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Lo stivale che guarda alla Mecca
Dalla Sicilia alla Valle d'Aosta, un lungo viaggio tra i musulmani in
Italia. Uno spaccato su una realtà eterogenea e lontana dalla
rappresentazione dominante di un insieme monolitico da tenere a debita
distanza dopo l'11 settembre. «L'islam italiano» di Stefano Allievi edito da
Einaudi
STEFANO LIBERTI il Manifesto
Elemento costante del vivere quotidiano di diversi paesi europei, l'islam si
è ormai definitivamente imposto anche in Italia come seconda religione di
riferimento. Un'evoluzione che, seppur meno evidente rispetto ad altre
nazioni con una più consolidata tradizione di immigrazione, ha finito per
segnare il paesaggio delle nostre città , tanto che ormai è diventato
consueto imbattersi in moschee, luoghi di preghiera più o meno ufficiali,
macellerie di carne halal. Eppure, nonostante la vicinanza e l'apparente
visibilità , l'islam italiano continua a essere invisibile, poco noto, quasi
estraneo. Una realtà a latere, per così dire, una presenza «altra»,
tollerata, ma per la quale si continua a nutrire diffidenza. Diffidenza che,
dopo l'11 settembre 2001, non di rado è diventata islamofobia. Per molti
l'islam rimane una sorta di monstrum teocratico, potenzialmente pervasivo e
invasivo, da guardare con sospetto e frequentare il meno possibile.
Implicita in questa visione allarmistica, sta l'idea che l'islam sia un
unicum immutabile e monolitico e che pertanto anche i musulmani presenti nel
nostro paese - immigrati, figli di immigrati o convertiti - siano tutti
agenti di una sorta di internazionale islamica che avrebbe lanciato un jihad
planetario contro l'occidente civilizzato. A questa discrasia tentano di
opporsi solo alcuni valenti accademici, che si sforzano di studiare i
fenomeni a partire dalla realtà , cercando cioè di analizzare sul campo quel
cosiddetto «islam di carne» che i più misconoscono e pertanto temono e
sfuggono. Ã in questa pratica di analisi e di studio che si colloca l'ultimo
libro di Stefano Allievi (Islam italiano, Einaudi, ⬠13,50), sociologo
dell'università di Padova che da anni dedica i suoi studi ai musulmani
europei, analizzandone le consuetudini, i comportamenti, gli sviluppi e le
contraddizioni.
Non si tratta di un'opera accademica in senso classico. Ã piuttosto, come
giustamente rileva il suo sottotitolo, un «viaggio nella seconda religione
del paese»; il frutto di una serie di peregrinazioni condotte da Allievi in
giro per l'Italia, sommate a lunghe digressioni storiche il cui tema
centrale è sempre lo stesso: lo scontro - o l'incontro - tra questi due
mondi che la vulgata prevalente vuole ormai per forza e per natura
contrapposti, l'islam e l'occidente.
Al di là degli aspetti più noti al grande pubblico (come le vicissitudini
del centro islamico di Viale Jenner a Milano o la controversa figura di
Bouriqui Bouchta, l'imam marocchino di Torino noto per le sue discutibili
esternazioni), colpisce l'opera di scavo condotta dall'autore tra le maglie
di un islam popolare meno conosciuto, spesso rurale, per lo più meridionale
e comunque sempre marginale. Scopriamo quindi che il sud Italia è costellato
di piccole sale di preghiera, o che in Puglia un facoltoso convertito
italiano ha tentato invano di mettere in piedi una faraonica «cittadella del
sapere musulmano» o che, ancora, le moschee di Napoli vengono di tanto in
tanto frequentate da soldati statunitensi convertitisi al verbo di Allah.
Sono storie diverse, il cui unico collante è la religione comune. Una
religione che tuttavia si declina in forme così difformi da suscitare una
domanda spontanea, che in qualche modo serpeggia continuamente tra le pagine
del libro: si può, di fronte a tale varietà , parlare effettivamente di islam
italiano?
Un campo di riflessione, questo, di importanza cruciale, che fuori
dall'Italia - e in particolare in Francia - è oggetto di accesi dibattiti e
finisce a volte per assumere i tratti della questione di stato. Al di là di
pochi studi ragionati - come ad esempio l'ottimo anche se ormai datato Les
banlieues de l'islam, in cui lo studioso d'islam Gilles Kepel analizzava in
modo pacato la riscoperta dei valori religiosi da parte dei giovani beurs -
tale problema suscita infatti Oltralpe risposte per lo più allarmistiche,
come mostrano le polemiche sull'hijab a scuola o sulla macellazione del
montone in occasione della festa dell'aid al-kabir, che segna la fine del
ramadan. Espressioni religiose che sono vissute come una vera e propria
minaccia al carattere laico dello stato, e che pertanto vengono a priori
osteggiate anche da una sinistra che erge a propria bandiera un modello
repubblicano peraltro in crisi.
Allievi rifiuta questo approccio e sottolinea invece che in Europa e in
Italia si sta delinenando un processo di indigenizzazione dell'islam; sta
cioè affermandosi un modello autoctono dotato di caratteristiche specifiche
assolutamente non in contrapposizione con la società con cui si trova a
confrontarsi. Questo sviluppo, a cui ha dedicato in modo più strutturato un
suo precedente studio (Musulmani d'Occidente, Carocci), riceve l'apporto
decisivo delle cosiddette seconde generazioni, che in qualche modo
reiventano la propria identità religiosa a partire dal contesto sociale in
cui crescono. Si tratta di un processo lento e graduale, ma tuttavia
ineluttabile, che nelle ottimistiche previsioni dello studioso finirà per
modificare - in positivo - la visione generale dell'islam.