[Cerchio] fly & drive

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Author: Boccadorata
Date:  
Subject: [Cerchio] fly & drive
nel leggere la tua risposta mi è tornato in mente che tempo fa (aprile
scorso) avevo inviato a Cerchio un brano della Arendt di cui ti ripropongo
l'ultima parte in cui secondo me è ben delineata la differenza che c'è tra
l'azione anche violenta di un singolo e la potente azione collettiva, a
proposito della tua diffidenza rispetto ad una qualsiasi pratica collettiva
di liberazione.
Non so perchè consideri qualsiasi azione collettiva come necessarimente
riformista.
Evidentemente io non sono abbastanza brava a spiegare ciò che penso ovvero
che il percorso di rivolta individuale è l'unico possibile ma otterrà
risultati solo laddove saprà essere praticato collettivamente.
Questo determina la grande differenza tra il nichilismo e la rivoluzione.
Ti prego quindi se ne hai voglia di rileggere questa parte del brano della
Arendt che segue:


"Ma quello che oggi è il momento cruciale del corente pregiudizio nei
confronti della politica, e cioè la fuga nell'impotenza, il disperato
desiderio di essere esentati dalla facoltà di agire, all'epoca era ancora
pregiudizio e privilegio di un ceto ristretto, convinto, come Lord Acton,
che il potere corrompa e il possesso del potere assoluto corrompa in modo
assoluto. Nessuno meglio di Nietzsche, nel suo tentativo di riabilitare il
potere, si è reso chiaramente conto che tale condanna del potere doveva
corrispondere in pieno ai desideri ancora inarticolati delle masse; per
quanto anche lui, fedele allo spirito del tempo, confondesse o meglio
identificasse il potere, che un singolo non può mai avere poiché nasce solo
dal comune agire di molti, con la violenza, di cui il singolo può senz'altro
impossessarsi."

ciao

gilda


----- Original Message -----
From: "Leonid Ilijc Brezhnev" <brezhnev@???>
To: <cerchio@???>
Sent: Thursday, October 10, 2002 10:29 AM
Subject: Re: [Cerchio] fly & drive



> >è una domanda che non ha una risposta : come si fa a dire perchè non si
>sono
> >ancora fatte le cose che non si sono fatte?
> >Anche perchè - e penso che lo condividerai - la rivoluzione non si può

fare
> >da soli essendo un evento storico da costruire collettivamente.
>
>o da portare avanti con atteggiamenti, comportamenti, rifiuti quotidiani e
>isolati,"drop out" dicevano negli anni sessanta?
>lo chiedo, non lo so.
>
>g:
>che siano i comportamenti individuali alla base di qualsiasi cosa va da sè
>in quanto i comportamenti di massa normalmente appartengono più alla
>psicopatologia che all'azione umana propriamente detta.
>Ciò che conta quindi è che le azioni e i gesti individuali possano

federarsi
>con un progetto comune.


LIB:
ni. per come la vedo io "federarsi" significherebbe per molti delegare,
ancora una volta.
solo attraverso un percorso personale di rifiuto si può arrivare da qualche
parte, ciò non toglie che si possano rifiutare le stesse cose, ma il
"progetto comune" mi sa ancora una volta di social forum, tute bianche,
protagonismi... ovunque ci sia la "federazione" si intravvede il potere;
ecco che esce il piccolo leader, ecco che spunta il riformismo.
un movimento di massa è impensabile, in questi termini.
l'unica possibilità, a mio avviso, è quella di seminare consapevolezza con
parole e gesti in modo che, chi vuole, raccolga e, ancora se vuole, faccia
proprio un modo di agire, o, meglio, ne inventi di nuovi. radicalmente.

> >Magari potrei raccontarti come affronto la mia vita minuto per minuto e
> >quali cose mi esaltano e dove mi sento carente oppure potrei dirti della
> >frustrazione che provo quando interi settori della vita pubblica appaiono
> >inconsapevoli e ingenui davanti alla storia
>
>di certo sarebbe interessante.
>
>g:
>anche se non certo breve.....


LIB:
almeno si parlerebbe un po' di cose concrete, di vita.
spesso è il convitato di pietra in queste discussioni...


> >Per rimanere nel qui e ora, come sai, oggi gli operai di Termini Imerese
> >hanno occupato la fabbrica e l'intero paese è con loro nella protesta per
> >l'ingiusta sorte che gli tocca. Potrebbero decidere di chiudere i

rapporti
> >con lo stato e trasformare la fabbrica in un orto collettivo, vendere

tutte
> >le attrezzature e sequestrare poliziotti e preti finchè non arrivano

tutti
>i
> >soldi di Agnelli che prima li ha messi al lavoro e adesso li molla nella
> >merda.
> >Invece probabilmente chiederanno un miracolo impossibile e cioè che il
> >governo li iscriva tra gli aventi diritti a un sussidio finchè verranno
> >dimenticati e dovranno prendere il treno per la Svizzera o passare dalla
> >parte della mafia. Tanto le macchine non le compra più nessuno.
> >Qualcuno di loro potrà barcamenarsi, qualcun altro chiedere nuove leggi.
> >Certamente alcuni decideranno di darsi al crimine più o meno organizzato.
> >Insomma voglio dire che se mancherà la fiducia in sè stessi come
> >collettività che decide di costituirsi come rivoluzionaria contro lo

stato
>e
> >fuori dall'economia non si potrà neppure cominciare a delineare un nuovo
> >modello di mondo.
>
>non credo che al momento ci sia una consapevolezza così diffusa della
>propria condizione. non so davvero quante persone possano concepire un
>rifiuto così radicale come quello che tu ipotizzi.
>anche posti di fronte all'evidenza non scelgono di unirsi contro
>l'oppressore comune, perchè non lo percepiscono come tale.
>parlando per me: capire che stato, polizia, ecc. fossero nocivi è stato
>frutto di un processo di studio e di apprendimento durato e costato tempo,
>quanti operai della fiat hanno avuto gli stessi mezzi e e hanno seguito gli
>stessi percorsi?
>trasformare la fabbrica in orto, dici tu. bello.
>ma non credo possa più nascere (purtroppo) come idea spontanea, tali e
>tanti sono i processi "denaturalizzanti" ai quali si è sottoposti
>giornalmente. serve educazione.
>la reazione "spontanea" è ormai "andiamo dai sindacati". contro ogni
>evidenza, lo ammetto.
>ma è così.
>
>g:
>la spontaneità e l'innocenza, come diceva Vaneigem nel "Trattato" si
>conquistano e si costruiscono non sono certo già disponibili soprattutto in
>presenza dell'alienazione odierna.


LIB:
è quello che, nel mio piccolo, ho detto anch'io.
uscire dall'alienazione è la chiave, non si può pretendere che, saltati
tutti i passaggi, ogni operaio passi dalla fresa all'utopia libertaria.

>E' come se tutti vivessimo "sotto copertura" come agenti segreti schiavi di
>un dominio che non ci appartiene per niente ma ci attraversa profondamente
>anche nel fisico. Le reazioni tipo "andiamo al sindacato" sono più risposte
>pavloviane che azioni umane spontanee


LIB:
ancora d'accordo.
nell'universo del cane di pavlov, costituito forse da una gabbia, una mano
che da' il cibo e un campanello, la reazione "pavloviana" è quella più
naturale. è necessario che dall'esterno venga introdotto un elemento di
rottura che permetta al cane una percezione più completa del suo stato e
che lo porti, infine, a riconoscere quella cazzo di mano come il nemico e a
morderla.

>Sono d'accordo con te che la presa di coscienza del dominio e della
>dannosità delle istituzioni costa tempo e fatica. Questa fatica però può
>essere alleviata dal fatto che certi percorsi possono essere condivisi.


LIB:
condivisi. boh.
credo di più nell'esempio, nell'esperienza. se ci fosse stato un compare
degli operai che fatta una scelta radicale si fosse messo a vivere di pesca
sulla spiaggia di termoli, magari gli altri avrebbero pensato all'orto.
semplifico da pazzi, ma credo che il filo conduttore si possa seguire
comunque.

è anche per questo che dico che mi piacerebbe conoscere esperienze di vita,
oltre che le società ideali di questo o quel filosofo.

>Condividere i percorsi di presa di coscienza permette anche di costruire

una
>rete di relazioni adeguata laddove ci siano le condizioni oggettive per far
>accadere qualcosa.
>Quindi ne approfitto per dire al dolce Karletto (che tanto non può tirarsi
>indietro e dire che si è stufato perchè non gli credo - smack) che anche se
>si ripetono le stesse cose non importa se a farlo sono persone diverse in
>tempi diversi. Appunto essendo un percorso individuale tutti sono
>indispensabili.
>Bisogna anche capire che facendolo si prendono anche dei rischi. E per

primo
>il rischio di restare orfani delle istituzioni, delle leggi, dei

preconcetti
>e delle regole già scritte. Perlomeno finchè non saremo in grado di creare
>equilibri nuovi.
>
>
>
> >Questo nuovo mondo per quanto già presente nell'immaginario individuale

di
> >tutti gli appassionati della rivoluzione non può essere attuato che nella
> >pratica collettiva.


LIB:
perchè collettiva? è questo il punto debole della faccenda.
la chiave è la pratica rivoltosa.
se c'è la collettività, ben venga, altrimenti è lo stesso.

se si vuole mettere l'accento sull'individuo sganciato da ruoli e
gerarchie, allora si deve riconoscere all'individuo stesso, nella sua
singolarità, la potenzialità di rivolta.
tutto quello che è collettivo mi puzza un bel po' di riformismo, di
padella, di brace.

> >Questa pratica comincia dalla critica e del completo rifiuto di ogni

potere
> >separato (e quindi di ogni istituzione)


LIB:
comincia se mai dalla non accettazione, da ogni piccolo rifiuto.
la pratica luddista mi sembra una forma di rivolta estremamente dannosa per
il sistema, perchè è spontanea, nasce dalla stanchezza, dalla noia, dal
rifiuto, e non è collettiva nel senso di organizzata. rifiuta in una volta
lo sfruttamento dei padroni e l'incasellamento rivoluzionario. non è poco.




buona giornata di merdra

per cancellarsi dalla lista, andare su
https://www.inventati.org/mailman/listinfo/cerchio