[Lecce-sf] spazi e movimenti

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21 dicembre 2002


SPAZI E MOVIMENTI

Già dalle giornate di Napoli e Genova del 2001 si è andata delineando una
strategia di governo che si fa ormai sempre più evidente: di fronte alle
crescenti domande di trasformazione sociale la sola risposta è la
proclamazione dello stato d'eccezione.
Stiamo assistendo alla chiusura degli spazi sociali già esistenti e alla
negazione di ogni spazio di libertà e di differenza. Tornano pericolosamente
di attualità, invece, spazi di detenzione e internamento per speciali
categorie di persone.
Quello imperante è un "modello detentivo" che riduce questioni e istanze
sociali a questioni di ordine pubblico, un modello che pensa di poter
contenere le lotte sociali, generate anche dall'estinzione del welfare, con
la creazione di uno "stato penale".
Il controllo cui siamo sottoposti è pervasivo. E' il controllo sottile e
nascosto delle conversazioni telefoniche, delle e-mail, dei siti e dei media
di movimento, delle abitazioni e delle auto private, ma è anche la
segregazione fisica di chi è stigamtizzato come deviante. Si spiega così il
ricorso a: centri di detenzione speciale per migranti (veri lager di stato);
carcere per il cittadino dissidente; manicomio per il soggetto bollato come
"incapace" e interdetto per questo alla vita sociale; case-chiuse e speciali
trattamenti sanitari obbligatori per le persone dedite alla prostituzione;
comunità terapeutiche per chiunque faccia uso di qualche droga, leggera o
pesante, tutti ridotti a tossicodipendenti da curare. E così via, in un
allargamento senza limiti e senza previsioni, perché senza limiti e
possibilità di previsione sono il dissenso e le scelte di vita che non
rientrano nella norma della produzione in atto.

L'uso strumentale della frontiera segna il periodo che stiamo vivendo:
frontiera esterna per separare i nazionali dai non-nazionali e i regolari
dai clandestini; frontiera interna per separare i soggetti produttivi da
quelli ritenuti non-produttivi, i bravi cittadini dai cattivi, i sani dagli
anormali.
L'accordo di Schenghen si è rivelato una trappola sempre in agguato,
svelando la logica europea, comune alla destra come alla sinistra, per cui
le frontiere vengono sospese o ripristinate in base a chi le vuole
attraversare. Ne sono stati chiari esempi: i controlli e i blocchi alle
frontiere in occasione delle manifestazioni a Nizza, Genova, Firenze tra il
2000 e il 2002; l'uso della custodia preventiva attuata a Copenhagen nei
confronti di alcune decine di compagn@ del movimento e conclusasi con
l'espulsione degli stessi dalla Danimarca.
A noi appare chiara l'applicazione di un'unica logica che accomuna nazionali
e migranti: la custodia preventiva e il trattamento riservato ai migranti
sono la stessa cosa, una forma di detenzione in assenza di reato e in attesa
di espulsione. Questa logica è tutta interna a uno stato permanente di
eccezione, in cui siamo tutti sottoposti a disciplinamento e tutti privabili
di diritti e di libertà, non appena si contesti l'esistente. Quando diciamo
che "siamo tutti clandestini" e che "siamo tutti sovversivi" vogliamo dire
questo: che tutti possiamo divenirlo, per decisione del potere in qualsiasi
momento. E quando reclamiamo un reddito di esistenza universale e
incondizionato per tutti lo facciamo perché siamo consapevoli che questo
sistema ci sfrutta e ci mette in produzione tutti, in ogni istante della
nostra vita.
Noi pensiamo che non ci siano troppe differenze tra gli operai messi in
cassa integrazione, quelli avvelenati dal lavoro in fabbrica e non
riconosciuti nemmeno nel loro diritto alla salute, i migranti senza diritti
e senza documenti, i cosiddetti "malati di mente" internati e costretti alla
camicia di forza, i disoccupati e i precari che un lavoro con delle garanzie
non lo avranno forse mai. Non c'è differenza perché tutti siamo ridotti a
corpi da sfruttare.
Noi sappiamo bene che tutto ciò traccia una modulazione differente del
sistema mondiale della dominazione: si dà alla CIA licenza di uccidere in
ogni parte del mondo in nome della lotta al terrorismo; si usano le
frontiere della fortezza europa per impedire il libero movimento delle
persone; si utilizzano il carcere e il regime d'isolamento per l'impegno
civile e il movimento.
Il governo e la magistratura italiani ci acusano di essere fuori dalla
legalità e usano tutti gli strumenti possibili: reato di sovversione per i
leaders del movimento (dall'autorganizzazione alla disobbedienza, dal
sindacalismo di base ai forum sociali); reati di teppismo e di devastazione
per singoli manifestanti pescati a caso nel mucchio; reato di
compartecipazione psichica per colpire potenzialmente chiunque fosse
semplicemente in piazza a Genova; interrogazioni parlamentari e accuse di
destabilizzazione delle istituzioni per chi ha denunciato nel duomo di Lecce
la vergogna dei lager di stato per migranti, ancora più evidente quando la
loro gestione è nelle mani della chiesa; reati di terrorismo per i soliti
anarco-insurrezionalisti, ma potenzialmente e di fatto per tutto il
movimento.
Il potere tenta di screditarci, vuole ridurre il dissenso sociale e politico
su un piano esclusivamente giuridico perché più difficile da difendere. Si
spiegano così l'abuso del reato di associazione sovversiva (art. 270); la
preoccupante comparsa e concentrazione di numerosi pacchi-bomba, che
autorizza Pisanu a chiedere più attenzione per il terrorismo in agguato; la
comparsa sulla stampa locale di un dossier dei ROS su eversione e
criminalità a Bari. Persino di fronte a un atto esplicitamente politico come
l'autodenuncia per associazione sovversiva compare un solerte giudice che
risponde indagando su 150 persone che insieme hanno solo sottoscritto una
campagna politica, ma che probabilmente non si conoscono nemmeno tra di
loro.
La chiusura degli spazi di contestazione e di agibilità politica per il
movimento mediante l'instaurazione dello stato di eccezione permanente non
sarà in grado di fermare la potenza delle moltitudine.
Continueremo a vivere diversamente dalle norme dominanti, ad incontrare
pratiche ed esperienze anche lontane dalle nostre, a parlare nelle pubbliche
assemblee, a renderci invisibili e impercettibili rispetto a tutti i
dispositivi di controllo che incontriamo ogni giorno, a gridare la vergogna
per ogni forma di inferiorizzazione di determinate categorie di persone, a
lottare contro l'uso del carcere e del terrorismo per cercare di fermare i
movimenti, a incontrarci a partire e al di là delle nostre differenze.


SABATO 21 DICEMBRE 2002 al c.s.o.a. COPPOLAROSSA- Adelfia (Ba) s.p. 42 via
casamassima

Ore 18.00 - Assemblea Pubblica sul tema: "SPAZI E MOVIMENTI", interverranno

Francesco CARUSO-Disobbedienti

avv.Stefano PALMISANO-Giuristi Democratici

Pasquale MARTINO-segretario regionale P.R.C.

Giuseppe DE MARZO-ecologista Verdi


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