Trovo la tua analisi estremamente veritiera. Della guerra ci siamo pratic=
amente
dimenticati, io per primo. Sabato scorso il Perugia Social Forum ha organ=
izzato
una giornata di dibattiti a Rocca Paolina per lanciare un'agenda di temi
da sviluppare e un approccio possibile per affrontarli; tutto =E8 andato =
bene,
c'=E8 stata buona partecipazione, molti interventi; tutto tranne un picco=
lo
particolare: della guerra non si =E8 affatto parlato, non l'avevamo messa=
neanche in scaletta. E cos=EC =E8 successo nell'assemblea di luned=EC e n=
ella
riunione dei gruppi di lavoro di mercoled=EC, quando abbiamo cercato di i=
ndividuare
alcune azioni concrete che portassero avanti quello che si era iniziato
a Rocca Paolina: niente si =E8 detto e previsto sulla questione "guerra".=
Porter=F2 il tuo documento luned=EC in assemblea e far=F2 di tutto perch=E9=
si decida
che questa dovr=E0 essere la prima questione sulla quale impegnarsi. Marc=
o
-- Messaggio originale --
>LA CRISI DEL MOVIMENTO ANTIGLOBALIZZAZIONE
>LE RAGIONI DELLA CRISI, UNA PROPOSTA PER USCIRNE
>
>
>
>------------------------------------------------------------------------=
----
>----
>novembre 2001, REDS
>
>
>
>A pochi mesi dalla sua nascita, il movimento antiglobalizzazione =E8 gi=E0=
in
>crisi. Ben pochi hanno voglia di dirlo apertamente, tali e tante erano
le
>attese che animavano tutti noi sino a due mesi fa. Le cose, per=F2, vann=
o
>chiamate col loro nome.
>
>La crisi
>
>I segnali della crisi sono piuttosto evidenti. Tra agosto e inizio sette=
mbre
>sono sorti una novantina di social forum locali. La crescita =E8 stata
>impetuosa e qualche volta non del tutto spontanea (vedi il nostro artico=
lo
>Social forum: quello che non va), ma era comunque significativa di una
certa
>urgenza di mettersi insieme a prescindere dalle diversit=E0, di "mettere=
a
>frutto" sul piano organizzativo l'esperienza collettiva rappresentata da=
>Genova.
>
>Oggi assistiamo ad un calo verticale della partecipazione ai social foru=
m
>delle grandi citt=E0. L'entusiasmo che animava i singoli militanti ha su=
bito
>un brusco ridimensionamento. Il movimento nel suo complesso e le sue sin=
gole
>componenti dedicano gran parte delle proprie riunioni a parlare di se
>stessi: regole, funzioni, compiti, gruppi di lavoro, ruolo dei portavoce=
,
>con annesse interminabili riunioni di mediazione tra le varie componenti=
>sulle parole e le virgole di questo o quel comunicato, ecc. Cos=EC =E8 a=
ndata
>l'assemblea di Firenze dei social forum del 20 e 21, ma in fondo cos=EC =
sono
>andate anche le assemblee regionali della Rete Lilliput (dove al centro
>c'era il dibattito sui rapporti con il movimento). Quando i movimenti so=
no
>in salute non discutono di s=E9 (del chi si =E8 e del cosa si vuol fare)=
, ma
>"fanno".
>
>Cominciamo a trovare cos=EC sempre pi=F9 persone che sono deluse dei soc=
ial
>forum ("parlano solo e non si conclude niente"), ed altre, pi=F9 schiera=
te
>con
>una determinata componente, che addossano la responsabilit=E0 a tutte le=
>altre: il militante dell'area cobas che trova insopportabili i disobbedi=
enti
>e quelli di Lilliput, quello di Lilliput che incolpa l'"area del PRC" se=
nza
>fare tante distinzioni tra componenti, quello di Rifondazione che ce l'h=
a
>coi "cattolici" perch=E9 non "politicizzano" il movimento, ecc. Il risul=
tato
>=E8
>che assistiamo ad un ritorno alla dimensione locale e di componente. In
>poche parole, delusi dalle forme "generali" di organizzazione del movime=
nto,
>la massa dei militanti "ritorna" alle aggregazioni di origine (partito,
>sindacato, associazione) o alla dimensione pi=F9 "piccola" (il quartiere=
,
il
>paese, ecc.). I social forum, cos=EC, si trasformano in intergruppi, are=
ne
>dove si scontrano le numerossissime leadership che la frammentazione deg=
li
>anni novanta ha prodotto. Siamo ad un passo dalla dissoluzione: l'unico
>motivo infatti per cui queste leadership trovano interessante stare in
>ambiti "larghi" =E8 proprio la presenza di una "massa" da poter influenz=
are,
>ma se questa sparisce, stiamo pur certi che in breve avremo spaccature,
>defezioni, e fughe anche da parte dei suddetti piccoli ceti dirigenti.
I
>social forum cio=E8, rischiano di diventare una sigla, gusci vuoti. E, i=
n
vari
>luoghi, gi=E0 in parte lo sono.
>
>Le ragioni della crisi
>
>Le ragioni di questa crisi sono "oggettive" e "soggettive".
>
>La ragione oggettiva =E8, ovviamente, l'11 settembre. Gli attentati hann=
o
>influito in maniera assolutamente negativa sul movimento. Ci=F2 =E8 avve=
nuto
>in
>primo luogo perch=E9 il movimento antiglobalizzazione godeva di una larg=
a
>simpatia di massa dopo i fatti di Genova, una simpatia sentita da tutti
come
>qualcosa di confortante, una sorta di "calore" che aiutava nel prendere
>qualsiasi genere di iniziativa. Dopo l'11 settembre e lo scatenarsi dell=
a
>"guerra di civilt=E0" (vedi la nostra lettura degli avvenimenti in Il di=
lemma
>dei forti e La crociata infinita), questa simpatia si =E8 ridimensionata=
.
In
>qualche misura il mondo occidentale e i suoi disvalori, che erano stati
>messi in discussione dal movimento antiglobalizzazione, erano stati colp=
iti
>ma in maniera diametralmente opposta ai nostri metodi e alle nostre sper=
anze
>(cio=E9 col terrorismo), producendo a livello di massa una reazione dife=
nsiva
>tribale, etnica, e rendendo dunque difficoltosa la circolazione del disc=
orso
>antiglobalizzazione.
>
>In secondo luogo la natura complessa del fondamentalismo islamico e
>l'oggettiva difficolt=E0 a comprendere nel profondo la natura della guer=
ra
>in
>corso, hanno reso impotenti sul piano interpretativo l'intero movimento,=
>che
>ha lasciato passare senza fiatare misure vergognose come la nuova legge
>sull'immigrazione o l'ondata repressiva che si =E8 scatenata sugli islam=
ici.
>Tutti ormai erano abituati a considerare il dominio dell'Occidente sul
mondo
>dall'angolo visuale del consumo critico, delle manipolazioni genetiche,
>dell'imperio del logo, ma non dal lato suo pi=F9 crudo: quello della gue=
rra.
>Cos=EC un movimento che si definisce nonviolento, non =E8 stato in grado=
di
>praticare un'opposizione sistematica contro la pi=F9 efferrata forma di
>violenza: quella della guerra dei potenti.
>
>Le ragioni soggettive sono presto dette (ne avevamo parlato in Social fo=
rum:
>quello che non va). Le assemblee dei social forum, compresa quella nazio=
nale
>di Firenze, sono assemblee dove la nuova militanza che si =E8 formata, o=
>ritrovata, durante e dopo Genova non ha alcuna voce in capitolo. Gli ann=
i
>novanta hanno dato vita a tanti ceti politici dirigenti frammentanti e
in
>guerra tra loro. Centri sociali, piccoli sindacati, opposizioni sindacal=
i,
>piccole organizzazioni politiche, correnti interne al prc, grandi
>associazioni, hanno prodotto gruppi dirigenti abituati a far politica in=
>maniera minoritaria: la loro "arena di combattimento" sino all'altro gio=
rno
>sono state le lotte di corrente interne al PRC e ai DS, quelle interne
al
>sindacato, tra le diverse piccole componenti del sindacalismo di base,
>quelle interne alle istituzioni, oppure di partnership con le istituzion=
i
>per favorire "progetti", ecc. Sono gruppi che hanno contato sempre su un=
>piccolo numero di militanti, alle cui iniziative aderivano settori di ma=
ssa
>molto limitati ("sempre i soliti"), abituati a fare tutto per conto prop=
rio
>senza relazionarsi con "altri". Questi gruppi dirigenti si sono ritrovat=
i
>insieme, assai malvolentieri, spinti dal basso e dagli eventi, a gestire=
>un
>movimento che era di massa, e non hanno superato questa prova assai
>difficile. Hanno portato dentro questo movimento, assetato di un nuovo
modo
>di far politica, tutti i loro vecchissimi modi di far politica: il
>leaderismo esasperato, le furbizie dei giochi di corridoio per far passa=
re
>dietro le quinte le mediazioni tra gruppi dirigenti a prescindere dalla
>volont=E0 della base, il maschilismo, il presenzialismo che trasforma mo=
lte
>assemblee di social forum in una intollerabile passerella di interventi
>prolissi e superflui, l'ansia di egemonia, l'inconcludenza, la subaltern=
it=E0
>verso i mass media, ecc. ecc. Il tutto =E8 aggravato dalla pesante cappa=
di
>ipocrisia che avvolge questi evidenti limiti. Tutti, ad esempio, sono a
>parole per l'orizzontalit=E0, ma si guardano bene dal dare gambe concret=
e
a
>questa esigenza: in alcune citt=E0 ristretti gruppi mantengono il monopo=
lio
>dei "contatti" (indirizzi, nomi, e-mail), le presidenze e le relazioni
>iniziali sono patrimonio di ristrette cerchie, ecc. Tutti sono contro il=
>leaderismo a parole, poi nei fatti a parlare ai giornali sono sempre gli=
>stessi. E via dicendo. Il movimento antiglobalizzazione ha espresso una
>nuova generazione di attivisti: non solo giovani, ma anche adulti che er=
ano
>stati ai margini negli anni novanta e che ora trovavano nuove motivazion=
i.
>Ma i vecchi, piccoli, furbissimi gruppi dirigenti hanno rapidamente, coi=
>loro modi, rotto le scatole a tutti. A Firenze chi ha deciso (o non deci=
so)
>non erano certo i 90 social forum locali, ma i capi delle varie correnti=
>che
>dietro le quinte hanno cercato le loro mediazioni, senza, tra l'altro,
>nemmeno riuscire in questo intento.
>
>Che fare?
>
>Il segno pi=F9 evidente della fragilit=E0 di questo movimento, in tutte =
le
sue
>componenti, =E8 costituito dall'atteggiamento verso la guerra. Battersi =
contro
>la guerra oggi significa anche porsi contro il "senso comune" di buona
parte
>della popolazione, stare dalla parte degli immigrati islamici significa
>scontare una buona dose di impopolarit=E0. Abbiamo notato per=F2 con gra=
nde
>amarezza la completa latitanza nel contrastare il clima di linciaggio ve=
rso
>la comunit=E0 islamica da parte di un movimento che si proclama nonviole=
nto,
>ma non ha fatto nulla di significativo contro quella forma di violenza
>abominevole; cos=EC i vari pezzi del sindacalismo di base non hanno trov=
ato
>di
>meglio che proclamare scioperi generali, nelle categorie dove sono pi=F9=
>forti, in date diverse, senza mettersi d'accordo per uno sciopero unitar=
io
>contro la guerra che avrebbe trovato l'adesione anche di pezzi significa=
tivi
>della cgil. Abbiamo l'impressione che nel movimento prevalga una sorta
di
>tacita speranza che questa guerra finisca alla svelta e tutto ritorni co=
me
>prima dell'11 settembre, quando si poteva con grande tranquillit=E0
>prendersela con multinazionali cos=EC lontane. Invece, compagni e amici,=
>questa =E8 la globalizzazione: =E8 il dominio sanguinario del mondo da p=
arte
>di
>una "civilt=E0" su tutte le altre, una civilt=E0 della quale facciamo pa=
rte,
>e
>contro la quale dobbiamo lottare se non vogliamo passare agli occhi del
>resto del mondo come complici.
>
>La guerra contro l'Afghanistan =E8 parte della guerra contro i Paesi isl=
amici,
>che a sua volta =E8 parte della guerra che dura da 500 anni contro il Su=
d
del
>mondo. Ogni componente del movimento pu=F2 dare il suo utilissimo e spec=
ifico
>contributo per far cessare questa guerra (e contemporaneamente lottare
>contro il fascismo talebano, ad esempio sostenendo gruppi che da anni si=
>battono contro di essi, come RAWA), non ci si deve dividere sui mezzi di=
>questa lotta: le componenti sindacali (cobas, cub, rdb, slai, unicobas,
usi,
>rsu cgil e altri) possono accordarsi tra loro per uno sciopero generale
che
>vada al di l=E0 dei meschini calcoli di sigla, le associazioni della Ret=
e
>Lilliput possono mettere le proprie capacit=E0 di sensibilizzazione dal =
basso
>al servizio della lotta contro il pregiudizio religioso ed etnico, l'are=
a
>dei disobbedienti, che ha un maggiore radicamento giovanile, potrebbe
>utilizzarlo per far crescere nelle scuole e nelle universit=E0 una cosci=
enza
>antiguerra di civilt=E0 e far divenire i centri sociali isole di incontr=
o
tra
>arabi e italiani, ecc. In una situazione di rapporti deteriorati non sti=
amo
>pensando a un qualche salvifico ripensamento di un qualche gruppo dirige=
nte:
>ma ognuno di noi, in qualsiasi gruppo o componente sia inserito, pu=F2
>spingere perch=E9 il proprio gruppo assuma la lotta contro la guerra com=
e
il
>tema centrale della propria iniziativa. La riunificazione del movimento
pu=F2
>partire dal basso se, nella diversit=E0 e variet=E0 delle iniziative, ci=
si
>batte tutti insieme per far cessare questa guerra. E i segnali di questa=
>opposizione devono essere chiari, evidenti, leggibili non solo in Italia=
,
>ma
>in tutto il mondo: solo cos=EC possiamo contribuire anche a sconfiggere =
la
>corrente politica del fondamentalismo islamico, che altrimenti rischia,
>nutrito della nostra indifferenza, di far proseliti anche tra gli immigr=
ati.
>Certo, in questa lotta non vi =E8 alcun dubbio che ci scontreremo contro=
il
>governo Berlusconi: =E8 il governo della guerra, =E8 il governo dello sc=
ontro
>di
>civilt=E0, ed =E8 per questo che non possiamo fare a meno dell'unit=E0 p=
reziosa
>che abbiamo costruito a Genova. A Firenze i nostri dirigenti non sono
>riusciti a mantenerla. Come singoli militanti per=F2 possiamo influenzar=
e
i
>singoli gruppi nei quali militiamo per spingerli a priorizzare il no all=
a
>guerra e la solidariet=E0 verso gli immigrati.
>
>Abbiamo l'impressione che la crisi del movimento antiglobalizzazione sia=
>passeggera: non assistiamo a massicci ritorni a casa, non c'=E8 disimpeg=
no
>dall'attivit=E0, ma la ripresa non =E8 scontata. Di fronte all'enorme co=
mpito
>che ci si =E8 parato inaspettatamente davanti, la lotta contro lo scontr=
o
di
>civilt=E0, la lotta contro la guerra, anche nel momento in cui schegge d=
el
>Sud
>del mondo colpiscono pure noi, e la nostra tranquilla vita quotidiana,
il
>movimento si =E8 come rattrappito e fermato, incerto, confuso, esitante.=
>Eppure le liti interne ai gruppi dirigenti del movimento, mentre la nott=
e
>dell'Afghanistan =E8 illuminata dalle bombe che cadono su tutti fuorch=E9=
sui
>talebani, hanno un qualche cosa di osceno e immorale. Se non abbiamo la
>forza etica, prima ancora che politica, di assumere la lotta contro la
>guerra della "nostra" civilt=E0, come compito centrale per tutti noi, qu=
esto
>movimento non =E8 degno di esistere, =E8 solo la piccola rivolta di picc=
oli,
>sazi, insoddisfatti omini bianchi.
>
>
>
>
>
>
>l'unica lotta che si perde e' quella che si abbandona.
>(madri di plaza de mayo)
>
>
>
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