professionale che si occupa della cosa pubblica avendo smarrito il
senso dell’interesse generale.

Oggi la distinzione di fondo da percepire, per rivalutare il ruolo della
politica e della partecipazione, è il capovolgimento della direzione
“alto-basso”, che informa tutti i processi decisionali anche pubblici e
a cui anche la sinistra si è di frequente rassegnata.

Bilanci partecipativi, decentramento e autonomia dei comuni, pluralismo
effettivo e scelte etiche, devono far parte di programmi visibilmente
verificabili. Nella costruzione di un rapporto nuovo e continuamente
attivo tra rappresentanti e rappresentati e nella individuazione di
canali stabili e autonomi di collegamento tra movimenti e istituzioni,
attivi già all’atto di definizioni di programmi e liste, sta il cuore di
un cambio di marcia, in Lombardia ancor più necessario che altrove.

Lo stesso principio di laicità dello Stato non appartiene al pluralismo
delle scelte: né è la condizione prima, ma questo valore è stato in
Lombardia ampliamente intaccato senza adeguata opposizione.



5. Da almeno tre anni le economie occidentali sono entrate in
stagnazione. In tutto l’Occidente le condizioni dei lavoratori e di
buona parte del ceto medio sono peggiorate. Il liberismo che guida la
globalizzazione non solo non risolve la crisi congiunturale, ma agisce
sulle disuguaglianze con profondità tale da sconvolgere la condizione
materiali di masse ingenti. L’effetto della destinazione al mercato e
alla concorrenza di settori decisivi nella vita sociale è destinato ad
acuire le condizioni di iniquità. Questo processo ha avuto nella giunta
Formigoni in Lombardia uno dei più lucidi e efficaci anticipatori. La
“libertà di scelta”, il familismo e la concorrenza del privato con il
pubblico sono stati i grimaldelli ideologici che hanno aperto il varco
alle più devastanti trasformazioni del welfare lombardo mai attuate. La
destrutturazione della sanità e dell’assistenza innanzitutto, ma anche
la privatizzazione strisciante di tutti i settori della scuola e la
deriva affaristica riscontrata nella formazione, sono sotto gli occhi di
tutti.

Occorre una ripresa della iniziativa, articolata a livello locale su un
progetto di lunga lena, determinato nel rilancio del carattere pubblico
e nella lotta alle privatizzazioni dei settori dei beni pubblici, da
opporsi anche culturalmente all’azione intrapresa dalla destra da oltre
un decennio e in grado di riorganizzare e dare peso alla domanda sociale
e alla conseguente risposta dell’investimento pubblico. In questo
contesto trova spazio la straordinaria vitalità del Terzo Settore,
inteso come elemento integrativo e non sostitutivo dell’intervento
pubblico.

Bisogna non solo parlare di sanità, ma del legame nuovo tra welfare e
beni comuni, tra welfare e qualità dell’occupazione, tra welfare e
ambiente in uno sviluppo non distruttivo.

Soprattutto dove la ricchezza prodotta, come nella nostra Regione,si
mantiene elevata, la crescita degli interessi privatistici e speculativi
punta ad estendere anche ai beni comuni il concetto di propietà e di
commercio.

E’ su questa frontiera, come dimostra la direttiva europea “Bolkenstein”
contro cui il movimento si attrezza a combattere, che si sposta
l'invasività del capitale e con l'espropriazione dei mezzi di produzione
si realizza anche una colonizzazione delle esistenze ed una
monetizzazione di ogni atto vitale, in base ad una cultura che ha
trovato nella attuale Giunta Regionale fertile terreno.

La storia di solidarietà e mutualismo della Lombardia è una storia che
non riguarda solo il lavoro, ma la messa in comune a patrimonio di beni
naturali (come l'acqua o l'energia o l'etere), di risorse delle comunità
locali (la professionalità,la conoscenza, la formazione), di tradizioni
culturali (le istituzioni scientifiche e culturali, le fondazione
pubbliche ecc).

La battaglia per il mantenimento pubblico dei beni comuni è fondamento
irrinunciabile della democrazia sociale, mentre la spesa pubblica va
posta al centro di una strategia di sviluppo, coesione sociale e
redistribuzione del reddito che allarghi la sfera dei diritti sociali e
naturali.



6. La Lombardia ha accolto sul proprio territorio l'espansione della
prima rivoluzione industriale e ha successivamente rinnovato il tessuto
produttivo dando vita a modelli di rilievo nazionale ed europeo (il
Triangolo Industriale, le PP.SS, i distretti produttivi). La ricerca, la
formazione, i saperi operai, hanno rappresentato nell'arco di oltre un
secolo la ricaduta e il patrimonio di un aggiornamento produttivo
costante. Oggi immense aree dismesse caratterizzano le periferie urbane
e la deindustrializzazione apre voragini che nessuna attività
consistente è in grado di riempire.

E’ venuta meno la desiderabilità sociale di uno sviluppo che aveva
tenuto nel dopoguerra fino agli anni ’80 e che oggi manifesta tutta la
sua insostenibilità. E’ venuta meno anche una classe imprenditoriale
che, pur nel conflitto e nella autonomia del ruolo, rendeva possibile la
prospettiva di un patto sociale anche nella produzione e che oggi
sarebbe soggetto indispensabile per una politica industriale di
riconversione democraticamente definita. In fondo, l’altra faccia della
centralità del lavoro è la responsabilità sociale dell’impresa e quando
la prima è rimossa la seconda viene meno.

Tanto è vero che la finanziarizzazione dell'economia in Lombardia passa
da un utilizzo speculativo delle aree dismesse e dalla rinuncia ad
investimenti qualificati nei settori strategici nella nuova divisione
internazionale del lavoro, che sono, almeno in Europa, collegati sempre
più ad uno sviluppo socialmente e ambientalmente più desiderabile.

“Reindustrializzare”, è parola e concetto “eversivo” in un quadro che
trascura completamente il fine sociale dell'attività economica e
produttiva e non si pone il problema della sua compatibilità con la
conservazione dell'ambiente e dei beni naturali e con la fruibilità
effettiva di diritti oggi resi indisponibili.

C’è oggi l'occasione in Lombardia di affrontare la crisi dell’auto e la
riqualificazione dell’occupazione con una politica industriale
innovativa orientata alla mobilita’ come prodotto sostenibile e
socialmente desiderabile.



7. Il processo di costruzione democratica dell'Europa rappresenta una
delle fondamentali opportunità per la comunità internazionale. E’ in
questo contesto e non in quello del federalismo previsto dalle modifiche
in corso alla Costituzione che riprende vigore il riferimento a Regioni
e a Comuni, in una prospettiva cioè di Europa Federale, unita, autonoma,
solidale.

Un'Europa dal basso che riconosce i diritti sociali e che rappresenti il
lavoro nella sua irriducibilità al primato che l'impresa e il mercato
assumono nella globalizzazione liberista e che, quindi, si opponga alla
deriva della costruzione di società chiuse, socialmente omogenee, in
scontro culturale tra loro e con visioni del mondo inconciliabili.
Società in conflitto permanente tra loro, addirittura in
contrapposizione preventiva, ma ricompattate al proprio interno intorno
al primato del mercato e dell'impresa.

Non è il mercato che regala diritti, ma è l'assunzione di questi che
pone limiti al rapporto economico e all'asimmetria tra capitale e
lavoro.

In questa fase costituente dell'Europa occorre che la battaglia per la
democrazia sociale affondi le sue radici ad ogni livello, nella
struttura di ogni istituzione, a partire dai programmi concreti che si
danno le autonomie locali e le Regioni e nella rivendicazione di un
progetto che superi la costituzionalizzazione dell'Europa liberista di
Amsterdam e di Maastricht. Anche la Costituzione Europea, come quella
italiana, non può essere risucchiata nel pantano delle cose qualunque,
negoziabili sulla base dei rapporti di forza. Pensare l’Europa è compito
urgente della politica militante ad ogni livello ed è in questa
prospettiva che ogni assemblea dovrà pronunciarsi e operare per una sua
costituzionalizzazione nel vivo dei processi e a sviluppo di un modello
sociale oggi largamente disatteso. Questo punto programmatico si permea
di tutti quelli precedenti e intravvede nell’arretratezza del processo
costituente in corso in Europa e nella pericolosità della revisione
costituzionale in corso nel nostro Paese lo snodo su cui impegnare da
subito le migliori aspettative e spendere la più decisa mobilitazione.



Il percorso proposto

Abbiamo qui illustrato volutamente solo punti indicativi e non esaustivi
di una svolta programmatica necessaria in Lombardia.

Noi che operiamo nei movimenti e nelle organizzazioni della società
civile, nel mondo del lavoro e della cultura e che sottoscriviamo in
forma personale questa proposta, chiediamo alla coalizione in formazione
di non ridurre il coinvolgimento ad un mero allargamento al ceto
politico, ma di aprire un grande dibattito su tutto il territorio
lombardo fra le forze politiche, fra le forze sociali, le associazioni
ed i movimenti per arrivare ad un programma, il più possibile condiviso
e comune, da sostenere attivamente e da onorare anche dopo le elezioni
con un impegno da cittadini e non da semplici spettatori. Un percorso
partecipato, a partire da una assemblea che organizzeremo entro
Novembre, per stimolare le energie più vive della società della nostra
regione e attrarre l’attenzione delle personalità più attente e
responsabili.

Così facendo cerchiamo anche di lavorare sulla massa critica che precede
e determina la nascita di un modo nuovo di far politica a sinistra.





Primi firmatari:



Mario Agostinelli (Forum Mondiale delle Alternative)

Franco Algeri (Sindaco Pieve Emanuele)

Marco Bersani (Attac)

Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo)

Roberto Brambilla (Rete di Lilliput – Gdl Impronta Ecologica)

Ivana Brunato (Camera del Lavoro di Varese)

Maria Grazia Campari (Associazione Giuriste Democratiche)

Gioacchino Carli (Auser)

Bruno Cartosio (Università di Bergamo)

Lidia Cirillo (Marcia Mondiale delle Donne)

Rocco Cordì (Coop Lombardia)

Francesca Corso (Assessore Provincia di Milano)

José Luiz Del Roio (Consiglio Internazionale FSM)

Franco De Alessandri (Fillea-Cgil)

Irma Dioli (Assessore Provincia di Milano)

Giorgio Ferraresi (Rete Nuovo Municipio)

Angelo Ferrante (Ars)

Graziano Fortunato (Consiglio direttivo Arci-Milano)

Graziella Galli (Segr. Fiom Lombardia)

Dino Greco (Segr. Gen. Camera del Lavoro di Brescia)

Teresa Isenburg (Università di Milano)

Massimiliano Lepratti (Manitese Milano)

Giorgio Lunghini (Università di Pavia)

Raffaele Mantegazza (Università Bicocca di Milano)

Lorenzo Mazzi (Radio Onda d’Urto Milano)

Carlo Mazzucchelli e Massimo Tafi (Girotondi &Movimenti della
Lombardia)

Lea Melandri (Scrittrice)

Alberto Minazzi (Legambiente)

Emilio Molinari (Contratto Mondiale dell’Acqua)

Nicola Nicolosi (Cgil Lombardia)

Rosa Pavanelli (Funzione Pubblica CGIL Lombardia)

Adriano Pincherle (economista finanziario)

Giuseppe Piscopo (Avvocato)

Volfango Pirelli (Segr, Gen. Sindacato della conoscenza Cgil – Scuola e
Ricerca)

Giovanna Procacci (Università di Milano)

Giorgio Riolo (Ass. Cult. Punto Rosso)

Massimo Roccella (Giurista del lavoro)

Anna Rollier (Università di Milano)

Sabina Siniscalchi (Fondazione Culturale di Banca Etica)

Fabio Silva (Coop Nazca – Commercio equo e solidale)

José Luis Tagliaferro (Cespi)

Giuseppe Vanacore (Segr. Cgil Lombardia)

Silvia Vegetti Finzi (Università di Pavia)

Livio Villa (Fiom Ticino-Olona)

Maurizio Zipponi (Fiom Milano)





Per adesioni e informazioni:

UFFICIO STAMPA

Roberto Mapelli

Via Morigi 8 – 20123 Milano

Tel. 02/875045 – 339/4946329

<mailto:fma@puntorosso.it> fma@??? – mapelli@???





Elenco completo delle firme al 30 novembre 2004:



Mario Agostinelli (Forum Mondiale delle Alternative)

Giovanni Acquati (Mag2 Finance)

Giancarlo Albori (Segr. Flc Cgil Milano)

Salvatore Amura (Rete Nuovo Municipio)

Franco Argeri (Sindaco Pieve Emanuele, Mi)

Maurizio Aristarco (Segr. Camera del Lavoro di Mantova)

Ettore Armanasco (Segr. Camera del Lavoro di Sondrio)

Franco Arrigoni (Segr. Fiom Lombardia)

Alberto Anghileri (Segr. Camera del lavoro di Lecco)

Franco Azzali – Giuseppe Morandi (Lega di Cultura di Piadena)

Valentino Ballabio (Arcoresiste/Coop Lombardia)

Maria Carla Baroni (economista ambientalista)

Michela Barzi (Rete Nuovo Municipio)

Piero Basso (Cooperativa Dar)

Vittorio Bellavite (Noi Siamo Chiesa)

Nerina Benuzzi (Segr. Camera del Lavoro di Milano)

Marco Bersani (Attac)

Anna Bernasconi (Medico)

Felice Besostri (Avvocato)

Maurizio Bertolaso (Segr. Camera del Lavoro di Cremona)

Mohammed Bechrouri (Coord. Immigrati Bergamo)

Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo)

Mario Bonaccorso (redattore)

Edgardo Bonalumi (Convenzione per l’Alternativa)

Domenico Bonometti (Segretario Spi Lombardia)

Bruno Bosco (Università Bicocca di Milano)

Mauro Borromeo (Università di Milano)

Roberto Brambilla (Rete di Lilliput – resp. Gruppo Impronta Ecologica)

Renato Bonati (Segr. Fiom Lombardia)

Ivana Brunato (Segr. Camera del Lavoro di Varese)

Paolo Cassani (Uisp Varese)

Franco Calamida (giornalista)

Anna Caladin (Dialoghi Necessari)

Beppe Calzati (Ars Como e Legacoop)

Michele captano (giornalista)

Maria Grazia Campari (avv., Associazione Giuriste Democratiche)

Dario Cangelli (Ass. Paneguerra)

Stefano Cattaneo (Aler Bergamo)

Paolo Cagna Ninchi (giornalista)

Giovanna Capelli (Preside)

Diletta Caponeri (avvocato)

Antonello Cappai (Segr. Camera del Lavoro di Lecco)

Gioacchino Carli (Vicepres. Auser)

Bruno Cartosio (Università di Bergamo)

Bruno Casati (Assessore Provincia di Milano)

Giovanni Carrino (educatore professionale)

Federico Ceratti (AceA agenziastampa)

Leo Ceglia (Segr. Funzione Pubblica Cgil Lombardia)

Romeo Cerri (Brianzapopolare.it)

Lidia Cirillo (Marcia Mondiale delle Donne)

Luciano Chiodo (Cgil Lombardia)

Alessandro Colonna (funzionario ente pubblico)

Ferdinando Colleoni (Segr. Camera del lavoro di Bergamo)

Giulia Contri (Psicanalista)

Flavio Conti (esperto energetico)

Massimo Cortesi (Pres. Arci Bergamo)

Vincenzo Conese (Volomondo)

Rocco Cordì (Coop Lombardia)

Francesca Corso (Assessore Provincia di Milano)

Livio Croscino (imprenditore)

Bianca Daccomo (Cooperante)

Massimiliano Dolci (Segr. Gen. Camera del Lavoro di Cremona)

José Luiz Del Roio (Consiglio Internazionale FSM)

Franco De Alessandri (Segr. Gen. Fillea-Cgil)

Giulio De Flaviis (Sales meneger)

Irma Dioli (Assessore Provincia di Milano)

Gabriele D’Adda (portavoce movimento studentesco Bergamo)

Michele Di Bona (Volontariato Bergamo)

Raimondo Elli (quadro direttivo Eni)

Renato Esmeraldi (Segr. Camera del Lavoro Ticino-Olona)

Bruno Enriotti (Fond. Memoria della deportazione)

Donatella Esposti (Ars Bergamo)

Giorgio Ferraresi (Rete Nuovo Municipio)

Edo facchinetti (operatore sociale)

Milvo Ferrandi (imprenditore)

Angelo Ferrante (Ars)

Sandro Finardi (Attac-Milano)

Giampaolo Fissardi (ingegnere)

Giuseppe Foroni (Segr. Camera del Lavoro di Lodi)

Graziano Fortunato (Consiglio direttivo Arci-Milano)

Graziano Fracassi (Segr. Camera del Lavoro di Brescia)

Antonio Frascone (Ass. Aprile di Magenta)

Mario Gaeta (Sindacato Slc)

Graziella Galli (Segr. Fiom Lombardia)

Michele Giandinoto (Segretario Cgil Brianza)

Giovanna Giorgetti (Cgil Lombardia)

Marcello Gibellini (Segr. Camera del Lavoro di Bergamo)

Rolando Giailevra (Centro Culturale Gramsci)

Sandro Ginami (Spi Cgil)

Domenico Ghirardi (Segr. Camera del Lavoro Valle Camonica)

Giulia Gresti (architetto)

Dino Greco (Segr. Gen. Camera del Lavoro di Brescia)

Celeste Grossi (Donne in nero, Como)

Teresa Isenburg (Università di Milano)

Gaspare Jean Primario medicina interna)

Simonetta Jucker (Medico)

Enzo R. Laforgia (insegnante)

Antonio Lareno (Segr. Camera del lavoro di Milano)

Massimiliano Lepratti (Manitese Milano)

Luigi Lottardi (Segr. Camera del Lavoro di Mantova)

Vittorio Lovera (Consorzio Caes, Castellanza)

Michele Lo Monaco ( Fisac Cgil Lombardia)

Giorgio Lunghini (Università di Pavia)

Stefano Lucarelli (Università politecnica delle Marche)

Dora Maffezzoli (Segretaria Cgil Filcams Lombardia)

Sandro Magni (Attac-Lecco)

Raffaele Mantegazza (Università Bicocca di Milano)

Roberto Mapelli (Ass. Cult. Punto Rosso)

Mauro Marangoni (agente pubblicitario)

Antonio Marchitelli (Segr. Regionale Filcea Cgil)

Umberto Massa (Spi Pavia)

Piero Mazza (Segr. Camera del Lavoro di Lodi)

Lorenzo Mazzi (Segr. Arci Varieazioni)

Gianmarco Martignoni (Segr. Camera del Lavoro di Varese)

Carlo Mazzucchelli (Girotondi e Movimenti della Lombardia)

Gianni Meazza (Laboratorio lavoro – Rete di Lilliput Milano)

Elena Medi (Docente multiculturalità)

Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)

Gerardo Merletto (Politecnico di Milano)

Lea Melandri (Scrittrice)

Alberto Minazzi (Legambiente)

Emilio Molinari (Contratto Mondiale dell’Acqua)

Enzo Moriello (Segr. Funzione Pubblica Cgil Lombardia)

Maurizio Moro (Assessore Comune Garbagnate)

Amalia Navoni ( Coord. Lombardo Nord sud del mondo)

Giuseppe Natale (Martesana2)

Nicola Nicolosi (Segr. Cgil Lombardia)

Marco Noris (commercio equo e solidale Bergamo)

Antonio Oldani (Ass. Pace del Magentino)

Olimpia Oliva (Educatrice)

Fausto Ortelli (Cgil Lombardia)

Michele Papagna (coord. Deafab)

Rosa Pavanelli (Segr. Gen. Funzione Pubblica Lombardia)

Carlo Peroli (Attac-Bergamo)

Paolo Pinardi (Il ponte.it)

Padre Giuseppe Pirola (Istituto Aloisianum – Compagnia di Gesù)

Adriano Pincherle (economista finanziario)

Francesco Piscopo (Avvocato)

Volfango Pirelli (Segr, Gen. Sindacato della conoscenza Cgil – Scuola e
Ricerca)

Giovanna Procacci (Università di Milano)

Paolo Preziosa (consulente aziende no-profit)

Bruno Ravasio (Cgil Lombardia)

Marco Ravasio (rete Nowar di Bergamo)

Giorgio Riolo (presidente Associazione Culturale Punto Rosso)

Patrizia Rinaldi (Segr. Camera del Lavoro di Bergamo)

Massimo Roccella (Giurista del lavoro)

Anna Rollier (Università di Milano)

Elena Sachsel (volontaria Ass. Cuore per Cuore)

Alessandro Santoro (Università Bicocca di Milano)

Silvio Sarfati (Ars)

Diego Sai (istruttore di nuoto)

Francesco Serra (delegato Filcea-Cgil)

Sergio Serafini (amministratore delegato Radio Popolare)

Beppe Severgnini (Fiom Bergamo)

Sabina Siniscalchi (Fondazione Culturale di Banca Etica)

Fabio Silva (Coop Nazca – Commercio equo e solidale)

Giovanna Sona (Politecnico di Milano)

Donato Supino (Segr. Camera del Lavoro di Como)

Ezio Tabacco (Università di Milano)

Alessia Todesco (key account maneger)

Josè Luis Tagliaferro (Cespi)

Massimo Tafi (Girotondi e Movimenti della Lombardia)

Enrico Togni (Segr. Funzione pubblica Cgil Bergamo)

Emanuele Tortoreto (Convenzione per l’Alternativa)

Pier Attilio Tronconi (Consigliere comunale Codogno)

Roberto Trussardi (Assessore comune di Bergamo)

Angelo Valdameri (pensionato)

Giuseppe Vanacore (Segr. Cgil Lombardia)

Nello Venanzi (Avvocato e Giurista)

Franco Vanzati (Segr. Camera del Lavoro di Pavia)

Silvia Vegetti Finzi (Università di Pavia)

Giovanna Vertova (Univ. Di Bergamo)

Livio Villa (Segr. Gen. Fiom Ticino-Olona)

Vincenzo Viola (Docente Liceo Carducci)

Raffaella Vimercati (Assistente sociale)

Itala Vivan (Università di Milano)

Emiliano Zaniboni (Segr. Sindacato Scuola Fnc)

Giorgio Zenoni (architetto)

Maurizio Zipponi (Segr. Gen. Fiom Milano)





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