[Pacifistat] Chi è Daniel? (L'obbedienza non è più una virtù…

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Author: Aldo M. Femia
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To: assembleapermanenteistat, pacifistat
Subject: [Pacifistat] Chi è Daniel? (L'obbedienza non è più una virtù)
Se Olga Karach (vedi messaggio in fondo) è famosa ed è addirittura candidata al premio Nobel, la storia di Daniel non la trovate in rete neppure se scrollate i risultati del miglior motore di ricerca fino all'ultima pagina.

In effetti Daniel non esiste neppure, è un nome di comodo per il ragazzo che si collegherà venerdì per rappresentare Mesarvot, gli obiettori Israeliani.

In Israele non è per niente facile essere obiettori di coscienza, come non lo era in Italia fino al 1972. Solo da poco, mi dicono, Daniel ha preso un po' di confidenza e parla del proprio caso, simile a quello di tanti e tante altri/e giovani come lui.
"I’m Daniel, 26 years old Israeli conscientious objector. Born in Latin America, immigrated to Occupied Palestine when I was sixteen years old through a settlers program. Last year I decided to refuse to join the Israeli military due to my opposition to the crimes committed by the Israeli state, which include the enforcement of an Apartheid system and the ongoing genocide in Gaza. Because of my refusal I spent 50 days in a military prison."

Anche in Israele, speriamo che presto l'obbedienza non sia più una virtù, come spiegò all'Italia don Milani (ma la lezione l'abbiamo dimenticata) nel 1965, dando impulso a una stagione di lotta che portò a riconoscere l'alto valore morale di una posizione fino ad allora scomoda e minoritaria.
Perché qualcosa di simile non dovrebbe poter accadere in Israele oggi? Diamo una mano perchè accada.






L’intelligenza con il disertore

“Intelligenza con il nemico” è un’espressione che rimanda al tradimento, all’aiuto dato alla parte avversa. Noi avremo un’intelligenza con la parte nostra, quella di chi rifiuta la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie e tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni, come recita la nostra bella ma sempre più disapplicata Costituzione.



La voce di un cantautore per la decrescita tenderà un filo emotivo tra alcune diserzioni oggi necessarie, aiutandoci a entrare in contatto e a intelligere anche con il disertore/la disertora che è in noi, e a scacciare il cinismo che ci fa sentire impotenti.



L’ipotesi della decrescita

Lo sviluppo, inteso come crescita economica, è stato a lungo considerato il mezzo privilegiato per costruire un futuro di benessere e di pace. In verità, però, l’economia di crescita porta alla guerra: «L’economia attuale trasforma l’abbondanza naturale in scarsità, creando artificialmente mancanza e bisogno, attraverso l’appropriazione della natura e la sua mercificazione» [ https://webmail.istat.it/#_ftn1 | [1] ] . L’appropriazione dei beni comuni e lo sfruttamento sempre maggiore delle risorse naturali implicano un’estensione della sopraffazione della specie umana su tutte le altre specie viventi, iniquità e diseguaglianze tra gli esseri umani, e dei conflitti.

Per uscire dalle molteplici crisi in atto occorre dunque uscire dall’economia di crescita e di guerra, favorendo un disarmo ecologico in grado di ripristinare gli equilibri ambientali. Se l’obiettivo della crescita continua non è né praticabile né auspicabile, e comunque porta ad un’economia della scarsità e alla guerra (che non può certo rendere felici) possiamo allora ipotizzare una decrescita – cioè una de-mercificazione del lavoro e dei rapporti sociali e una riduzione delle risorse impiegate e delle quantità prodotte di merci ed energia – capace di garantire comunque prosperità nella forma dell’ abbondanza frugale [ https://webmail.istat.it/#_ftn2 | [2] ] – quale orizzonte di senso per una fuoriuscita dalla società dei consumi.



Le diserzioni necessarie

La decrescita richiede una complessiva trasformazione della nostra struttura sociale, economica e politica e dell’immaginario collettivo , avendo come prospettiva un significativo aumento, non certo una riduzione, del benessere sociale. Non è certo semplice, ma disertare la società dei consumi, produrre meno merci, quelle realmente necessarie, consumando meno risorse, e vivere meglio, è possibile. Come è possibile (e necessario) rimettere in discussione la logica della violenza e l’immagine del combattente armato, che per abbattere il sistema oppressivo o per difendere la propria patria giustifica l’uso della violenza.



Guarderemo negli occhi e ascolteremo le voci di chi in prima persona rischia e paga cara l’obiezione di coscienza e l’appoggio a chi diserta. Comunicare con loro sarà già un modo di aiutarli. Ci spiegheranno come fare di più.




[ https://webmail.istat.it/#_ftnref1 | [1] ] Latouche S, 2011, Come si esce dalla società dei consumi , Bollati Boringhieri, Torino.


[ https://webmail.istat.it/#_ftnref2 | [2] ] Jackson T., 2010, Prosperità senza crescita. Economia per il pianeta reale , Edizioni Ambiente, Milano ; Latouche S., 2012, Per un’abbondanza frugale, Bollati Boringhieri, Torino

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Olga Karach è stata più volte incarcerata e anche torturata; sul sito del Kgb il suo nome è pubblicato nell’elenco dei terroristi.
Oggi vive in esilio a Vilnius, in Lituania.
Perchè tutto ciò?
Perché nel suo Paese, la Bielorussia, difende i diritti umani e si batte per gli obiettori di coscienza dei servizi militari e i disertori russi e ucraini.
Olga Karach è politologa e direttrice dell’organizzazione per i diritti umani “Our House” (“La nostra casa”), fondato nel 2002 come giornale autofinanziato.
Olga Karach ha 45 anni, è candidata al Nobel per la Pace, e dalla Lituania prosegue la sua preziosa attività nonviolenta.
Ma la Lituania, un pezzetto di Unione Europea, la sopporta male. A fine febbraio il Dipartimento lituano per la migrazione ha avviato il processo di estradizione in Bielorussia di suo marito, il giornalista Oleg Borshevskij.

Venerdì pomeriggio anche lei sarà nostra ospite.
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Aldo
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