Autore: Emiliano Bussolo Data: Oggetto: [Cerchio] san escrivà- da le monde diplom.
LA CANONIZZAZIONE DEL FONDATORE DELL'OPUS DEI
La milizia virile di un santo fascista
Juan Goytisolo
Negli ultimi sei anni, in Spagna, dopo la vittoria del Partito popolare di José Maria Aznar, l'Opus Dei, una sorta di massoneria cattolica fondata nel 1928 da Mons. José Maria Escrivá de Balaguer (1), a poco a poco si è ripresa il potere. Molti militanti dell'Opus Dei sono tornati a occupare importanti cariche nelle imprese e nel governo.
Il che spiega il rinnovato interesse suscitato dalla divulgazione del Rapporto confidenziale sull'Organizzazione segreta dell'Opus Dei, redatto nel 1943 dalla Falange (partito fascista spagnolo), allora impegnata contro Mons. Escrivá de Balaguer in un'accanita lotta di potere all'interno della dittatura franchista. In tale rapporto, Escrivá è descritto come un «maldicente», dalla vita poco raccomandabile, dalle «parole e atti pieni di secondi fini», e di una «devozione ostentata e lacrimosa, per nulla naturale, con atteggiamenti leziosi e forzati». Tali accuse non hanno per nulla ostacolato la folgorante ascesa di Mons. Escrivá, prima sul piano mondano (il fondatore dell'Opus Dei, «modesto» accumulatore di decorazioni e di onori, aveva ottenuto dall'amico generale Franco un titolo nobiliare: marchese di Peralta), e poi celeste, beatificazione nel 1982 e, consacrazione suprema, l'ascesa agli onori degli altari il 6 ottobre scorso.
Il lettore curioso della vita del nuovo santo Escrivá troverà in alcune opere (2) e nelle agiografie curate dall'Opus Dei abbondanti testimonianze delle sue gesta. Noi disponiamo di tracce non meno rivelatrici del personaggio grazie alle sequenze filmate di alcune sue apparizioni in Cadillac nera, in atteggiamenti pieni di grazia.
Ma la mia interpretazione personale, in Foutricomédie, delle massime della sua opera principale, Cammino - tradotta in oltre quaranta lingue - getta una nuova luce sui fantasmi sessuali di Escrivá. Il fondatore dell'Opus Dei era indubbiamente, come avrebbe detto Rabelais, «della tempra di cui sono fatti i santi». L'opera principale del fondatore dell'Opus Dei, Cammino, fu scritta durante la guerra civile spagnola (1936-1939) e rappresenta un elogio dello spirito fascista e del dittatore Franco. In uno dei rari incisi autobiografici del libro, l'autore rievoca i momenti di «nobile e gioioso cameratismo» con gli ufficiali franchisti, in cui aveva sentito la canzone di un «giovane sottotenente dai bei baffi bruni» che recitava questa preghiera: «Di cuori divisi /io non voglio saperne; / se do il mio / lo do completamente» [Massima 145]. Il libro riflette il fervore franchista dell'epoca («La guerra è il massimo ostacolo che si innalzi sul cammino facile. Tuttavia, dovremo amarla,!
come il religioso ama i suoi discepoli» [311]) e, naturalmente, la fervida esaltazione del caudillo Franco («Lasciarti andare? Tu? ... faresti dunque parte del gregge? Tu sei nato per essere caudillo» [16]. «Caudillos! ... Virilizza la tua volontà perché Dio faccia di te un caudillo».
[833]. Grazie al «fervore patriottico» [905] nella lotta contro «il voltairianesimo in parrucca incipriata o i liberalismi desueti del XIX secolo» [849], «la Spagna tornerà all'antica grandezza dei suoi santi, dei suoi saggi e dei suoi eroi» (introduzione datata 19 marzo 1939).
Ma se questi aspetti di Cammino e molti altri, come la sua alta considerazione per il ruolo della donna nella società cristiana («Le donne non hanno bisogno di essere sapienti, basta che siano cancellate» [946]), hanno fatto l'oggetto di esegesi da parte degli specialisti di Escrivá, devo deplorare invece l'assenza di quella che si potrebbe chiamare una lettura della «libidine testuale» di Cammino, di questa santa sessualità illustrata nella massima 28: «Mentre il mangiare è un'esigenza dell'individuo, il procreare è soltanto un'esigenza della specie, a cui i singoli individui possono sfuggire». Come vedremo poi, «i singoli individui» che «evitano» la procreazione, da persone assennate possono trovare in Cammino alcune massime molto appetitose e sentirsi confortati nei loro desideri e nelle loro sante aspirazioni sessuali.
Il fondatore dell'Opus Dei tiene in grande considerazione il vigore della virilità, e non fa mistero del suo disprezzo per chi ne è sprovvisto, definendolo «dolce e tenero come le meringhe». Citiamo qualche esempio: «Abbandona questi gesti e questi modi frivoli e puerili. Sii virile» [3]; «Sii forte. Sii virile. Sii uomo» [22]; «Non essere puerile» [49]; «Non essere molle, indolente» [193]; «Non ti vergogni di essere così poco virile, perfino nei tuoi difetti?» [50].
Il vigore auspicato da Escrivá abbraccia tutti gli aspetti della vita spirituale e affettiva. «Chi ti ha detto che non era virile fare le novene?» [574]. La preghiera, sottolinea a più riprese, deve essere «vigorosa e virile» [691], e quindi le lacrime di coloro che entrano nella milizia saranno anch'esse «ardenti e virili» [216].
Per questo è opportuno proporsi un modello di comportamento che non presti il fianco alla minima critica; «Se non sei virile e ... normale - osserva definendo il tipo di vita consigliato - , non sarai un apostolo, bensì la sua ridicola caricatura» [877]. E sottolinea di conseguenza: «Essere fanciullo, non vuol dire essere effemminato» [888].
Nonostante queste esortazioni alla saggezza, ci troviamo su una china pericolosa. «Perché queste errate presupposizioni sul tuo conto ti addolorano?» [45], chiede Escrivá al suo lettore. «Le effusioni di tenerezza» di quest'ultimo e il sentimento che il Signore ha infuso nel virile petto di coloro che aspirano a seguire la Via devono essere rivolti a Cristo. E, da persona consapevole della santità che predica, Escrivá gli mormora all'orecchio: «Non è forse vero che aprendo uno dei chiavistelli del tuo cuore - e hai bisogno di sette chiavistelli - una piccola nuvola di dubbio ha oscurato più di una volta il tuo orizzonte soprannaturale...? Allora, tormentato, nonostante la purezza delle tue intenzioni, ti sei chiesto: non mi sono spinto troppo oltre, nelle manifestazioni esteriori del mio affetto?» [161]. Poiché si tratta di una congregazione in cui vige una rigida separazione dei sessi, non è difficile intuire chi sia il destinatario di queste effusioni. Ma le inquietudini che!
attendono al varco «singoli individui» accolti nella milizia virile dell'Opus Dei saranno infine sconfitte dalla «santa sfrontatezza». Poiché «una cosa è la santa sfrontatezza, e un'altra, ben diversa, l'impudenza laica» [388].
Il lettore assennato, soprattutto se è «avvezzo alla lettura dei tantra indù», godrà come me delle «effusioni improvvise ed esaltanti» che procurano le massime di Mons. Escrivá. Benché la sua prosa sia disperatamente povera e spesso pedestre, e il pensiero che trasmette incredibilmente banale (ci troviamo a mille anni luce di distanza da San Giovanni della Croce e Santa Teresa d'Avila), segue un percorso stuzzicante, se ci atteniamo ai numerosissimi passaggi in cui riaffiora l'inconscio sessuale dell'autore.
Non occorre uno specialista di Freud per apprezzare le metafore che si ripetono continuamente in Cammino: «Virilizza la tua Volontà: che con la grazia di Dio sia come uno sperone d'acciaio» [615], «Braccio di ferro potente, avvolto in una guaina di velluto» [397], «Questo filo saldamente intrecciato che può sollevare pesi immensi» [480] o ancora «Non dimenticare che tutto quello che è grande, sulla terra, all'inizio era piccolo» [821], e via dicendo.
Il Padre redarguisce dolcemente il discepolo: «Che povero strumento sei?» [477] e lo esorta ad agire con conoscenza e padronanza di sé.
«Grande o piccolo, delicato o grossolano... sii uno strumento [...] Il tuo dovere è quello di essere uno strumento» [484]. E mette in guardia con fermezza: «Non si possono lasciare arrugginire gli strumenti» [486].
I consigli del nuovo santo offrono a ogni passo una deliziosa lettura tantrica. «Perché vuoi costruire senza direttore spirituale il palazzo della sua santificazione?» [60], chiede al discepolo. «Daremo, tu ed io, daremo tutto, senza risparmio» [468]. Lo sperone d'acciaio si addestrerà così alla amorosa consuetudine di «"assalire" i tabernacoli» [876].
Ma le vie che portano alla santità non sono tutte cosparse di rose: «Una puntura. Un'altra e un'altra ancora. Sopportale. Sei così piccolo, non dimenticarlo, che nella tua vita - lungo il tuo breve cammino - puoi offrire soltanto queste piccole croci» [885]. La fatica primordiale di lasciare un «deposito», già prescritta fin dalla prima massima del libro, consentirà di «far sgorgare» l'antifona del catecumeno, come un «fiume ampio e tranquillo» [145]. «Ecco una devozione forte e feconda!» [556], esclama. E il seme, oh bontà divina, «debitamente innaffiato, germinerà e darà frutti saporiti» [119].
La persona iniziata ai misteri che portano alla grazia deve sopportare le prove con virile fermezza. «Fa male, non è vero? Certamente! Proprio per questo ci si è occupati di te» [158]. Ma la ricompensa non tarderà: «E ben presto la sofferenza diventerà pace di gioia» [256]. «C'è di che cantare a voce spiegata, diceva un'anima colma d'amore, alla vista delle meraviglie che il Signore operava per il suo ministero» [524].
Con ogni evidenza, Cammino autorizza altre chiavi di lettura, oltre la mia. Il devoto protagonista della mia Foutricomédie applica alla lettera l'ammonimento: «Non essere cieco o stordito al punto di non penetrare con lo spirito in ogni Tabernacolo, allorché scorgi le mura o i campanili delle dimore del Signore» [269].
Nel momento in cui tanti preti cattolici sono accusati di pedofilia e di altre «virili» dissolutezze, la santificazione di Mons. Escrivá può incoraggiare molte di queste anime tormentate a pregare «con la bramosia del bambino per i dolciumi, quando ha bevuto una medicina amara» [889]. Verosimilmente, le massime di Mons. Escrivá hanno loro apportato una sorta di lubrificante e di guida efficace sul loro cammino cosparso di rose e di spine. Per questo motivo - secondo la proposta delle Suore del Perpetuo Soccorso glorificate nella mia Foutricomédie - il 6 ottobre 2002 festeggeranno con gioia l'ascesa di Mons. Escrivá de Balaguer nelle più alte sfere celesti.
note:
*Scrittore spagnolo. Ha appena pubblicato in Francia Foutricomédie (Seuil, Parigi, 2002), versione spregiudicata e rabelesiana della vita di Mons. Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei.
(1) Si legga François Normand, «L'Opus Dei, arme secrète du pape», e Michel Arseneault, «Les nouvelles légions du Vatican», Manière de voir, «L'offensive des religions», n° 48, novembre-dicembre 1999; Jésus Infante, «La resurrezione dell'Opus Dei in Spagna», Le Monde diplomatique/il manifesto, luglio 1996.
(2) Numerosi libri hanno messo in luce le virtù e la vita prodigiosa del fondatore dell'Opus Dei: ricordiamo quelli di Daniel Artigues, di Jesús Infante e, soprattutto, quello di Luis Carandell. (Traduzione di R. I.)