http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/01-Giugno-2004/art62.html
COMMENTO
Atesia e i precari all'inferno
ANTONIO SCIOTTO
Subito dopo l'accordo sul call center Atesia della Telecom, lunedì scorso, si è sviluppata una polemica tra il professor Ichino e l'Unità rispetto a chi avesse avuto il merito della «stabilizzazione» dei 4 mila co.co.co. telefonici: i sindacati e la Cgil, come ha affermato l'Unità, che sarebbero addirittura riusciti ad «aggirare» la legge 30? O invece, come ha sostenuto Ichino sul Corriere della Sera, la stessa legge 30, che avrebbe costretto la Telecom a sedersi al tavolo per l'adeguamento alle nuove normative? Il professore ha addirittura evocato le fiamme dell'inferno per i «faziosi» dell'Unità e della Cgil, che a suo parere farebbero propri meriti del governo. All'inferno, crediamo, ci finiranno solo i lavoratori Atesia, bruciati dalle fiamme della precarietà. La questione, infatti, secondo noi parte male impostata da entrambi i contendenti: sia Ichino (il 28 maggio), che l'Unità (nella risposta del 29), parlano di «4 mila lavoratori promossi a subordinati regolari» (il primo) e di «4 mila letterine di assunzione» (la seconda). Per spiegare perché questi dati non ci trovino d'accordo, bisogna premettere che l'intesa prevede la trasformazione dei 4.350 mila co.co.co. in 1700 contratti di apprendistato, 750 somministrazioni a tempo determinato, 550 contratti di inserimento e 1350 di lavoro a progetto. I contratti a progetto non sono altro che un'evoluzione dei co.co.co.: compenso libero e non legato ad alcun contratto nazionale, contributi inferiori al 20% della retribuzione, pagati in parte dal netto del lavoratore, e minori garanzie su ferie, maternità, malattia. Precari come i co.co.co.: rinnovabili a volontà, a perenne rischio di non rinnovo. «Collaboratori» pur avendo un unico committente, una postazione e dei capi.
«Regolari» sarebbero i restanti 3 mila, in realtà ben lontani dalle garanzie dei subordinati classici: sapendo che la legge 30 ha prolungato l'apprendistato fino all'incredibile durata di 6 anni, non si capisce di che tipo di apprendistato abbiano bisogno operatori di call center, per giunta già in Atesia, in molti casi, dal 1989. Sono soltanto un grande risparmio per l'azienda, dato che il loro compenso è inferiore del 40% rispetto a un subordinato e i contributi previdenziali sono risibili, pari a una manciata di euro al mese. L'accordo non assicura che verranno assunti a tempo indeterminato, così come non garantisce i somministrati a tempo determinato e i contratti di inserimento, che se non altro sono messi meglio dal punto di vista retributivo.
E' vero che l'apprendistato e l'inserimento prevedono delle quote obbligatorie di assunzioni se l'azienda vuole continuare a fare ricorso a questi rapporti, ma qui casca l'asino: quale azienda? Come denuncia tra l'altro la lettera che pubblichiamo qui a fianco, scritta da allarmati delegati Cgil di Tim e Telecom, è ormai possibile, grazie anche alla legge 30, vendere pezzi di azienda e dipendenti ad altri soggetti con piani industriali «sfuggenti» e ultraflessibili. In questo caso, Telecom vende Atesia e 3 mila operatori a un'altra società, tenendo solo il 20% della proprietà e assicurando che fornirà future commesse. Ma fino a quando? Arrivarci a 6 anni di lavoro nello stesso gruppo!
Garanzie per i lavoratori? «Le parti - recita l'accordo - convengono sulla necessità di specifici incontri per monitorare, alla luce delle esigenze di flessibilità e dell'andamento delle aziende, lo stato delle commesse, anche al fine di realizzare il condiviso obiettivo di evoluzione delle tipologie contrattuali verso il miglioramento della qualità e stabilità del rapporto di lavoro». I vostri contratti, ragazzi, dipendono dalle commesse e dal mercato, dunque restate perfettamente precari. E' destino anche dei lavoratori a tempo indeterminato, è ovvio, essere legati alle crisi del mercato: ma hanno riconosciuti da subito i loro diritti, con ben altro status; sono meno ricattabili e possono fare meglio sindacato.
Quanto a chi abbia i meriti di cotanto risultato: gli operatori Atesia sono precari da 15 anni, con partita Iva e poi co.co.co., senza che nulla mai sia cambiato. Con l'avvento della legge 30, l'azienda ha prima prolungato i contratti da tre mesi a un anno, poi ha chiamato i sindacati a trattare. Una legge pessima, ma che almeno ha partorito una convocazione sindacale.
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