[Hackmeeting] Oltre le teorie? (was: Comunicazione alla list…

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著者: semperpeppe
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古いトピック: Re: [Hackmeeting] Comunicazione alla lista dall'assemblea di Hackmeeting
題目: [Hackmeeting] Oltre le teorie? (was: Comunicazione alla lista dall'assemblea di Hackmeeting)
On 6/20/24 20:20, Andrea Collina via Hackmeeting wrote:
> Carissim*,
> Vedo che la discussione ha preso la piega dell'inclusivitá, accoglienza, linguaggio "giusto" e "sabagliato"..ma soprattutto si riconosce che questi sono i temi che infiammano il "conflitto" negli USA e nel mondo che si riconosce in quel modello culturale e di sviluppo, che possiamo definire, sia nella sua variante di destra neocon repubblicana, sia nella variante progressista liberal o radical democratica, convintamente e coerentemente liberale, coloniale, imperialista e militarista.
>
> Vorrei riportare ad un aspetto che non si trova nel linguaggio ma nella interpretazione delle relazioni vissute: la grandissima e insopportabile  ipocrisia di quella retorica liberale che si rispecchia anche qui nel parlare di "linguaggio" pittosto che di relazioni.
>
> Le università statunitensi, che proteggono gli studenti da ogni trauma linguistico vogliono soltanto evitare di perdere "clienti", viste le tariffe per nulla inclusive che le università fanno pagare agli studenti, anche quelle pubbliche ( parliamo di un minimo di 20.000 dollari annui). È marketing.
> Quindi se un professore non è gradito si licenzia, tanto ce ne sono in tutto il mondo che fanno a gara per andare a insegnare ridicole discipline per stipendi che qui non prendono nemmeno gli ordinari.
> Gli USA, nati sul genocidio dei nativi, sulla schiavitù  e segregazione dei neri, sulla ghettizzazione di tutti i non bianchi ( italiani e irlandesi inclusi all'epoca) vengono oggi a fare la predica a noi europei che ( pur se razzisti come tutti gli altri) avevamo società multietniche e tolleranti giá 2000 anni fa.
>
> Il problema della inclusivitá me lo porrei ma non nel linguaggio, nei fatti.
> Perché l'ambiente hacker è prettamente maschile?
> Non è un problema di linguaggio, è che si perpetua  lo stereotipo del maschio che si occupa dei motori ( oggi digitali) anche perché le donne vanno maggiormente verso lavori di cura e di relazione meno pagati, e che relazione vuoi avere con uno  schermo 15" e una GPU?
> Visto da un altro punto di vista, le donne hanno spesso di meglio da fare che criticare e smanettare la tecnologia, la usano bene così com'è. Vedi il successo di applicazioni dove finalmente non devi scrivere nemmeno una riga di codice!! Telefoni che si backuppano e aggiornano da soli, devi solo pagarli e premere yes!.
>
> Quindi l'hacker anni '90 esiste solo come residuo ( noi) di quegli anni, e più giovani tecnofili smanettoni e studiati, spesso lavoratori nel campo IT, fieri di conoscere arti oscure..
>
> Quello che cerco di dire è che il mondo è cambiato, l'informatica ha fatto passi avanti enormi e si trova su una economia di scala che è impossibile aggredire dal basso. Le conoscenze si allontanano dagli utenti e anche dai lavoratori operativi perché sono fattore strategico di concorrenza. Le scelte di politica industriale vengono progettate anche al di sopra dei governi, quindi anche dei rappresentanti eletti, cambiando le forme produttive e le relazioni sociali.
> Di fronte a questo mi pare che il problema non sia qualcuno che in una ML da dietro una tastiera sbrocca, aggredisce, insulta  e promette "pancate" che mai dará..  dando del fascista, del maschilista, del ... Quello che vi pare a chi non si esprime esattamente nel suo linguaggio tribale ( dipende ovviamente dalla tribù di riferimento, se esprime un potere o meno)
> Il problema è capire cosa è oggi ( se esiste) la comunità  hacker militante, quali obiettivi politici/pratici persegue e quali metodi si da.  Poi bisogna anche valutare quali traguardi raggiunge o meno.
> Se ci si danno pacche sulle spalle reciproche, per carità fa bene, e aiuta darsele, bisogna anche capire per cosa, se solo per esistere è poco.
> Una comunità si costituisce attorno a "qualcosa" che ha in comune: uno spazio, un obiettivo, un progetto.
> È chiaro a tutte/i quale sia?
> Una comunità significa avere dei doveri verso quella, tra cui assoluto rispetto per i suoi membri, pena l'esclusione.
> Significa conoscersi e riconoscersi come parte di una dimensione collettiva più grande dei singoli.
>
> È ovvio che una ML non crea una comunità e neppure uno o più eventi annuali, ma una narrativa comune sì, un sentire comune, un agire comune.   Il problema che si pone oggi, ovunque, è se sia ancora possibile costruire comunitá o se siamo condannati dal mercato ad essere singoli individui nella moltitudine.
> E la moltitudine, malgrado quello che sperava Negri, non è rivoluzionaria affatto, ma come intuiva è antimoderna e pertanto tendenzialmente reazionaria.
>
> Neppure una assemblea crea una comunità anche se a volte può dargli voce e anche una voce potente.
> Ma cosa dice oggi?
>
> Vorrei ricordare che il nostro paese partecipa attualmente a due guerre in cui la tecnologia viene coinvolta su tutti i campi, quello dello scontro armato, quello della produzione, quello della informazione o  propaganda.
>
> Il nostro paese, governato dalla destra ma in pieno accordo con la sinistra liberale è alleato della Ucraina e di Israele.
> Dalle basi in sicilia partono i droni che analizzano le immagini della Crimea per lanciare missili e attacchi marini. I droni armati e i missili guidati uccidono centinaia di persone al giorno. L'informazione è un flusso di vomitevole propaganda di guerra.
> Gli hacker russi e ucraini sono, come quelli europei, cinesi o israeliani reparti dell' esercito e dei servizi segreti.  Armi autonome direzionate da intelligenza artificiale che colpiscono umani inermi o comunque carne da cannone con un fuciletto in mano.
> Pensavamo che il cyberpunk  fosse distopia,  invece era un progetto sociale a cui abbiamo aderito entusiasti.. Ricordate Isole nella rete? Quello di Sterling.. Dov'è la Rizome inc.? Negli Hacklab?
> Nella fiction il buono deve vincere, altrimenti il libro non vende...https://blogs.ugidotnet.org/Luka/archive/2007/10/02/88684.aspx
>
> Abbracci,
>
> A.C.



Faccio un tentativo di fork della conversazione perché sono state dette
moltissime cose e vorrei tirare le fila.

Al netto di attacchi ad hominem a destra, svicolamenti a manca, offese
personali e tutto il resto... ho riflettuto e penso che le voci diverse
da quelle di un qualsiasi coro euforico siano effettivamente
costruttive. Non ho pretese filosofiche né pratiche con questa mail,
sono uno stronzo qualunque.

Ti ringrazio Andrea Collina perché credo tu stia apportando molto a
questa discussione.

La mia premessa è che siano necessari valori condivisi affinché un
progetto collettivo esista. Prestare attenzione alle istanze di ciascuno
e ciascuna è fondamentale a mio avviso. Personalmente, vorrei intendere
l'hacking come una costante tensione fra produzione collettiva per noi
altri e lavoro aggratis/espropriato. C'è una tensione che viviamo come
privilegiati in cima alla catena del valore tecnologico, una tensione
fra produzione per il capitale e resistenza ad esso. Quindi intenderei
fare hacking come riappropriazione di spazi ed è espressione e ricerca
di autonomia.

Per questo dico:
1. Ha senso non accettare silenziosamente e banalmente ogni proposta o
idea che passa per HM quando magari queste rischiano di impoverirci.
Capisco bene il rischio, magari non banale, di produrre cose e adottare
pratiche solo perché servono ad un'industria della quale siamo comunque
lavoratori e produttori.
2. Non facciamoci espropriare di ciò che produciamo qua dentro.

Dotiamodi di autonomia per scollegarci dal lavoro, dai bisogni esterni,
nonché dalla tecnologia stessa. Un cazzeggio, un gioco, un esperimento
che è lontano dalla praticità e dal professionalismo. La dinamica
dell'autonomia ci serve per resistere ai tentativi di appropriazione e
recupero contro un mondo esterno dal quale siamo in ogni caso
dipendenti. Senza industria tecnologica non esiste hacking. Quindi è una
questione di pesi e resistenze, non di rigetto del presente. Se
quell'industria e quel mondo adottano determinati meccanismi, capisco
bene la voglia di bilanciare le tensioni fra il dentro e il fuori.

Rubo a Maxigas e compagnia le tre dimensioni dell'autonomia: skill
tecniche, memoria storica, valori condivisi. Provo a portare delle
considerazioni su quanto so e quanto ho vissuto di HM.

# Skill tecniche
Ad HM ho spesso trovato contenuti di qualità, magari ne servono di più,
e mirati anche a chi ha un livello più avanzato. La comunità si è
edulcorata perché non ci sono più quelli forti forti da sto punto di
vista? Io non sono fra quelli forti forti, sia chiaro.

# Memoria storica
Servono passati utili ed usabili che ci mettano in discussione, e credo
che tutto ciò che sta avvenendo in questa mailing list da qualche giorno
sia importante. Ci aiuta a capire le origini e a capire dove vogliamo
andare. Ci servono passati da usare come punto di partenza, per andare
oltre i giudizi giornalieri che possiamo avere oggi sul linguaggio,
domani su Vim vs Emacs. Quindi serve identificare i passati giusti e
discutere di quelli, non un passato qualsiasi, o un passato che solo
alcuni vogliono ricordare.

Quindi ben venga l'iniziativa che ho sentito in assemblea quest'anno per
costruire memoria in maniera "ludo-editoriale"

Chiediamoci allora qual è lo spazio dove poter recuperare "terreno
comune" tramite la riflessione temporale. Le interpretazioni e la
trasmissione di quegli eventi passati che esprimono l'identità
collettiva che vogliamo avere domani ci servono per orientare le azioni
politiche e concentrare gli sforzi che facciamo.

Magari sto reinventando la ruota, ma auali sono stati i fallimenti nei
progetti e nelle iniziative in HM? Perché si sono verificate le rotture
in passato? Stiamo per affrontarne una nuova?


# Valori condivisi

Ognuno preferisce stare dalla parte di chi la pensa come lui, è facile,
chiaro. Qua tocchiamo anche la tematica degli asterischi. Non tutto si
riduce al linguaggio, ma sicuramente esso mostra nella maniera più
facilmente visibile cosa significa partecipare insieme ad una stessa
sottocultura. Esso fa emergere anche cos'è "altro".

Capisco la necessità di inserire anche altri temi. Ci sono guerre di
merda in atto, una sorta di autonomia differenziata, un possibile
premierato alle porte. È uno schifo.

Questo è un tema chiave... Sono d'accordo sul fatto che per recuperare
gli spazi e farli nostri sia importante diffidare di quei processi di
"edulcorazione indiretta" che agiscono alle nostre spalle e che
manipolano i nostri obiettivi e valori... Domandiamoci, quali sono i
pezzi / contenuti di hackmeeting che sono cambiati solo perché là fuori
nel mondo esterno erano pervasivi? Però chiedo a tutti, perché rigettare
una parte della lingua dell'inclusione e della cura? Perché non dovremmo
SCEGLIERE di usare queste lingue?

Personalmente, quando sento l'argomentazione del fatto che la sessualità
il genere non devono essere tematiche della sinistra mi viene in mente
Fusaro. Fusaro parla della sinistra fucsia. Poi mi ricordo che scrive
per il primato nazionale e lascio stare. L'unica cosa che posso
condividere è l'intuizione che il capitalismo sopravvive perché è in
grado di integrare le critiche che gli sono mosse. Fusaro però è un
rosso-bruno :) ovvero un poco di buono che avversa il (neo-)liberismo e
il (turbo-)capitalismo da una prospettiva nazionalista-sovranista, non
internazionalista e nemmeno progressiva.

Una saggia persona ad HM mi ha detto che il sarcasmo e "i troll"
(chiunque essi siano a questo punto, perché non lo so più) possono
servire per l'auto riflessione. Se mi triggero è perché magari hanno
centrato il punto.

Per questo dico, usiamo la nostra spinta autonomista e riprendiamoci
quello che vogliamo esista fra di noi. Troviamo i valori e gli obiettivi
condivisi. La vera domanda è come non bastonarsi i genitali a vicenda
nel mentre.

Ci dobbiamo rimescolare ed è importante farlo partendo da altri attori.

Se non siamo in grado di venirci incontro l'un l'altra e stabilire
legami con altre realtà e movimenti saremo destinati a servire
innovazione e skill per il beneficio del capitale, nella peggiore delle
ipotesi, oppure a morire, nella migliore.

Bacioni

--
(semper)peppe
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