[Hackmeeting] Call for Paper - e-privacy XXXVI@Bari - 22 e 2…

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著者: Marco A. Calamari
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To: Hackmeeting
題目: [Hackmeeting] Call for Paper - e-privacy XXXVI@Bari - 22 e 23 maggio 2025
Call for Paper - e-privacy XXXVI@Bari - 22 e 23 maggio 2025

"La vita è tutto un dossier"

"Avere come obiettivo solo una riduzione del danno alla privacy sembra
ormai l’unica strada percorribile per gli individui. Ma è davvero
possibile ottenerlo?"

E' aperto il CfP per la prossima edizione di e-privacy.

Per inviare una proposta di relazione, usare questo form

https://e-privacy.winstonsmith.org/e-privacy-XXXVI-proposta.html

-- Il tema di questa edizione

La raccolta di dati in dossier non è una novità dell‘era moderna.
Storicamente in Europa i dati relativi ai passaggi fondamentali della
vita di un individuo, ovvero nascita, matrimonio, morte, iniziarono ad
essere raccolti in modo sistematico a partire dal Concilio di Trento,
che si chiuse nel 1563.

L'atto di battesimo era anche la prova della propria esistenza come
cittadino, tanto che gli appartenenti ai culti non cattolici chiesero
a gran voce che questi registri fossero gestiti dallo Stato e non
dalla Chiesa, per essere parte della società civile. 

Nacque così l'ufficio dello Stato Civile, ma nacquero così anche i
primi dossier, poiché, nel bene e nel male, l'individuo non era più
un'entità che esiste per dato di fatto, ma aveva una sua dignità
giuridica.

A inizio '900 si introdusse l'anagrafe, che registrava, oltre ai
componenti della famiglia, anche il "foglio di casa", primo nucleo del
catasto urbano. Si aggiunsero poi i registri di vaccinazione, i dati
del casellario penale, le cartelle cliniche, i titoli di studio...

Tutti dati importanti, come importanti sono i dati privati relativi ai
conti bancari, alla carriera lavorativa, alle attività di hobbistica e
volontariato, ma si trattava di dati sparsi, per cui ogni volta che
serviva un’informazione occorreva andare presso l'Ente e chiedere di
frugare nei faldoni per averne una copia.

Oggi si tende, come nel caso dell'ANPR - anagrafe nazionale della
popolazione residente, a raggruppare tutti i dati di una persona in un
unico luogo virtuale, accessibile da qualunque parte del mondo.

Ma, nell‘era digitale, il cittadino è anche attivo nel web: in un
articolo pubblicato su "BigThink" nel maggio 2012 l‘autore Mark Cheney
si poneva già il quesito di quanto il cittadino od il consumatore
fosse a conoscenza del contenuto del suo dossier digitale. L‘autore
rifletteva sulla vita nel web, dove si accumulano dati sulle abitudini
e sugli interessi della vita online di ognuno.

Oggigiorno moltissimi hanno letteralmente l'intera vita professionale
e privata immersa nei dati digitali. Se poi non hanno più accesso a
tali dati sono letteralmente nei guai, anche solo nel recuperare copie
delle fatture emesse, perché la vita digitale "reale" prosegue, anche
indipendentemente dall‘accesso o meno ai propri fascicoli digitali.

Tuttavia i dossier digitali hanno dei lati oscuri, ossia chi utilizza
i dossier: coloro che vengono in mente sono gli esperti degli uffici
delle risorse umane di imprese, che verificano se sul web vi siano
delle informazioni relative ad un candidato tali da renderlo inadatto
a ricoprire una determinata posizione lavorativa. O peggio ancora
informazioni delicate, nelle mani sbagliate, possono portare a ricatti
digitali oppure alla possibilità di rintracciare dissidenti.

Poco si parla dei rischi meno evidenti connessi ai dossier digitali:
accessi illegittimi, raggruppamento di tutti i dati di una persona in
un unico posto.

I dossier in genere - e quelli digitali in particolare - possono
essere comodi, ma certamente non sono innocui.

Ed in tale contesto, il GDPR è ancora uno strumento efficace, in grado
di ridurre il danno alla privacy?

O è solo una chimera inseguita dagli addetti ai lavori?