[Lecce-sf] SPAZI E MOVIMENTI

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SPAZI E MOVIMENTI
Vogliamo partire da un interrogativo: qual'è il ruolo degli spazi sociali
nel panorama estremamente composito ed eterogeneo delle reti del movimento
dei movimenti?
Oggi è importante porsi questo quesito soprattutto qui in Puglia, quale
snodo fondamentale di tutta una serie di questioni: le frontiere, la sanità,
il lavoro/non lavoro, i migranti, per citare innanzitutto quelle su cui si è
tentato di costruire percorsi.
Abbiamo esigenza di avere spazi, come laboratori sociali aperti, dove
sperimentare cioè, forme d'aggregazione svincolate dagli imperativi
commerciali del profitto ad ogni costo e rispondenti viceversa ai bisogni
immediati;
abbiamo esigenza di sperimentare la solidarietà diretta, come quando abbiamo
ospitato persone senza permesso di soggiorno, o profughi dalla Sierra Leone,
od un ex-partigiano kurdo di nazionalità iraniana, con la sua famiglia; o
come quando ci si oppone alla prigionia immotivata o al rimpatrio forzato di
un "extracomunitario" che noi chiameremo migrante, poichè già il concetto di
extra contiene in nuce la lontananza e dunque la contrapposizione a qualcosa
che viene da fuori, da lontano, che è altro.
Ma, fuori da quale comunità, definita da quali confini? Quelli che non
esistono quando a viaggiare sono le merci e che all'improvviso ricompaiono
quando ad attraversarli sono gli esseri umani?
Pensiamo a chi, per scelta o per condizione, è costretto a migrare o chi per
attivismo politico, viene preventivamente fermato od arrestato.
E' lo stato d'eccezione permanente, che in maniera sempre più marcata, trova
il suo dispiegarsi sull'intero territorio globale, nei confronti di quei
soggetti o di quelle sacche di resistenza che dissentono e che si oppongono
nei fatti alla selvaggia globalizzazione economica.
L'ultimo esempio è costituito dagli arresti di Copenaghen.
Se da un lato infatti, l'integrazione europea, trova la sua attuazione nei
vari trattati internazionali, da Maastricht a Schengen, facendo ricorso
nell'immaginario comune a chissà quale panacea delle libertà, con tutta la
retorica sulla dissoluzione delle barriere e dei confini, dall'altro invece,
quando viene messa in discussione la legittimità e la rispondenza di quei
trattati e di quegli organi alle istanze reali delle popolazioni, o al
centro delle contestazioni ci sono le politiche dei governi, viene innalzato
una sorta di reticolo protettivo, ecco quindi che ritorna il confine,
finalizzato al controllo e alla repressione del dissenso, con l'utilizzo
delle varie polizie nazionali.
E questo in maniera sempre più forte dopo il crollo delle torri gemelle.
Bisogna muoversi infatti con estrema attenzione anche nel comunicare le
proprie posizioni, le nostre idee alla gente, onde evitare la semplicistica
e strumentale categorizzazione: o Bush o Bin Laden.
Noi rifiutiamo tale logica poichè rifiutiamo il fatto che il mondo si possa
governare con azioni di polizia internazionale da una parte o con la
minaccia del terrore dall'altra, funzionali entrambi alla tenuta di un
ordine globale così conformato.
Il tentativo da parte del potere e dei suoi media appare a noi chiaro:
rendere in qualche modo riconducibile ogni movimento d'opposizione sociale
alla sovversione, all'eversione o peggio ancora al terrorismo inter e
nazionale, per poterlo reprimere con pieni poteri e piena legittimità.
Siamo abituati a dire, sulla base di constatazioni concrete, che le
contraddizioni che esplodono sul piano globale, sono quasi sempre
riconducibili e legate a filo doppio, alle contraddizioni che incontriamo
quotidianamente nei nostri territori, sul piano locale; è questa ancora una
volta la chiave di lettura che lega gli arresti di Copenaghen, così come
tutti gli arresti, perquisizioni e denunce in Italia nell'ultimo periodo,
agli avvisi di garanzia a otto militanti del centro sociale.
Non è affatto casuale infatti, che siano giunti proprio in questo momento
degli avvisi di garanzia per l'occupazione (di cinque anni e mezzo fà) del
Coppolarossa, e questo perchè oltretutto la Puglia ha reagito agli arresti,
con una qualità della mobilitazione dei singoli e delle strutture;
perchè la Puglia ha risposto ad una legge razzista come la Bossi-Fini ed
alla logica dei cpt, o più in generale dei luoghi di detenzione per
migranti, e dei suoi falsi preti, i quali vengono finanziati per mantenere
dei veri e propri lager; con un'operazione di smascheramento, abbiamo acceso
i riflettori su una questione troppo spesso sottaciuta e gestita con
imbarazzo, a cominciare dai vertici del centro sinistra che di fatto hanno
spianato la strada alla Bossi-Fini.

Il centro sociale Coppolarossa quindi, da un punto di vista concreto, come
snodo fondamentale per la costruzione di reti di lavoro e mobilitazione, e
per dar vita a relazioni e pratiche che vanno a sostanziare quello che da
tempo abbiamo imparato a chiamare "un altro mondo possibile".
Abbiamo scelto la disobbedienza, come risposta immediata alla sottrazione di
diritti, alle imposizioni che non tengono conto dei nostri bisogni, perchè
ad un livello collettivo, la disobbedienza può essere lo strumento per
forgiare il futuro nel quale vogliamo vivere; non abbiamo verità rivelate,
nè vogliamo averle, ma sperimentiamo giorno per giorno la maniera di
insistere sul territorio e di costruire radicamento e ci confrontiamo volta
per volta con le contraddizioni, con le esigenze, coi limiti oggettivi e con
le difficoltà.
Portiamo con noi tutto ciò che abbiamo avuto modo di esperire e di osservare
quest'estate, quando l'autunno caldo cominciava ad agosto, per parafrasare
il comunicato del campeggio no global che ci attestava solidarietà, e
unitamente all'esperienza dei cinque anni precedenti, abbiamo avviato la
creazione del laboratorio della disobbedienza in Puglia, consapevoli che
solo mettendoci in gioco a partire dai nostri corpi, potremo ottenere uno
spostamento in avanti rispetto alla rivendicazione dei diritti ed alla loro
conquista, nuovi diritti per una nuova società, diritti globali per quella
sempre più conformata come società globale.
Disudbidienti è la risposta della Puglia, disobbedienti del Sud, perchè
abbiamo dei sogni da realizzare e dei bisogni da soddisfare, esigenze
concrete da cui partire.

Lo scorso agosto, un'insubordinazione popolare ha bloccato un comizio del
governatore Fitto a Terlizzi, a dimostrazione che il piano di riordino
ospedaliero era la gente comune a non volerlo, non i no global, o non solo.
Come si può pensare di spiegare alla gente perchè sia giusto chiudere gli
ospedali?
Sempre lo scorso agosto, abbiamo occupato il comune di Adelfia per forzare
le istituzioni a dare una risposta concreta rispetto alla vertenza del
Coppolarossa, rispetto all'esigenza di spazi.
Come si fa a dire a dei giovani: "Crescete senza cinema, senza musica, senza
teatro, davanti alla solitudine omologata della vostra playstation?"
Sarà utile ricordare anche il lavoro di rete interterritoriale con le realtà
leccesi di movimento, posto in essere in occasione del summit dei paesi IAI
a Lecce, e la manifestazione a San Foca, e non per la manifestazione in sè,
che ha riprodotto il classico corteo più o meno partecipato, ma soprattutto
per gli effetti prodotti a causa della nostra presenza lì.
Ebbene, questo è il quadro in cui ci muoviamo oggi in Puglia, ed a partire
da questo vogliamo costruire.
Noi non siamo nè codici a barre, nè macchine da lavoro, pronte ad attivarsi,
quando ci prospettano l'ennesimo contratto a termine o l'ennesimo lavoretto,
magari non ufficiale.
Ci vorrebbero soli, divisi, chiusi e immobili ognuno nella propria
individualità, ma siamo milioni di uomini e di donne, che si interrogano,
che si relazionano, che si mettono in marcia.

C.S.O.A. COPPOLAROSSA

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