[RSF] !!!Attenzione!!! Sito civetta di Bandiere di Pace.

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Author: Luigi Pirelli
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Subject: [RSF] !!!Attenzione!!! Sito civetta di Bandiere di Pace.
Date: Tue, 11 Mar 2003 22:39:44 +0100
From: GLT-Nonviolenza <glt-nonviolenza@???>



Ciao,
ci è stata segnalata l'esistenza del sito "civetta" www.bandierepace.org
<http://www.bandierepace.org> (quello "ufficiale" è invece
www.bandieredipace.org <http://www.bandieredipace.org>).

Se vi avanza del tempo e avete voglia di confrontarvi con qualcuno si
potrebbe scrivere al loro indirizzo e spiegare in maniera pacifica le
nostre ragioni.

La loro e-mail è: mail@??? <mailto:mail@bandierepace.org>



Qui sotto vi riporto un loro editoriale...



Aloha, Massimiliano Pilati

-/"ogni lotta per la giustizia passa per la prova di cinque tappe:
l'indifferenza, il ridicolo, la calunnia, la repressione, il rispetto"./

/(Gandhi)./

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**

*La bandiera pacifista è veramente apartitica?*



Il Coordinamento Nazionale della Campagna "Pace da tutti i Balconi!" ha
dichiarato espressamente di non voler accettare l'adesione da parte di
nessun partito politico alla sua iniziativa, fatta eccezione per le
piccole sezioni di quartiere.

Ma su questa presunta estraneità ideologica delle bandiere pacifiste
vanno fatte delle opportune precisazioni.

Alex Zanotelli, il missionario comboniano promotore dell'iniziativa,
trattando tematiche relative al "Sud del Mondo", alla globalizzazione,
all'imperialismo statunitense, alle multinazionali, etc, sostiene ancora
oggi quel classico stile "terzomondista", di chiara origine marxista.

     Per una trentina d'anni in Italia l'ideologia prevalente in ambito
politico-culturale è stata quella marxista: si esprimeva grande
ammirazione per i regimi comunisti (poi tutti falliti) come quelli di:
Fidel Castro a Cuba, Mao in Cina, Ho Chi Minh in Vietnam e grande
simpatia per il Comandante Che Guevara e la sua rivolta armata, i
movimenti di liberazione in Mozambico e in Angola... Ma se, a seguito di
una presa di posizione del Pci (Partito Comunista Italiano) nei
confronti di un qualsiasi evento che si verificasse nei Paesi del Terzo
Mondo (un Colpo di Stato, lo scoppio di una guerra, l'insorgere di un
movimento per la liberazione di un Paese soffocato da una dittatura), si
registrava puntualmente un'attivazione da parte di studenti, organi di
stampa e movimenti di intellettuali italiani, dagli anni Cinquanta agli
Ottanta, tale sensibilità non veniva ugualmente dimostrata per tutti
quei fatti relativi ai crimini dell'oppressione dei regimi comunisti.
Perché?


Il "terzomondismo" è solito giudicare in maniera molto diversa tra loro
i cruenti episodi storici che accadono nel mondo a seconda che a
commettere tali crimini siano partiti, uomini, movimenti, governi di
tipo socialista o no. Se per la dittatura di Pinochet, accusato di aver
sterminato circa 12.000 oppositori politici e a causa del quale dal Cile
in dieci anni sono fuggite 8.000 persone, si mobilitano comitati di
intervento, si organizzano proteste, si coordinano manifestazioni,
Pinochet dopo 20 anni viene arrestato.

Situazione ben diversa nel Vietnam "socialista" dove, in aggiunta alle
decine di migliaia di persone uccise per motivi politici, vi sono stati
più di un milione di profughi: ma qui si propende per dire che, coloro
che fuggono, non sono altro che dei "borghesi decadenti", conservatori
che non tollerano la durezza della ricostruzione e che vengono persuasi
dalle trasmissioni radio statunitensi a lasciare il Paese. Insomma, in
questo scenario, il regime non viene chiamato in causa come primo (ed
unico) responsabile di queste gravi situazioni di povertà e di declino
sociale e questo solo perché si tratta di un regime "popolare".

     Altro punto fondamentale di questo stile "terzomondista" è la
persistenza dell'assioma: "la povertà del Sud del mondo viene unicamente
dalla ricchezza e dall'oppressione del Nord". Questo concetto secondo il
quale "loro sono poveri solo perché noi siamo ricchi" è detto "teoria
della dipendenza" e oggi tra gli studiosi delle problematiche mondiali è
caduto in forte disuso in quanto contraddetto dai fatti, ma è ancora
tenuto in piedi dall'opinione pubblica, spesso incalzata da gruppi o
movimenti faziosi e molto mal informati.


Tutt'oggi c'è chi sostiene questa testi affermando che "l'80% della
popolazione mondiale vive con il 20% delle risorse disponibili e,
viceversa, solo il 20% della popolazione ha accesso all'80% delle
risorse disponibili". La frase di primo impatto sembra suonare bene,
sembra quasi logicamente ovvia: noi, occidentali, con la pancia piena,
sfruttiamo la stragrande maggioranza delle risorse disponibili e siamo
solo una piccola parte della popolazione del globo. Ma c'è un grave
errore di valutazione: è vero, noi sfruttiamo l'80% delle risorse, ma
non di quelle disponibili sul pianeta, bensì di quelle prodotte.
Pertanto, il resto degli abitanti del pianeta vive con il 20% delle
risorse prodotte, ma potrebbe vivere decisamente in condizioni migliori
se solo potesse produrre di più, sfruttando ad esempio tecniche agricole
più avanzate o intensificando la produzione stessa.

Ecco, Pace significa anche "sviluppo", crescita economica, aumento della
produzione. Ma nessun cartello, slogan o bandiera pacifista chiede questo...

     Infine classico dello stile "terzomondista", andando di fatto a
braccetto con gli insegnamenti di Marx e dei suoi seguaci, è quello di
considerare l'economia ed il potere politico-economico come il motore di
tutto, concentrando così l'attenzione solo sugli aspetti economici
esistenti tra Nord e Sud del mondo, evitando quindi di analizzare i
rapporti storici, religiosi, sociali, culturali, l'insieme dei valori,
degli usi e dei costumi, della mentalità e dell'educazione dei Paesi.


Da questo deriva quell'assurdo modo di leggere i fenomeni legati alla
globalizzazione secondo ridicoli assiomi del tipo: "Se gli africani
stanno morendo di fame è perché noi ricchi rubiamo loro le risorse
necessarie allo sviluppo" oppure "Il mondo si divide in sfruttatori e
sfruttati: se così non fosse saremmo tutti più o meno allo stesso
livello di sviluppo". Tutte affermazioni che non tengono conto dei reali
motivi per i quali i Paesi del Sud del mondo sono attanagliati nelle
gravi situazioni che conosciamo e questo perché non prendono in
considerazione il tipo di educazione, la mentalità dominante, la
cultura, le tradizioni, la religione e la struttura sociale di questi
Paesi.

Il Nobel per l'economia Amartya Sen nel libro "Lo sviluppo è libertà"
(Mondadori, 1999) afferma che l'incremento dello sviluppo economico di
una nazione è strettamente legato alla democrazia di quel Paese e che
senza democrazia un popolo non potrà mai conoscere un duraturo ed
efficace progresso economico. E intanto i pacifisti e coloro che
continuano ad esporre le bandiere multicolore restano imperterriti nella
loro posizione che li vede contrari ad un intervento armato "senza se e
senza ma", continuando a collegare il sottosviluppo al quale è costretto
il popolo iracheno con l'embargo - piuttosto che con l'assenza di
democrazia - o con la cattiveria degli Stati Uniti d'America, piuttosto
che con la pessima gestione economica dell'Iraq dove il regime
preferisce stanziare fondi per la costruzione di sontuosi palazzi (o per
la fabbricazione di armamenti...), invece che destinarli alle strutture
ospedaliere e ai medicinali per il suo popolo.



Infine, soffermiamoci un secondo a riflettere su quanto accaduto il 15
febbraio a Roma: la manifestazione "contro la guerra senza se e senza
ma" era estremamente collegata all'iniziativa delle bandiere pacifiste,
per ovvi motivi. Dalle immagini dei cortei però, più che bandiere
multicolore si osservava uno sventolio di drappi rossi e verdi: quelli
di Rifondazione Comunista e dei Verdi...

La manifestazione - gli organizzatori l'avevano chiarito sin dal
principio - era aperta a tutti gli schieramenti politici. Il 10 novembre
2001, sempre a Roma, ebbe luogo una manifestazione organizzata dal
centro-destra, ma anch'essa aperta a tutte le forze politiche, nella
quale si voleva esprimere pubblicamente dopo l'11 settembre, un forte
"no" al terrorismo e, conseguentemente, solidarietà nei confronti di
tutte le vittime dell'estremismo e del fanatismo, come quelle di New
York, Washington e dell'aereo caduto in Pennsylvania, di appena un mese
prima: eppure lì di bandiere di Rifondazione o dei Verdi nemmeno l'ombra...

Tornando al 15 febbraio, di fatto quella è stata una giornata di forte
ispirazione ideologico-politica con la quale, unitamente alla lettura di
un testo del sub-comandante Marcos (ma come? Un leader di un movimento
armato in un corteo contro le armi?) da parte della madre di Carlo
Giuliani (il ragazzo talmente pacifista da partecipare ad un momento di
vera e propria guerriglia a Genova durante le manifestazioni anti-G8),
si è ampiamente dimostrato come dietro ai tanti "no alla guerra senza se
e senza ma" e alla radice delle tante bandiere multicolore vi sia in
realtà una serie di gruppi profondamente schierati politicamente,
talmente faziosi da coprirsi gli occhi di fronte ai crimini comunisti
(tant'è che la falce e il martello sono ancora presenti nelle loro
manifestazioni) e non di certo troppo pacifici.