[Hackmeeting] grande la confusione sotto il cielo

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Author: ebisenzi@yandex
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To: hackmeeting
Subject: [Hackmeeting] grande la confusione sotto il cielo
grande la confusione sotto il cielo ed io, personalmente, rispondo in
maniera emozionata e, come diceva Captain Swing un tempo, con 'poche
idee ma ben confuse'

eppure il prossimo hackit si svolgera' mentre si sentono echi di guerre
vere all'orizzonte e l'inizio di un conflitto mondiale potrebbe
concretizzarsi tramite un digital divide di proporzioni immani

ecco perche' fra uno 'spago' e una 'bira' mi piacerebbe sapere durante
l'hackit cosa pensano su questo i miei fratellini e le mie sorelline
piu' giovani e proprio per questo dalla mente piu' lucida e il cuore
piu' saldo (si spera)

in ogni caso auspico che non ci si rinchiuda in confronti tecnici - nel
caso fini a se stessi - ma il tutto si svolga con un orecchio attento a
questi echi che vengono da lontano anche se ci fanno schifo o paura...

ferry sotto mentite spoglie che invita alla lettura di:

<http://www.scenaridigitali.info/2019/05/23/il-caso-huawei-fra-terzo-os-e-disruption-della-supply-chain-e-letica-hacker/>

Il caso Huawei (fra terzo OS e disruption della supply chain) e l’Etica
Hacker

La grande fuga da Huawei è iniziata. Dopo Google, è stata una reazione a
catena, come era prevedibile: anche Vodafone (EE e presto altri
operatori mobili), Microsoft (che cesserà il supporto ai laptop del
vendor cinese), il chipmaker britannico ARM, la giapponese Panasonic,
l’elenco è destinato ad allungarsi. Huawei è come l’Iran: radioattivo.
Chi tocca i fili, muore.

Il caso Huawei è però tutt’altro che semplice e riporta all’ordine del
giorno temi di fondamentale importanza, che riemergono come certi fiumi
carsici: la necessità, oserei dire l’urgenza, di un terzo OS (questa
volta, senza se e senza ma, Free Software, sotto licenza GNU/Linux
perché “Open non è Free”, come si diceva un tempo, quando si discuteva
dell’ambiguità dell’etichetta Open Source e si misurava l’Openness di
Google: ecco ora tocchiamo con mano la sua presunta “apertura”, solo
sfiorata, o no?) e il senso della disruption nella supply chain che vale
11 miliardi di dollari. E ancora non voglio mettere le mani avanti
parlando di biforcazione di Internet e di fine dell’universalità del Web
come oggi lo conosciamo, perché questo è un tema geo-politico che
richiederà grandissima attenzione nelle prossime settimane, ma merita un
capitolo ad hoc.

Il terzo OS non è un tema più rimandabile nel Mobile. Di Android sui
dispositivi Huawei restano utilizzabili solo le funzioni e gli strumenti
della piattaforma open source: l’azienda cinese potrebbe lanciare già in
autunno il sistema operativo Hongmen.

La terza piattaforma. Ci hanno provato in tanti a scalfire il duopolio
Google Android e Apple iOS: dal libero Firefox OS di Mozilla al
proprietario Windows Phone di Microsoft, tanto per citare i flop più
recenti e clamorosi, dopo la fine ingloriosa di Blackberry (ridotto al
lumicino), di Palm OS (sembra di parlare dell’epoca giurassica), ma non
vogliamo andare troppo indietro con la macchina del tempo perché
svelerei solo la mia età, ed essendo una signora (seppure dall’approccio
Punk/CyberHacktivist!), non sta bene.

A parlare di una terza opzione, di una terza via, sembra di fare un
tuffo nel passato. Prendiamo Google che ha chiamato a raccolta tutti i
nerd dal cuore puro e di buona volontà per blindare il sacro Android
dalle grinfie di CyanogenMod… Ora abbiamo visto a cosa serve l’Open
Source quando non è Software Libero: a dare il benservito ai vendor non
allineati, a chi vuoi gettare nei gironi danteschi degli Inferi, a dire:
Tu entri, invece, no tu no!

Open non è Free è il titolo di un libro del collettivo Ippolita da
rileggere subito. Sembra solo una questione di sfumature, quando si
parla di software libero (free software) e software (a sorgente) aperto
(open source), ma in realtà cambia tutto: ora tocchiamo con mano quanto
la differenza fra Open e Free sia profonda, radicale, paradigmatica.

L’etica hacker, le cui pratiche di condivisione e cooperazione hanno
fatto scuola, cerca da sempre di elaborare nuove vie di fuga, insistendo
sulla forza delle comunità e sulla responsabilità delle scelte
individuali, deve tornare ai suoi principi originari. I profeti
dell’Open Source hanno sempre posto enfasi sull’aspetto utilitaristico,
mettendo in secondo (e terzo) piano quello etico, messo nell’angolo in
quanto ideologico. Invece l’hacker Richard Stallman, fondatore della
Free Software Foundation nel 1985, ha sempre messo l’accento
sull’aspetto etico, a partire dal concetto di libertà.

La libertà. Quella che non può essere sacrificata sull’altare della
Guerra dei dazi del Presidente Trump o dei profitti di Google. La
libertà degli investimenti: Huawei ha fornitori (di chip eccetera) in
una supply chain che vale 11 miliardi di dollari; nel quartier generale
di Shenzen il colosso cinese usa Windows Azure, il cloud di Microsoft,
l’azienda che ora non vuole più supportare neanche i notebook targati
Huawei. Il bando dell’amministrazione di Trump dovrebbe imporre anche lo
standby dei contratti per l’utilizzo dei server e dei datacenter
americani, con un impatto sulla disponibilità dei servizi digitali
dell’azienda cinese. Microsoft sta tornando in auge in Borsa, grazie al
successo nel cloud: la sospensione dei servizi di Huawei potrebbe
intaccare anche i suoi ricavi. Nella globalizzazione i rapporti sono
intrecciati, come minimo sono rapporti biunivoci: colpisci uno e il
boomerang ti torna indietro.

La soluzione? Può arrivare dall’Etica Hacker, condivisione e cooperazione.

Mirella Castigli (@CastigliMirella) e Ferry Byte

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