[nuovopci] Di che tipo di partito comunista c’è bisogno per …

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Autor: Delegazione del (nuovo)PCI
Data:  
Dla: Npci Inter
Temat: [nuovopci] Di che tipo di partito comunista c’è bisogno per instaurare il socialismo?
         [1]
(nuovo)Partito comunista italiano

    Comitato Centrale
                        Sito: www.nuovopci.it [2]
                        e.mail: nuovopci@???


    Delegazione
    BP3  4, rue Lénine   93451 L'Île St Denis (Francia)
                        e.mail: delegazione.npci@???


    Facebook: Nuovo - Partito comunista italiano 


_ [3] _

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_Avviso ai naviganti__ _144

15 agosto 2024

_[Scaricate il testo del comunicato in Open Office [4] / Word [5]]_

Per far rinascere il movimento comunista bisogna correggere gli errori e
superare i limiti del passato!

Di che tipo di partito comunista c'è bisogno per instaurare il
socialismo?

La questione decisiva della rivoluzione socialista in Italia, e la cosa
vale per tutti i paesi imperialisti, è il partito comunista: la sua
composizione, la formazione e selezione dei suoi membri, il suo modo di
funzionare, il ruolo che svolge tra la classe operaia e il resto delle
masse popolari e contro la borghesia imperialista e le classi sue
alleate. È la lezione che tiriamo dal marxismo, dalla scienza della
società borghese che questa dottrina contiene, dall'esperienza di quasi
due secoli di movimento operaio e di movimento comunista, in particolare
dall'esperienza della prima ondata mondiale delle rivoluzioni proletarie
(1917-1976): decenni di storia che comprendono la sua ascesa a partire
dalla vittoria dell'Ottobre 1917 in Russia e sintetizzata negli
insegnamenti dei suoi massimi dirigenti, ossia Lenin, Stalin e Mao
Tse-tung. Se consideriamo il Movimento Comunista Cosciente e Organizzato
(MCCO) italiano, alcuni degli organismi che lo compongono sono convinti
sostenitori della tesi che la questione decisiva della rivoluzione
socialista in Italia è il partito comunista: Partito Comunista Italiano
(PCI), Movimento per la Rinascita Comunista (MpRC), Fronte Comunista -
Fronte della Gioventù Comunista (FC-FGC), Resistenza Popolare (RP),
Costituente Comunista (CC), Forum Italiano dei Comunisti (FIC), Partito
Comunista (PC) e altri. Ma quando si tratta di che tipo di partito è
necessario, ognuno di essi porta avanti una concezione del partito che,
seppure con qualche differenza, si basa principalmente su ciò che era e
come funzionava il primo PCI che ha fallito proprio nel suo compito
principale: instaurare il socialismo. Il primo PCI è stato sì anche il
partito di Gramsci (1923-1926), delle _Tesi di Lione_ (1926), della
lunga resistenza al fascismo nella clandestinità (1926-1943) e della
guerra di liberazione dal nazifascismo, la Resistenza (1943-1945). Ma è
poi stato il partito che nel 1947 si è lasciato cacciare dal governo e
si è via via integrato nel sistema di potere instaurato in Italia da
Vaticano, imperialisti USA, associazioni padronali e organizzazioni
criminali combinati tra loro; è diventato il partito di Palmiro
Togliatti e della partecipazione alle elezioni e alle lotte della
democrazia borghese come suo orizzonte politico, per finire con
Berlinguer e la cricca che alzò la bandiera bianca agli imperialisti
USA-NATO.

Se vogliamo seriamente affrontare il problema del tipo di partito di cui
c'è bisogno per fare la rivoluzione socialista in un paese imperialista,
non è sufficiente rifarsi ai dogmi e ai fasti del passato (il "partito
leninista" come concetto astratto vale poco, al pari di quanto vale
affermare di voler costruire un "partito comunista grande e forte"). Al
contrario c'è bisogno di partire dall'analisi concreta della situazione
concreta: bisogna definire chiaramente 1. il contesto in cui i comunisti
operano, ossia le caratteristiche del regime politico vigente nei paesi
imperialisti e quindi per noi in Italia e 2. le caratteristiche che il
partito comunista deve avere per condurre alla vittoria la rivoluzione
socialista in tale contesto.

Oggi per i comunisti che si propongono di instaurare il socialismo in
Italia è di fondamentale importanza comprendere la reale natura del
regime politico borghese vigente nel nostro paese: instaurare il
socialismo vuol dire infatti instaurare il potere delle masse popolari
organizzate con alla testa il partito comunista (dittatura del
proletariato) al posto dell'attuale sistema di potere della borghesia
(dittatura della borghesia). La democrazia è un articolo di fede
proclamato dalla borghesia dei paesi imperialisti da quando nel 1945 è
fallito il suo tentativo di stroncare la prima ondata mondiale della
rivoluzione proletaria con l'aggressione nazifascista dell'Unione
Sovietica. Ma la stessa borghesia è costretta, tanto più quanto più
avanza la seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di
capitale [6], a violare le sue stesse leggi "democratiche" e forzare il
suo stesso regime per imporre le proprie decisioni alle masse popolari e
per sopravvivere nonostante la guerra tra bande che la attanaglia. In
realtà, dalla fine della II Guerra Mondiale, i vertici della neonata
Repubblica Pontificia [7] alla scuola degli imperialisti USA hanno via
via messo in piedi in Italia un regime di controrivoluzione preventiva
[8]. Quando parliamo di regime di controrivoluzione preventiva
indichiamo un insieme di misure, procedimenti, istituti e istituzioni
messe in opera dalla classe dominante nei paesi imperialisti a partire
dagli USA all'inizio del secolo XX con la creazione della FBI (Federal
Bureau of Investigation) e poi adottate con varianti nazionali dalle
classi dominanti di altri paesi imperialisti, in particolare in Europa
dopo la II Guerra Mondiale (1939-1945). In Italia (come, con sfumature
diverse, negli altri paesi imperialisti) la democrazia attualmente
consiste nel fatto che i gruppi finanziari e industriali italiani e
stranieri e gli altri vertici della Repubblica Pontificia, sottomessi
alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti
e UE, restano vincolati a governare il paese con l'assenso di assemblee
elettive e che queste sono sistematicamente il risultato della
manipolazione dell'opinione pubblica da parte della borghesia e del
clero. Questo per la borghesia e il clero comporta non solo la necessità
di manipolare sistematicamente l'opinione pubblica, ma anche escludere
la massa della popolazione dalla conoscenza dello stato delle cose e
dagli strumenti necessari per pensare e conoscere. Un regime che oggi si
regge in particolar modo su due pilastri principali: l'intossicazione
delle menti e dei cuori delle masse popolari con una serie di iniziative
e misure atte a promuovere ignoranza e diversione dalla lotta di classe
da un lato (promozione di programmi televisivi intellettualmente
degradanti, diffusione di massa dell'uso di tecnologie alienanti,
disgregazione sociale, impoverimento della scuola pubblica,
abbrutimento, terrorismo mediatico, disinformazione, ecc.); dall'altro
lato la repressione dei comunisti, delle avanguardie di lotta e il
restringimento degli spazi di agibilità politica, combinato con sistemi
di spionaggio di massa (tracciare il profilo di ogni individuo tramite
social network, controllo dei contenuti diffusi su internet e censura,
videosorveglianza, ecc.).

Il regime di controrivoluzione preventiva ha come scopo principale
togliere alle masse popolari la fiducia in se stesse e distoglierle
dalla lotta rivoluzionaria: chi tra gli esponenti del MCCO italiano
sostiene che è possibile promuovere una politica rivoluzionaria anche se
si è controllati a vista dalle autorità della borghesia, o è un
imbroglione oppure si trascina dietro una concezione legalitaria della
lotta di classe che il MCCO italiano eredita dal primo PCI.
Nell'articolo _Il partito comunista deve essere clandestino!_ [9]_
_pubblicato su _La Voce_ 68 (luglio 2021) abbiamo affermato che
l'ingrediente principale di questa concezione _consiste nel delimitare
l'azione del Partito e dei comunisti all'intervento negli spazi che il
regime _(di controrivoluzione preventiva!, ndr) _concede ai suoi
oppositori. Oggi tra quelli che si dichiarano fautori della rinascita
del movimento comunista questa concezione si esprime principalmente in
tre forme grosso modo coerenti con le tre tare del movimento comunista
dei paesi imperialisti._

_1. Gli elettoralisti: coloro che circoscrivono l'azione del partito
comunista all'agitazione e propaganda da condurre sui media, attraverso
la partecipazione a campagne elettorali e ad assemblee elettive. Sono
gli interpreti più fedeli del verbo legalitario del primo PCI e vedono
nella riedizione della sua esperienza il viatico alla rinascita del
movimento comunista._

_2. Gli economicisti: coloro che circoscrivono l'azione del partito
comunista al ruolo di organizzatore delle masse nella lotta sindacale e
rivendicativa. Tra questi troviamo spesso individui generosi nel
dedicarsi alla lotta al fianco di quelli che organizzano e anche
individui che non hanno remore nel violare le leggi della borghesia.
Essi concepiscono la rivoluzione socialista come un evento che prima o
poi scoppierà per effetto di un processo di accumulazione di lotte
spontanee sempre più radicali, coordinate, combattive._

_3. I ribelli: sono gli orfani del militarismo che rievocano le gesta
passate delle Organizzazioni Comuniste Combattenti degli anni '70
_(contro la "strategia della tensione" messa in opera dalla borghesia,
ndr)_. Concepiscono l'attività del partito comunista alla stregua di
quella di un'avanguardia votata all'azione diretta, che con le proprie
azioni darebbe l'esempio ed ecciterebbe le masse a lottare in forme via
via più combattive e "militanti"._

_Oggi tra i fautori di questi tre modi di concepire il movimento
comunista e la sua rinascita troviamo molti sinceri oppositori del
regime della Repubblica Pontificia e individualmente onesti sostenitori
degli interessi della classe operaia e delle masse popolari. In ciascuno
di questi ambienti si esprimono la volontà e l'aspirazione a superare la
concezione legalitaria del primo PCI ma in essa restano comunque
intrappolati perché rassegnat__i _(al fatto)_ che più che partecipare
alle elezioni, fare sindacalismo o inscenare atti di ribellione non è
possibile fare._

Che oggi si possa promuovere la rivoluzione socialista nei paesi
imperialisti lottando ma stando alle regole imposte dalla classe
dominante tramite il suo regime, è una illusione frutto del pregiudizio
che fin dal secondo dopoguerra borghesia, Chiesa Cattolica e i loro
padrini USA hanno cercato di far prevalere nel senso comune delle masse
popolari tramite il sistema di manipolazione da essi alimentato:
considerare democratico il sistema politico dei paesi imperialisti,
pregiudizio consacrato a partire dal 1956 anche dal primo PCI ("la via
pacifica al socialismo attraverso le riforme di struttura"). Al tempo
stesso, che i comunisti siano di per sé immuni dalle porcherie con cui
continuamente la classe dominante condiziona la mente e il cuore delle
masse popolari, è una supposizione arrogante di chi guarda le masse
popolari con disprezzo e si accontenta del ruolo di intellettuale che si
è ritagliato all'interno della Repubblica Pontificia. Infine, ritenere
che la borghesia e il clero non perseguitano e reprimono i comunisti se
questi operano "alla luce del sole", vuol dire o avere illusioni sulla
natura della lotta di classe e sulla resistenza che la borghesia e il
clero oppongono al loro tramonto o avere una ben misera concezione del
lavoro che i comunisti devono svolgere. In sintesi, vuol dire non aver
tratto lezione dalla storia del primo PCI. La condizione di
clandestinità in cui il primo PCI venne costretto (1926-1943) fu una
vittoria del fascismo ma fu al contempo un servizio che il fascismo rese
all'istruzione del movimento comunista italiano. La repressione fascista
costrinse il Partito a cercare di adeguare la propria azione ai compiti
che con la sua costituzione nel 1921 si era assunto di fronte al
proletariato italiano, cioè dirigerlo nella lotta per l'instaurazione
del socialismo. Fu grazie alla clandestinità e al sostegno
dell'Internazionale Comunista che il Partito non fu eliminato dalla
repressione fascista come in Italia sostanzialmente accadde agli altri
partiti, ricostruì la sua organizzazione e accumulò le forze che lo
resero capace di agire e alimentare la resistenza al fascismo. Ma fu una
clandestinità difensiva e tardiva: ancora nel 1926, a quattro anni dalla
marcia su Roma e dopo che il fascismo si era affermato con il ferro e
con il fuoco (decine le case del popolo date alle fiamme, migliaia i
comunisti, sindacalisti, anarchici passati per le patrie galere, feriti,
torturati o uccisi), i vertici del PCI avevano fiducia di poter svolgere
un'attività principalmente pubblica e legale. È emblematica la vicenda
dell'arresto di Antonio Gramsci avvenuto nonostante l'immunità
parlamentare di cui godeva. Quindi il Partito fu costretto dagli eventi
ad accettare l'idea che la lotta per il socialismo aveva la forma di una
guerra e che occorreva regolarsi di conseguenza, agendo nella
clandestinità.

Da ciò dobbiamo imparare che la clandestinità non si improvvisa (il
PCd'I ha impiegato due decenni per costruire la sua rete clandestina e
lo fece grazie al sostegno dell'IC e dell'URSS) ed essa non è essenziale
solo per prevenire la repressione della classe dominante che, come nel
caso di Antonio Gramsci, ha tutto l'interesse a tagliare la testa al
movimento rivoluzionario, ma è la condizione senza la quale un partito
comunista non può promuovere e dirigere la rivoluzione socialista. Solo
un partito comunista clandestino è in grado di andare fino in fondo
nell'attuazione delle sue parole d'ordine, ha libertà di pensiero e
d'azione, è autonomo dalla classe dominante.

Coloro i quali sono convinti che la clandestinità è necessaria soltanto
per condurre la lotta armata, in continuità con l'esperienza delle
Brigate Rosse (BR) e delle altre Organizzazioni Comuniste Combattenti
(OCC) (nel _Cristoforo Colombo_ [10] Pippo Assan indica chiaramente le
conclusioni che bisogna ricavare dal bilancio dell'esperienza delle BR e
delle altre OCC e che il (nuovo)PCI fa proprie) non ha chiara la storia
della prima ondata mondiale delle rivoluzioni proletarie: l'insurrezione
dell'Ottobre 1917 in Russia è stata preceduta dal lavoro di
accumulazione delle forze diretto dal partito a partire dal 1903 (II
Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo), dal
rafforzamento dei soviet di fabbrica e contadini e dal lavoro più mirato
fatto tra il febbraio e l'ottobre 1917. Lo stesso la Resistenza in
Italia: l'insurrezione del 25 aprile 1945 è stata preparata dalla lunga
resistenza clandestina al fascismo promossa dal PCI negli anni 1927-1943
e poi dal lavoro più specifico di guerra svolto tra la fine del 1943 e
l'inizio del 1945. In entrambi i casi, con una combinazione di attività
legali, semilegali e illegali, non con la lotta armata dall'inizio alla
fine e comunque solo quando si è posta come necessaria.

La Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata [11], la strategia
della rivoluzione socialista, non inizia con la lotta armata, ma con
l'esistenza del partito comunista clandestino, costituito in modo da
esistere e operare con continuità in vista della conquista del potere e
capace di svolgere la sua attività di reclutamento, elaborazione,
formazione, orientamento, aggregazione, propaganda, mobilitazione e
direzione tramite la sua rete organizzativa e il suo sistema di
relazioni, di contatti e di influenze, nonostante tutti gli sforzi che
la borghesia compie per ostacolarlo, isolarlo dalle masse, distruggerlo.
Il partito comunista non è il partito più di sinistra dell'insieme dei
partiti della Repubblica Pontificia: è il nucleo del nuovo potere
alternativo al potere borghese e su questa base, guidato dalla
concezione comunista del mondo, opera attraverso un corpo di
rivoluzionari di professione [12], dedito alla causa, intellettualmente
capace e coeso, moralmente tenace.

È possibile che in un paese imperialista nasca e operi un partito
comunista clandestino e che esso trovi tra le masse popolari e in
particolare tra la classe operaia l'alimento (in persone da reclutare,
in collaborazioni, in denaro, in legami, in influenze) di cui ha bisogno
per esistere, resistere ai colpi della borghesia e dei suoi apparati di
controrivoluzione ed espandere la sua attività. Il partito comunista
clandestino trova le sue risorse tra le decine di migliaia di individui
che nel nostro paese simpatizzano per il comunismo, stante la memoria
diffusa e persistente delle conquiste di civiltà e benessere strappate
quando il MCCO era forte e le vittorie che esso ha conquistato e
conquista ancora oggi in altri paesi, a cui si aggiungono tutti coloro
che spinti dalla crisi irreversibile del sistema capitalista vedono e
vedranno noi comunisti impegnati senza riserve nelle lotte contro gli
omicidi sul lavoro, contro la guerra (economia di guerra,
militarizzazione di scuole e università e della comunicazione,
partecipazione dello Stato italiano a conflitti in giro per il mondo),
contro lo smantellamento dell'apparato produttivo nazionale, contro la
privatizzazione dei servizi pubblici, contro le grandi opere inutili o
addirittura dannose, contro la speculazione immobiliare, contro
l'inquinamento e la devastazione della Terra e in altre iniziative utili
alle masse popolari.

L'esistenza e l'opera del partito comunista clandestino non escludono,
ma anzi promuovono, potenziano e tutelano l'opera degli organismi
comunisti pubblici che oggi costituiscono il MCCO (tra questi anche il
nostro partito fratello, il Partito dei CARC), che si giovano dei
residui margini di libertà d'azione conquistati con la vittoria della
Resistenza e che la borghesia non osa ancora sopprimere né riesce a
manipolare. Gli organismi comunisti pubblici devono a loro volta
ispirarsi alla strategia del partito comunista clandestino, contribuire
alla sua realizzazione e attuare le tattiche che ne conseguono. Oggi si
tratta della creazione delle condizioni per costituire il Governo di
Blocco Popolare [13]. L'unità delle organizzazioni pubbliche dei
comunisti a formare un unico partito pubblico deve e può avvenire su
questa base.

Fare la rivoluzione socialista non è aspettare che scoppi la rivolta,
agitarsi a destra e a manca sperando che prima o poi scoppi, raccogliere
compagni per essere in numero sufficiente ad approfittare della rivolta
quando scoppierà.

La rivoluzione non scoppia. Fare la rivoluzione socialista significa
creare nel paese un nuovo potere composto da un lato dalle
organizzazioni operaie e popolari che crescono di forza, passo dopo
passo, fino a rovesciare a proprio favore l'attuale rapporto di forza
nello scontro con la borghesia imperialista, dall'altro dal proprio
Stato Maggiore, il partito comunista clandestino, supportato dagli
organismi pubblici che contribuiscono all'attuazione delle sue tattiche.


È possibile e necessario costruire un partito comunista clandestino in
un paese imperialista!

Dirigere la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata, costruire il
nuovo potere della classe operaia e delle masse popolari organizzate
fino a vincere, dipende da noi comunisti!

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell'Ordine borghesi,
una via consiste nell'usare TOR [vedere
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html], aprire una casella
email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i
messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html].



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[6]
https://nuovopci.it/scritti/RS/RS_00_09.1985/RS_00_sec.crisi_IIed.html
[7] https://nuovopci.it/glossario/Glossario_letteratura_npci.html
[8]
https://nuovopci.it/scritti/mpnpci/01_03_imperialismo_ultima.html#1.3.3._La_controrivoluzione_preventiva
[9] https://nuovopci.it/voce/voce68/pcclandestino.html
[10] https://nuovopci.it/scritti/cristof/indlibr.htm
[11]
https://nuovopci.it/scritti/mpnpci/03_Il_PC_lotta_Italia_nuovo_paese_socialista.html#3_3
[12]
https://nuovopci.it/voce/comunicati/com2024/com15-24/Com.CC_15-2024_Rivoluzionari_di_professione_e_rinascita_del_MCCO.html
[13] https://nuovopci.it/dfa/avvnav07.html