[Lecce-sf] qualcosa di più di un semplice tradimento

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da “Liberazione” del 17.04.03







Qualcosa di più di un semplice tradimento

di Alfio Nicotra





Dal posto al sole al posto a tavola. L'Italia parteciperà alla spartizione del bottino iracheno. Berlusconi - attraverso il cavallo di Troia degli aiuti umanitari- passa all'incasso della sua politica di sostegno esterno alla guerra angloamericana. Lo fa con l'insperato e suicida consenso di tanta parte dell'Ulivo che in questo modo legittima a posteriori la guerra preventiva. Nel paese dove si è registrato il più forte movimento per la pace del mondo, il ritorno alla politica estera bipartisan è qualcosa di più di un semplice tradimento. E' la consapevolezza che le radici deformi in cui affonda la dottrina della "guerra umanitaria" non sono state recise nel centrosinistra.

I tremila militari italiani partono infatti in una guerra che non è conclusa. Questo non solo perché Damasco sembra essere la nuova meta di Bush e soci, ma anche e soprattutto perché il nostro contingente andrà a sommarsi alle truppe di occupazione e sarà messo agli ordini dei generali americani. La guerra, per il diritto internazionale, non termina con la sopraffazione e la resa del nemico. Quelle di occupazione finiscono soltanto quando l'ultimo soldato invasore avrà lasciato il paese occupato. Sembra di rivivere le pagine - che pensavamo sbiadite e consegnate alla storia - del colonialismo. L'armamentario propagandistico è degno delle guerre di conquista. Gli invasori vengono definiti liberatori ed i conquistati sono ritenuti incapaci di governarsi da soli. Il comando americano negli stessi giorni dei saccheggi nelle città trasmetteva trionfalmente il comunicato "che tutti i pozzi di petrolio sono stati messi in sicurezza" e controllati a vista dai marines. Mentre le bande di sciacalli devastavano ospedali e si accanivano contro una storia millenaria distruggendo il museo di Bagdad, mai comunicato è stato più sincero. Il petrolio, l'oro nero macchiato di tanto sangue, e non il popolo senza acqua, cibo e medicine viene ben prima nella scala di valori delle preoccupazioni della Casa Bianca. Dalle vene di questa maledizione verranno ricavate le risorse per la ricostruzione. Un business plurimiliardario, una torta gigantesca per la quale l'Italia vuole avere appunto il suo posto a tavola.


Nonostante il successo del bel film su Ilaria Alpi, l'Italia sembra di essersi dimenticata della Somalia. Anche in quel caso la tragedia umanitaria venne scomodata per far muovere le truppe. La "Restore Hope", ridare speranza, fu un tentativo di occupazione militare finito in tragedia. Ricordiamo questo caso non solo perché alcuni attori - il comando americano della forza multinazionale, il battaglione Tuscania, (quello degli elettrodi ai testicoli dei prigionieri somali) - sono gli stessi di oggi. Ma anche perché i termini "civiltà", "esportare la democrazia", "riorganizzare le forze di polizia locali", vennero usati in abbondanza per giustificare una "speranza" che portò morte e distruzione acutizzando i conflitti tribali. L'Iraq con al timone gli invasori, è ingovernabile.


L'opzione di un lungo protettorato Usa - visto che dovrà usare il pugno di ferro all'interno- ha bisogno di una legittimazione internazionale. L'Italia rompendo la sua "non belligeranza" apre un varco a chi, a posteriori, vuole salire sul carro dei vincitori. Mentre fa da apripista a questa strada al contempo affonda scientemente ogni possibilità di rilancio delle Nazioni Unite. Questa, ci pare, la vera partita in gioco: far si che la guerra preventiva ed infinita sia codificata nel nuovo diritto internazionale di fatto. Un diritto sempre più simile alla legge della giungla la cui fonte primaria ed esclusiva è il governo degli Stati Uniti e le istituzioni ademocratiche della globalizzazione neoliberista. La militarizzazione dell'aiuto umanitario è anche una pedina mossa per scardinare l'avversione maggioritaria nell'opinione pubblica alla guerra americana. Dopo l'occupazione degli schermi di Tv pubbliche e private da parte di generali e supposti esperti di strategie, si vuole adesso usare la carta "buonista" per accattivarsi simpatie e propagandare il lato umanitario delle nostre Forze Armate. Servirà anche per indorare la pillola dell'aumento delle spese militari da sempre sollecitato dagli Stati Maggiori ed ora diventato un punto di onore per il governo Berlusconi. L'Ulivo, seguendolo su questo terreno, finisce per spianargli la strada consentendogli di uscire dall'isolamento in cui si era cacciato.

La verità è che missili e cerotti non possono stare nelle stesse mani. Per questo sosteniamo con convinzione la raccolta dei fondi e l'invio di volontari, medici, infermieri, tecnici per potabilizzazione dell'acqua, organizzata dal "Tavolo della solidarietà" che vede lavorare insieme la gran parte delle Ong e dei movimenti pacifisti italiani. Perché soltanto da chi si è battuto contro la guerra può arrivare sostegno alla ricostruzione di un Iraq veramente democratico. Un Iraq dove il destino di una Nazione (e delle sue immense risorse) torni in mano al suo popolo e sia finalmente sottratto a dittatori locali o globali.





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<P class=MsoNormal style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt"><SPAN style="FONT-SIZE: 11pt; FONT-FAMILY: Verdana">Dal posto al sole al posto a tavola. L'Italia parteciperà alla spartizione del bottino iracheno. Berlusconi - attraverso il cavallo di Troia degli aiuti umanitari- passa all'incasso della sua politica di sostegno esterno alla guerra angloamericana. Lo fa con l'insperato e suicida consenso di tanta parte dell'Ulivo che in questo modo legittima a posteriori la guerra preventiva. Nel paese dove si è registrato il più forte movimento per la pace del mondo, il ritorno alla politica estera bipartisan è qualcosa di più di un semplice tradimento. E' la consapevolezza che le radici deformi in cui affonda la dottrina della "guerra umanitaria" non sono state recise nel centrosinistra. <o:p></o:p></SPAN></P>
<P><SPAN style="FONT-SIZE: 11pt; FONT-FAMILY: Verdana"><FONT color=#333333>I tremila militari italiani partono infatti in una guerra che non è conclusa. Questo non solo perché Damasco sembra essere la nuova meta di Bush e soci, ma anche e soprattutto perché il nostro contingente andrà a sommarsi alle truppe di occupazione e sarà messo agli ordini dei generali americani. La guerra, per il diritto internazionale, non termina con la sopraffazione e la resa del nemico. Quelle di occupazione finiscono soltanto quando l'ultimo soldato invasore avrà lasciato il paese occupato. Sembra di rivivere le pagine - che pensavamo sbiadite e consegnate alla storia - del colonialismo. L'armamentario propagandistico è degno delle guerre di conquista. Gli invasori vengono definiti liberatori ed i conquistati sono ritenuti incapaci di governarsi da soli. Il comando americano negli stessi giorni dei saccheggi nelle città trasmetteva trionfalmente il comunicato "che tutti i pozzi di petrolio sono stati messi in sicurezza" e controllati a vista dai marines. Mentre le bande di sciacalli devastavano ospedali e si accanivano contro una storia millenaria distruggendo il museo di Bagdad, mai comunicato è stato più sincero. Il petrolio, l'oro nero macchiato di tanto sangue, e non il popolo senza acqua, cibo e medicine viene ben prima nella scala di valori delle preoccupazioni della Casa Bianca. Dalle vene di questa maledizione verranno ricavate le risorse per la ricostruzione. Un business plurimiliardario, una torta gigantesca per la quale l'Italia vuole avere appunto il suo posto a tavola. <o:p></o:p></FONT></SPAN></P>
<P><SPAN style="FONT-SIZE: 11pt; FONT-FAMILY: Verdana"><BR><FONT color=#333333>Nonostante il successo del bel film su Ilaria Alpi, l'Italia sembra di essersi dimenticata della Somalia. Anche in quel caso la tragedia umanitaria venne scomodata per far muovere le truppe. La "Restore Hope", ridare speranza, fu un tentativo di occupazione militare finito in tragedia. Ricordiamo questo caso non solo perché alcuni attori - il comando americano della forza multinazionale, il battaglione Tuscania, (quello degli elettrodi ai testicoli dei prigionieri somali) - sono gli stessi di oggi. Ma anche perché i termini "civiltà", "esportare la democrazia", "riorganizzare le forze di polizia locali", vennero usati in abbondanza per giustificare una "speranza" che portò morte e distruzione acutizzando i conflitti tribali. L'Iraq con al timone gli invasori, è ingovernabile. <o:p></o:p></FONT></SPAN></P>
<P><SPAN style="FONT-SIZE: 11pt; FONT-FAMILY: Verdana"><BR><FONT color=#333333>L'opzione di un lungo protettorato Usa - visto che dovrà usare il pugno di ferro all'interno- ha bisogno di una legittimazione internazionale. L'Italia rompendo la sua "non belligeranza" apre un varco a chi, a posteriori, vuole salire sul carro dei vincitori. Mentre fa da apripista a questa strada al contempo affonda scientemente ogni possibilità di rilancio delle Nazioni Unite. Questa, ci pare, la vera partita in gioco: far si che la guerra preventiva ed infinita sia codificata nel nuovo diritto internazionale di fatto. Un diritto sempre più simile alla legge della giungla la cui fonte primaria ed esclusiva è il governo degli Stati Uniti e le istituzioni ademocratiche della globalizzazione neoliberista. La militarizzazione dell'aiuto umanitario è anche una pedina mossa per scardinare l'avversione maggioritaria nell'opinione pubblica alla guerra americana. Dopo l'occupazione degli schermi di Tv pubbliche e private da parte di generali e supposti esperti di strategie, si vuole adesso usare la carta "buonista" per accattivarsi simpatie e propagandare il lato umanitario delle nostre Forze Armate. Servirà anche per indorare la pillola dell'aumento delle spese militari da sempre sollecitato dagli Stati Maggiori ed ora diventato un punto di onore per il governo Berlusconi. L'Ulivo, seguendolo su questo terreno, finisce per spianargli la strada consentendogli di uscire dall'isolamento in cui si era cacciato. <o:p></o:p></FONT></SPAN></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 12pt"><SPAN style="FONT-SIZE: 11pt; FONT-FAMILY: Verdana"><FONT color=#333333>La verità è che missili e cerotti non possono stare nelle stesse mani. Per questo sosteniamo con convinzione la raccolta dei fondi e l'invio di volontari, medici, infermieri, tecnici per potabilizzazione dell'acqua, organizzata dal "Tavolo della solidarietà" che vede lavorare insieme la gran parte delle Ong e dei movimenti pacifisti italiani. Perché soltanto da chi si è battuto contro la guerra può arrivare sostegno alla ricostruzione di un Iraq veramente democratico. Un Iraq dove il destino di una Nazione (e delle sue immense risorse) torni in mano al suo popolo e sia finalmente sottratto a dittatori locali o globali. <o:p></o:p></FONT></SPAN></P></TD></TR></TBODY></TABLE></DIV>
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