Un anno e otto mesi per il sovrintendente che sfigurò il giovane Marco Mattana. Rinviato a giudizio Perugini, ex numero due della Digos, prosciolto il capo Mortola.
Quel volto sfigurato fece il giro del mondo, associato all'immagine del vicequestore Alessandro Perugini che sferra un calcione al ragazzino già bloccato e pestato a sangue. A tre anni, tre mesi e otto giorni dal G8 la magistratura genovese ha condannato, ieri con giudizio abbreviato, il sovrintendente Giuseppe De Rosa che, «in concorso con altri agenti non identificati, colpendolo con il manganello al volto, cagionava a Mattana Marco lesioni personali consistite in trauma contusivo craniofacciale con ferita lacero-contusa e ecchimosi palpebrale superiore, con prognosi di gg. 20 - si legge nel capo d'imputazione - Con l'aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di persona minorenne e in violazione dei doveri e con abuso dei poteri inerenti la sua funzione». Protagonista di una vicenda paradigmatica di botte da orbi e arresti illegali, come tante altre che rimarranno impunite, De Rosa è il primo poliziotto condannato per il G8. Ha preso un anno e otto mesi, più una provvisionale di diecimila euro in favore del ragazzo, che sta per compiere diciannove anni. L'hanno inchiodato i filmati girati dal Tg5 in via Barabino, vicino alla questura, gli stessi che hanno immortalato Perugini, ex numero due della Digos e attuale responsabile logistico della questura di Genova.
Perugini, nello stesso processo, è stato rinviato a giudizio con accuse di abuso d'ufficio, falso ideologico, calunnia e lesioni personali aggravate. All'udienza del 9 febbraio prossimo dovranno comparire, a vario titolo, anche l'ispettore capo Antonio Di Giacco, il sovrintendente Sebastiano Pinzone, l'agente scelto Enzo Raschellà (tutti della Digos di Genova) e l'assistente Luca Mantovani (Digos di Padova). Il 21 luglio 2001, nel sabato dei duecentomila in piazza che seguì l'omicidio di Carlo Giuliani, questi poliziotti arrestarono sei no global che erano con Mattana «al di fuori dei presupposti di legge - scrive il pm Francesco Cardona Albini nella richiesta di rinvio a giudizio - con uso ingiustificato di violenza», mentre i malcapitati «stavano manifestando dinanzi allo schieramento di polizia posto a protezione della questura, sedendosi al centro della strada». Solo per Mattana, allora sedicenne, il pm rinunciò a chiedere la convalida dell'arresto.
Secondo i verbali di polizia i no global lanciavano «pietre e bottiglie contro la prima linea di operatori di polizia e verso i verbalizzanti... l'ispettore Del Giacco veniva attinto da una bottiglia alla mano sinistra, il sovrintendente Pinzone da un sasso alla nuca, l'agente Raschellà da una bottiglia alla base nel collo. Nel corso della colluttazione che ne seguiva il vicequestore Perugini veniva aggredito - continua il verbale - riportando lesioni alla coscia ed alla mano sinistra e l'agente Raschellà riportava lesioni alla base del collo». Le lesioni furono certificate da Giacomo Toccafondi, medico penitenziario inquisito per le sevizie di Bolzaneto. Ma poi i filmati hanno dimostrato che le «azioni di resistenza» non erano mai avvenute. Nessuna colluttazione, fu un'aggressione a freddo. E Pinzone è accusato anche d'ingiuria e minacce aggravate perché «dopo l'arresto illegittimo, puntando contro il loro volto - scrive il pm - la pistola d'ordinanza e dicendo `zitti bombaroli di merda, vi sparo in faccia', minacciava» due delle sette vittime.
Esce però di scena, prosciolto, il settimo imputato, il più noto. La giudice dell'udienza preliminare, Maria Letizia Califano, ha deciso il non luogo a procedere per l'ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola, oggi vicequestore vicario a Alessandria e coinvolto anche nel processo per l'assalto e le false molotov alla scuola Diaz. Non è dunque stata accolta la ricostruzione del pm che, sulla base di dichiarazioni di Perugini e Del Giacco, attribuisce a Mortola, che non firmò i verbali ma era lì, l'ordine di arrestare quei ragazzi. «Uno a zero», ha gridato Mortola in aula, levando le braccia in segno di vittoria. «Ho sempre avuto fiducia nei giudici - ha aggiunto fuori dall'aula - ringrazio i miei avvocati». Dovranno lavorare ancora per tirarlo fuori dall'affare Diaz, senza contare che il pm, lette le motivazioni, potrebbe fare appello contro il proscioglimento di ieri. E non è finita: l'avvocato di Mattana ha depositato un esposto contro Silvia Agostini, la funzionaria (ex Digos di Genova, trasferita a Roma) che firmò la denuncia per resistenza a carico del minorenne.
De Rosa, calabrese di 43 anni in servizio alla «squadra tifoserie» della Digos di Milano, ha preso un anno e otto mesi per lesioni aggravate (scontato un terzo per il giudizio abbreviato), esito non frequente per un poliziotto. L'avvocato e la famiglia di Mattana respingono i giornalisti: «Non parlerà, lasciatelo stare». C'è da capirli perché Marco, che fa l'ultimo anno all'istituto d'arte, ne ha passate di tutti i colori. Dopo le botte l'hanno processato al tribunale dei minori: assolto. E il procuratore generale Domenico Porcelli l'ha fatto processare anche in corte d'appello: ancora assolto.
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