Israele prosegue nella politica di espulsione dei volontari internazionali.
Da buono Stato rispettoso dei diritti umani, neppure permette agli imputati
di comprendere quanto viene loro imputato, ne' consente loro di difendersi.
Del resto non dobbiamo dimenticare che, nonostante l'ottimo maquillage che
Israele applica alla sua immagine internazionale, si tratta di uno stato su
base razziale (stato ebraico per gli Ebrei) che non ha mai rispettato alcuna
risoluzione internazionale, sia in materia di diritto internazionale che in
tema di controllo degli armamenti (si tratta di una potenza nucleare che mai
ha aperto i suoi siti atomici agli ispettori ONU).
Tace, naturalmente, la Sinistra per Israele....
Walter
-----Messaggio originale-----
Inviato: venerdì 30 dicembre 2005 15.46
A: presidio
Oggetto: [presidio] Espulsi i tre pacifisti
Espulsi e deportati i tre attivisti internazionali (di nazionalità italiana,
australiana e sudafricana) fermati e arrestati all'aeroporto di Tel Aviv il
20 dicembre scorso dove erano giunti per recarsi a Betlemme e partecipare ad
una conferenza sulla nonviolenza.
[PALESTINA/ISRAELE: Natale in carcere per tre volontari internazionali fra
cui un italiano
http://italy.indymedia.org/news/2005/12/953932.php ]
Comunicato stampa del 28 dicembre 2005
http://scritticorsari.iobloggo.com/archive.php?eid=63
CONFERMATA LESPULSIONE PER I TRE PACIFISTI FERMATI A TEL AVIV
Gli otto giorni di prigionia per i tre volontari pacifisti fermati
allaeroporto di Tel Aviv, si sono conclusi stamattina con la deportazione
dei tre allalba. Il volontario italiano Vittorio Arrigoni, 30 residente a
Bulciago (LC), è stato imbarcato sul volo per Praga dove aveva fatto scalo
con il volo di andata e dove dovrà cercare un altro volo per Milano.
Ieri i tre volontari sono stati ammanettati e trasportati in tribunale dove
hanno potuto assistere allatteso giudizio sul decreto di espulsione.
Lintero procedimento si è svolto in lingua ebraica senza la possibilità di
avere in aula un traduttore ed il documento consegnato dal giudice con le
motivazioni della sentenza è stato redatto anchesso soltanto in ebraico. Si
è trattato di procedimento amministrativo senza possibilità di
contraddittorio in cui la corte distrettuale di Tel Aviv, presieduta dal
giudice Mudrik, ha respinto la richiesta di annullamento del decreto di
espulsione presentata dallavvocato di parte, prolungando fino alle ore 16
di oggi la sospensione del decreto stesso, per permettere ai volontari di
decidere se presentare appello alla Suprema Corte. I tre pacifisti si sono
consultati con lavvocato Gaby Lasky per il ricorso in appello, consapevoli
del fatto che una scelta in questa direzione avrebbe prolungato anche i
tempi di prigionia.
Ludienza si è svolta a porte aperte, era presente lambasciata italiana
nella persona del Console Andrea De Felip e la RAI con un inviato italiano.
Vittorio Arrigoni ha rilasciato unintervista alla televisione commentando
le due motivazioni principali della sentenza. Il tribunale ha infatti
motivato sulla base delle informazioni fornite dai servizi segreti
internazionali (specificando anche quelli italiani) secondo i quali due
volontari pacifisti farebbero parte di gruppi radicali anarchici e tutti e
tre i volontari avrebbero partecipato a manifestazioni violente nello stato
di Israele. Vittorio Arrigoni ha sostenuto di non appartenere né in Italia
né altrove a nessun gruppo anarchico radicale e di non aver partecipato né
organizzato manifestazioni violente nello stato di Israele. Arrigoni
sottolinea di essere un volontario pacifista di non aver mai usato durante
il suo operato né armi né accessori militari. Ha inoltre dichiarato alla
televisione che era sua intenzione partecipare alla conferenza sulla pace
iniziata proprio oggi a Betlemme, una conferenza la cui finalità di pace è
rivolta sia alla Palestina che Israele, senza schieramenti di parte.
Vittorio Arrigoni si augura che lo Stato di Israele elimini questa
discriminazione verso lingresso di attivisti pacifisti e che i governi
internazionali nei rapporti diplomatici spostino lattenzione più sul
problema del rispetto dei diritti umani che non sulle strategie militari da
adottare.