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Il "milite noto" della Patria nucleare...
di Nichi Vendola
Fa uno strano effetto ritrovarsi convocati, in qualità di "nazione" intesa come corpo mistico, dinanzi alla pompa architettonica dell'altare della patria, dinanzi al monumento abnorme e imperiale che fonde i dolori e le morti di infiniti "militi ignoti" e li trasforma in icone di eroismi senza tempo. Fa uno straniante effetto condividere la coralità di un dolore, di un'emozione forte, ma sentire impellente anche la necessità di evadere dalla prigione della retorica, della propaganda, della mistificazione politica. La pietà diventa spettacolo, si aggiunge all'arsenale delle "armi di distrazione di massa", diventa strumento di occultamento di quella verità elementare che la stessa orrenda strage di Nassiriya rivela: in Iraq non è mai cominciato il dopoguerra cui presteremmo la nostra mano umanitaria, la pacificazione e la normalizzazione di quel Paese sventrato e disperso non possono avvenire come pacchi-dono di truppe occupanti, la nostra italica "guerra di pace" è una girandola di
equivoci, di codardie, di servilismo atlantico. Servono a cena tutte le sante sere, alla mensa della tv unificata berlusconiana, gli ossimori di un'Italia spiantata dall'Europa e proiettata in un teatro di guerra a svolgere mansioni di retrovia logistica per conto dei guerrieri-petrolieri che presidiano la Casa Bianca.
Siamo per la pace e dunque siamo per la guerra (preventiva e infinita). Siamo per la libertà occidentale e dunque deportiamo a Guantanamo. Siamo contro il fondamentalismo e dunque nominiamo noi stessi come "civiltà superiore". Eccetera. Ma quello che urta, che colpisce come un corpo contundente, è che tutto il bla-bla sulla vita e sulla morte, tutto questo profluvio di dichiarazioni patriottiche, possa servire a nascondere scelte politiche che spaccano drammaticamente l'unità nazionale e che scindono ferocemente il guscio della "patria" dalla polpa delle nostre comunità e della nostra indebolita democrazia. Qui non c'è "milite ignoto" da onorare. Qui c'è un milite "noto", dotato di virtù militari e aziendali apprezzate in tutti i salotti atlantici, che incarna al meglio l'onore militare del governo marziale presieduto da Silvio Berlusconi. Dico del generale Carlo Jean, già addetto alla sicurezza del Presidente Cossiga e già tante altre cose, che ordina al suo plotone di esecuzione
radioattivo di sparare sul Sud. Dico di scorie nucleari e della modalità fascista con cui il governo ha chiuso la pratica laboriosa della individuazioni dei siti di stoccaggio, emanando un decreto che indica nella terra di Lucania, sotto i piedi di Scanzano Ionico, il luogo predestinato ad essere il più importante cimitero (ma forse anche il più importante mercato) di scorie radioattive dell'universo. Dico di una guerra speciale, che ha il suo fronte interno in quell'area metapontina che ovviamente si ribella alla malasorte delle scorie; e che ha il suo fronte esterno nel mondo intero, visto che in tutta questa opaca e sporca storia si gioca la possibilità che l'Italia sperimenti, e sarebbe un record planetario, le prime forme di smantellamento di centrali atomiche: chi si conquista il know how (con i relativi imponderabili azzardi sulla pelle delle popolazioni) si prende le commesse di quelle potenze nucleari che non hanno mai provato la fatidica "decommissioning", e cioè lo
smontaggio di quei giocattoli atomici che il popolo italiano ha rifiutato con un referendum.
Non dico "guerra" solo per amore di metafora: siamo in presenza di un disegno radicale di "militarizzazione" della gestione complessa del ciclo del nucleare. Parlano i fatti. Si sceglie un pezzo da novanta della più esperta lobby militare a gestire il doppio ruolo di presidente della Sogin (l'azienda ministeriale, ma di diritto privato, che provvede allo smontaggio delle centrali) e di "commissario straordinario" del governo per lo stoccaggio delle scorie nucleari. Si decide in forma di decreto e senza il parere della Conferenza Stato-Regioni. Si procederà mobilitando l'esercito e le forze dell'ordine per imporre l'ordine radioattivo. La povera Basilicata, nonostante gli elevati indici di rischio sismico, sembra il posto ideale per questa schifezza affaristico-militare: non è densamente popolata, non vota a destra, non ospita ville del premier. Ecco la patria e l'onore militare! Per questo da oggi Scanzano Ionico diventa la capitale del nostro Sud. Ci stringeremo alla splendida terra
lucana contro una destra radioattiva e nemica. Sapendo che qui rinasce un'idea mite di "patria": comunità che imparano a disobbedire e ribellarsi, nel nome della propria storia e del proprio futuro.
18 novembre 2003
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avvenire come pacchi-dono di truppe occupanti, la nostra italica "guerra di pace" è una girandola di equivoci, di codardie, di servilismo atlantico. Servono a cena tutte le sante sere, alla mensa della tv unificata berlusconiana, gli ossimori di un'Italia spiantata dall'Europa e proiettata in un teatro di guerra a svolgere mansioni di retrovia logistica per conto dei guerrieri-petrolieri che presidiano la Casa Bianca. <BR><BR><BR>Siamo per la pace e dunque siamo per la guerra (preventiva e infinita). Siamo per la libertà occidentale e dunque deportiamo a Guantanamo. Siamo contro il fondamentalismo e dunque nominiamo noi stessi come "civiltà superiore". Eccetera. Ma quello che urta, che colpisce come un corpo contundente, è che tutto il bla-bla sulla vita e sulla morte, tutto questo profluvio di dichiarazioni patriottiche, possa servire a nascondere scelte politiche che spaccano drammaticamente l'unità nazionale e che scindono ferocemente il guscio della "patria" dalla polpa delle
nostre comunità e della nostra indebolita democrazia. Qui non c'è "milite ignoto" da onorare. Qui c'è un milite "noto", dotato di virtù militari e aziendali apprezzate in tutti i salotti atlantici, che incarna al meglio l'onore militare del governo marziale presieduto da Silvio Berlusconi. Dico del generale Carlo Jean, già addetto alla sicurezza del Presidente Cossiga e già tante altre cose, che ordina al suo plotone di esecuzione radioattivo di sparare sul Sud. Dico di scorie nucleari e della modalità fascista con cui il governo ha chiuso la pratica laboriosa della individuazioni dei siti di stoccaggio, emanando un decreto che indica nella terra di Lucania, sotto i piedi di Scanzano Ionico, il luogo predestinato ad essere il più importante cimitero (ma forse anche il più importante mercato) di scorie radioattive dell'universo. Dico di una guerra speciale, che ha il suo fronte interno in quell'area metapontina che ovviamente si ribella alla malasorte delle scorie; e che ha il suo
fronte esterno nel mondo intero, visto che in tutta questa opaca e sporca storia si gioca la possibilità che l'Italia sperimenti, e sarebbe un record planetario, le prime forme di smantellamento di centrali atomiche: chi si conquista il know how (con i relativi imponderabili azzardi sulla pelle delle popolazioni) si prende le commesse di quelle potenze nucleari che non hanno mai provato la fatidica "decommissioning", e cioè lo smontaggio di quei giocattoli atomici che il popolo italiano ha rifiutato con un referendum. <BR><BR><BR>Non dico "guerra" solo per amore di metafora: siamo in presenza di un disegno radicale di "militarizzazione" della gestione complessa del ciclo del nucleare. Parlano i fatti. Si sceglie un pezzo da novanta della più esperta lobby militare a gestire il doppio ruolo di presidente della Sogin (l'azienda ministeriale, ma di diritto privato, che provvede allo smontaggio delle centrali) e di "commissario straordinario" del governo per lo stoccaggio delle scorie
nucleari. Si decide in forma di decreto e senza il parere della Conferenza Stato-Regioni. Si procederà mobilitando l'esercito e le forze dell'ordine per imporre l'ordine radioattivo. La povera Basilicata, nonostante gli elevati indici di rischio sismico, sembra il posto ideale per questa schifezza affaristico-militare: non è densamente popolata, non vota a destra, non ospita ville del premier. Ecco la patria e l'onore militare! Per questo da oggi Scanzano Ionico diventa la capitale del nostro Sud. Ci stringeremo alla splendida terra lucana contro una destra radioattiva e nemica. Sapendo che qui rinasce un'idea mite di "patria": comunità che imparano a disobbedire e ribellarsi, nel nome della propria storia e del proprio futuro. <SPAN style="COLOR: black"><o:p></o:p></SPAN></SPAN></P></TD></TR>
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