[Cerchio] Articolo 18: le ragioni di un sì, le ragioni di un…

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Author: corrispondenze metropolitane
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Subject: [Cerchio] Articolo 18: le ragioni di un sì, le ragioni di una lotta.
Articolo 18: le ragioni di un sì, le ragioni di una
lotta.

Il 15 e il 16 giugno si vota il referendum sulla
estensione dell'articolo 18 ai lavoratori delle
piccole imprese. Si tratta di una possibilità da non
lasciarsi sfuggire e da non confondere con altri
appuntamenti alle urne. Niente a che vedere, ad
esempio, con le ultime elezioni amministrative,
segnate dal confronto tra schieramenti dai programmi
simili. Ora, a fare la differenza è sicuramente il
contenuto della nuova consultazione, concreto e legato
al vissuto di milioni di persone. Ma l'importanza del
referendum si lega anche ad una peculiare
concatenazione di eventi. Quella che ha visto
lorsignori chiedere l'eliminazione diretta
dell'articolo 18, del diritto ad essere riassunti in
caso di licenziamento senza giusta causa. In sostanza,
il padronato ha fatto capire di non accontentarsi più
di aggirare questa ed altre garanzie contenute nello
Statuto dei lavoratori con la creazione di forme
contrattuali "atipiche". Ovviamente tale presa di
posizione ha portato ad una decisa reazione. Il 23
marzo del 2002 Roma è stata attraversata da un corteo
enorme, indetto dalla Cgil ma contraddistinto da un
diffuso rifiuto della precarietà, ben al di là delle
posizioni ufficiali della storica organizzazione dei
lavoratori. A tale corteo, poi, sono seguite varie
manifestazioni del sindacalismo di base, che hanno
visto sendere in piazza, per la prima volta in modo
significativo, le nuove figure sociali, gli
interinali, i co.co.co.

Insomma, le tensioni non sono mancate e non mancano.
Attualmente una forte spinta alla lotta viene dai
metalmeccanici alle prese con un contratto-bidone
firmato da Fim e Uilm e diverse esperienze
conflittuali si producono in tutta la penisola. In una
situazione simile, in caso di vittoria dei sì al
referendum, la volontà popolare dovrà essere
rispettata. Questo è il punto e non le virtù di uno
strumento, quello referendario, che preso per sé non è
la meraviglia di cui si dice. Più che un momento di
democrazia diretta, infatti, esso è l'ultimo residuo
di una piena democrazia rappresentativa. Non si
dimentichi che la fase attuale è caratterizzata dal
maggioritario e dal configurarsi di poli elettorali
omogenei, che difendono i medesimi interessi. Da ciò
deriva he i settori sociali più colpiti dalla
precarizzazione del lavoro e della vita in atto, non
sono rappresentati in Parlamento. E che le loro
istanze possono raggiungere tale istituzione solo
attraverso il referendum. Cioè attraverso un atto di
negazione, che si riduce all'abrogazione di una norma
che i legislatori rimpiazzeranno mediando tra
interessi diversi.

Tuttavia, se nel paese c'è mobilitazione attorno agli
obiettivi referendari, a deputati e senatori può
risultare difficile ignorare la spinta che viene dal
basso. Il che, rapportato alla consultazione del 15 e
16 giugno, vuol dire che il tentativo di contenere la
portata di una vittoria del sì dovrà confrontarsi con
la piazza. E che, difeso nei posti di lavoro e nei
cortei, l'eventuale esito positivo del referendum
potrebbe costituire una solida base da cui far
ripartire la lotta. Non più solo in difesa
dell'articolo 18 dove esso è oggi in vigore. E neanche
solo per la sua introduzione e concreta applicazione
in quelle piccole imprese il cui boom demografico,
negli anni '90, è stato determinato proprio dalla
volontà di eludere la garanzia in questione. C'è
dell'altro. Una vittoria del sì continuamente
rilanciata, aprirebbe la possibilità di difendere con
più forza anche chi -si pensi ai "lavoratori atipici"-
non è direttamente toccato dal referendum.

Ma perchè si proceda in questa direzione, segnata
dalla mobilitazione permanente, è necessario partire
da una precisa riflessione sugli ultimi anni. Ossia,
sul tentativo di smembrarci, di separarci con il
decentramento produttivo e con quella riforma del
mercato del lavoro che moltiplica all'infinito le
tipologie contrattuali. Ora, l'esperienza quotidiana
ci ha fatto capire che la singola conquista, da parte
di uno qualsiasi dei settori sotto attacco, rafforza
la posizione di tutti. Ed è d'altronde muovendo da
questa consapevolezza che possiamo usare l'imminente
referendum. Ma tale acquisizione deve rimandare anche
ad altro. Alla capacità di contrastare collettivamente
qualsiasi offensiva padronale, considerandola sempre
-al di là del numero di lavoratori colpiti- come una
offensiva di portata generale. Al sentirci,
finalmente, come un'unica classe, variegata ma
accomunata da una condizione di sfruttamento nel segno
della precarietà.
Una classe che, superata la frammentazione che le è
imposta, potrà esprimere in modo diretto e autonomo le
proprie istanze e i propri bisogni. Liberando quelle
energie che le rappresentanze parlamentari, in fondo,
hanno sempre imbrigliato.


CORRISPONDENZE METROPOLITANE - Collettivo di
controinformazione e di inchiesta (Roma)

Appuntamento ogni martedì, ore 21, presso il Comitato
di Quartiere Alberone, in Via Appia Nuova 357


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