[nuovopci] Lettera aperta di Giuseppe Maj a Fausto Sorini, …

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Autor: Delegazione del (nuovo)PCI
Data:  
Para: npci.inter
Assunto: [nuovopci] Lettera aperta di Giuseppe Maj a Fausto Sorini, Roberto Gabriele e Paolo Pioppi
         [1]
(nuovo)Partito comunista italiano

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19 giugno 2024

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Lettera aperta di Giuseppe Maj a Fausto Sorini, Roberto Gabriele e Paolo
Pioppi sul dibattito in corso nel Forum Italiano dei Comunisti

Cari compagni,

con piacere ho seguito il salutare dibattito che il compagno Fausto
Sorini ha avviato con l'articolo _Sulla condizione dei comunisti in
Italia: che fare? Note per una discussione aperta _(_Marx21_,
07.09.2023), che si è tradotto nella costituzione da parte vostra del
Forum Italiano dei Comunisti. L'iniziativa intrapresa è positiva e
necessaria per perseguire l'obiettivo della rinascita del movimento
comunista cosciente e organizzato (MCCO) in Italia. Questa mia lettera
mira a dare continuità alla discussione in corso e a fissare alcune
questioni necessarie allo sviluppo del dibattito: 1. cosa dobbiamo
intendere quando parliamo del "partito comunista che serve" e 2. i
limiti che sono stati all'origine del declino del MCCO italiano.

Suppongo che siamo d'accordo sul fatto che sono gli uomini che fanno la
loro storia e che, da quando la società borghese ha assunto le 5
caratteristiche dell'epoca imperialista chiaramente indicate da Lenin
nel suo opuscolo del 1916, per farla hanno bisogno del partito
comunista. Da quando sono maturate le condizioni oggettive del
socialismo (seconda metà del XIX secolo), l'umanità è entrata in
un'epoca qualitativamente nuova della sua storia. Oggi l'umanità non può
più andare avanti _spontaneamente_, cioè senza aver prima concepito nel
pensiero la strada da fare, come è impossibile costruire un grattacielo
senza averlo prima progettato pur avendo la borghesia già riunito il
materiale per farlo: il capitalismo monopolistico di Stato anticamera
del socialismo.

Sembra banale, ma la società umana da millenni si sviluppa tramite la
lotta tra classi dominanti e classi oppresse e ogni classe dominante si
oppone con tutte le forze e risorse dell'intera società, di cui essa
dispone, all'ulteriore progresso della società, perché questo progresso
è la negazione del suo mondo. Tanto più si oppone oggi che il progresso
del mondo comporta non la sostituzione di una classe dominante a
un'altra, ma la fine di ogni classe dominante.

Il partito comunista che dobbiamo costruire è distinto dalle masse
popolari e dalla classe operaia, ma è nello stesso tempo parte
integrante della classe operaia, suo reparto cosciente e organizzato,
forma suprema di organizzazione della classe operaia nel senso che
dirige tutte le altre sue organizzazioni, incarnazione del legame
dell'avanguardia con le grandi masse che fanno parte del campo della
rivoluzione, su cui la classe operaia esercita la propria egemonia e che
dirige a emanciparsi da ogni classe dominante. Il partito comunista così
concepito e costruito (un partito che innanzitutto pensa la nuova
società, il percorso per costruirla e organizza e mobilita la classe
operaia a farlo) è quello che Gramsci nei _Quaderni del carcere _chiamò
"intellettuale organico". Instaurare il socialismo è possibile e
addirittura necessario. Ma per farlo ci vuole un partito comunista che
lo vuole fare e che lo sa fare, quindi moralmente e intellettualmente
all'altezza del suo ruolo. Instaurare il socialismo in un paese
imperialista è possibile, ma ci vuole un gruppo dirigente moralmente
determinato a farlo e intellettualmente capace di elaborare la strategia
per farlo e tradurla nella tattiche particolari corrispondenti alle
situazioni concrete.

Durante la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria
(1917-1976), i partiti comunisti dei paesi imperialisti non hanno
instaurato il socialismo perché (con l'eccezione di Antonio Gramsci che
diresse il PCd'I dall'autunno del 1923 al novembre del 1926) nessuno dei
loro dirigenti (quindi nessun gruppo dirigente nel suo insieme) si è
dedicato a elaborare la via per instaurare il socialismo, nessuno è
stato moralmente e intellettualmente all'altezza dell'opera.

Nella storia dell'attività dei gruppi dirigenti di ognuno dei partiti
comunisti dei paesi imperialisti è possibile trovare tante cose, ma non
trovate un piano per instaurare il socialismo nel proprio paese; il
piano di una rivoluzione che parte dal "triste presente" e attraverso
una concatenazione di eventi e passaggi, arriva al socialismo; un
percorso che si fondava sulle condizioni presenti e tracciava anche solo
a grandi linee il percorso da compiere per arrivare a instaurare il
socialismo.

Nella storia di ognuno dei partiti comunisti dei paesi imperialisti
troviamo casi esemplari di lotte eroiche per far fronte ai soprusi e
alle angherie dei padroni, per strappare loro qualcosa e migliorare le
condizioni delle masse popolari, ma non troviamo il progetto e la
condotta di una guerra contro la classe dominante fino a instaurare il
socialismo. Da questo punto di vista la storia del PCI è una storia
amara: i limiti che l'hanno caratterizzata furono ben indicati da Lenin
in _Note di un pubblicista_ (1922). Rivolgendosi ai partiti comunisti
sorti nei paesi imperialisti (in particolare nel Regno d'Italia e
nell'Impero della Germania) affermava: "la trasformazione di un partito
europeo di tipo vecchio, parlamentare, riformista di fatto e appena
sfumato di colore rivoluzionario, in un partito di tipo nuovo, realmente
rivoluzionario e realmente comunista, è una cosa estremamente
difficile". I partiti comunisti sorti nei paesi imperialisti sono tutti
nati per scissione dai partiti socialisti e da questi hanno ereditato le
tare dell'elettoralismo e del legalitarismo: in definitiva hanno
confinato il pensiero e l'azione del partito comunista nel recinto di
ciò che è tollerato dalle regole, dagli istituti, dalle consuetudini e
dalle prassi della democrazia borghese. Questa eredità, unita a una
scarsa dedizione a elaborare la concezione della rivoluzione socialista
e delle sue leggi, ha portato la direzione del primo PCI a muoversi
senza una visione generale del corso delle cose, senza aver chiaro
l'obiettivo e il percorso per arrivarci (fino a partorire le tesi della
"via italiana al socialismo", ossia la via elettorale, pacifica e
graduale!): ciò ha condotto il primo PCI via via alla sua dissoluzione.
Infatti, malgrado il PCI avesse assunto un ruolo di avanguardia della
classe operaia e delle masse contadine sotto il fascismo e nonostante il
ruolo di direzione nella Resistenza al nazifascismo (1943-1945), nel
dopoguerra il PCI venne via via integrato nel nuovo regime politico.
Grazie prima al suo ingresso nell'Assemblea Costituente (1946-1947) e
poi alla partecipazione alle elezioni parlamentari, il PCI si avviò alla
costruzione di un grande partito popolare e di massa, un partito
portavoce di lotte e rivendicazioni delle masse popolari, ma si avviò
nello stesso tempo alla costruzione di un partito integrato nel nuovo
sistema di potere del paese (combinazione tra Vaticano, imperialisti
USA, associazioni padronali e organizzazioni criminali) rinunciando di
fatto a promuovere la guerra contro la borghesia avviata con la
Resistenza Partigiana, la borghesia che fino all'8 settembre 1943 aveva
sostenuto Mussolini. Dopo la Liberazione, una volta che fu restaurato il
potere dei capitalisti in campo economico (restituzione ai padroni delle
fabbriche che erano finite sotto controllo operaio) e il vecchio Stato
in campo politico e militare (riconoscimento delle vecchie istituzioni,
disarmo dei partigiani e riabilitazione del Regio Esercito e del resto
delle forze armate e di polizia), la direzione del primo PCI fece in
modo che la questione del potere fosse demandata prima all'Assemblea
Costituente e poi alle elezioni generali del 18 aprile 1948, vinte dalla
DC, mascherando la mancanza di una prospettiva (di una strategia) per la
conquista del potere dietro gli impegni assunti dall'Unione Sovietica
con l'Accordo di Jalta (febbraio 1945) e presunti ordini di Stalin.
L'Accordo di Jalta nella sostanza servì per prevenire che le forze
Alleate (USA, Regno Unito, Francia) durante le trattative che condussero
all'armistizio di Reims (8 maggio 1945), una volta chiusi i conti con la
Germania nazista, si rivoltassero contro l'URSS: non a caso i capi
nazisti proposero alle forze Alleate di rivolgere la guerra contro di
essa. Gli accordi di Jalta non furono in alcun modo un'indicazione al
PCI di smobilitare l'occupazione delle fabbriche e dei partigiani e di
riabilitare le vecchie istituzioni. In sostanza, il PCI partecipò ai
governi del CLN senza un proprio progetto di usare le posizioni
conquistate con la Resistenza e con la partecipazione ai governi del CLN
e all'Assemblea Costituente per instaurare il socialismo.

Questo spaccato storico dimostra quanto l'autonomia ideologica, quindi
la capacità di pensare ed elaborare in autonomia una propria strategia e
una propria tattica da parte dei comunisti, sia un aspetto decisivo
della rivoluzione socialista. Questo spaccato storico dimostra che si
possono vincere eroicamente grandi battaglie e ottenere grandi conquiste
per le masse popolari, ma dimostra anche che non si possono guidare la
classe operaia e le masse popolari alla presa del potere, cioè
all'instaurazione del socialismo, senza un partito comunista coeso
ideologicamente, formato da rivoluzionari di professione dediti
principalmente all'elaborazione della concezione comunista del mondo e
quindi all'elaborazione e all'attuazione della strategia e delle
tattiche necessarie. I comunisti, infatti, non si distinguono
principalmente per eroismo e tempra morale, per "coerenza", dedizione,
generosità, tutte qualità necessarie, ma _"perché hanno una comprensione
più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta
di classe e su questa base la spingono sempre in avanti"_ (Marx ed
Engels, _Il Manifesto del Partito Comunista_, 1848).

In avanti, cioè all'instaurazione del socialismo e al comunismo.

La concezione del mondo di cui devono dotarsi i comunisti oggi è il
marxismo-leninismo-maoismo e la strategia di cui i comunisti devono
dotarsi è la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata [7]. Il
maoismo [8] ha arricchito e sviluppato la teoria rivoluzionaria promossa
da Marx, Engels, Lenin e Stalin perché ha individuato le leggi della
costruzione della rivoluzione socialista che i comunisti dei paesi
imperialisti non sono riusciti a comprendere e che Lenin e Stalin hanno
applicato pur non avendone elaborato una sintesi, ma con una visione
sostanzialmente giusta dell'opera che i bolscevichi dovevano compiere.
Non aver fatto proprie (elaborato e applicato) le leggi di sviluppo
della rivoluzione socialista ha portato alla resa dei partiti comunisti
francese e italiano (1947), alla mancata risoluzione delle divisioni
sorte nel Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) e nei partiti
comunisti delle Democrazie Popolari dell'Europa orientale e alla
prevalenza nel PCUS dei revisionisti moderni capeggiati prima da Kruscev
(XX congresso del PCUS, febbraio 1956) e poi da Breznev. Tutte sconfitte
causate dai limiti della sinistra interna ai partiti comunisti, che
condussero all'esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione
proletaria (socialista e di nuova democrazia) e al periodo di nera e
sfrenata reazione che abbiamo vissuto dopo il 1976. È necessario
individuare con precisione e affrontare i limiti di concezione propri
dei partiti comunisti dei paesi imperialisti, per non reiterare
tentativi inconcludenti che alimentano sfiducia nella vittoria del
socialismo e generano rassegnazione. La rivoluzione socialista è
necessaria ed è possibile. Certo è un'opera complessa per i comunisti
dei paesi imperialisti, a maggior ragione oggi perché il nostro compito
è costruire sulle macerie del riflusso della prima ondata mondiale delle
rivoluzioni socialiste. Ma oggi non c'è altra via che lavorare per
creare le condizioni soggettive sufficienti per fare questo.

Fiducioso in un vostro riscontro, auguro un prosieguo fruttuoso della
discussione lanciata dal compagno Fausto Sorini e raccolta dai promotori
del Forum Italiano dei Comunisti. Avanti nella rinascita del movimento
comunista!

Giuseppe Maj, membro del (nuovo)Partito Comunista Italiano

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell'Ordine borghesi,
una via consiste nell'usare TOR [vedere
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html], aprire una casella
email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i
messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html].



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[6]
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[7]
https://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/03_Il_PC_lotta_Italia_nuovo_paese_socialista.html#3_3
[8] https://www.nuovopci.it/scritti/sei_app/seiapmao.html