[RSF] I: 4-5 maggio 2024 " per la Palestina, contro la guer…

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Aihe: [RSF] I: 4-5 maggio 2024 " per la Palestina, contro la guerra e il G7"

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Da: Vincenzo Miliucci <miliucci.vincenzo@???>
Inviato: venerdì 3 maggio 2024 17:03
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Oggetto: Fwd: 4-5 maggio 2024 " per la Palestina,contro la guerra e il G7"



sostegno agli studenti Usa,di tutto il mondo, in lotta a fianco della resistenza palestinese
Proteste pro-Gaza, la polizia evacua Sciences-Po. Negli Usa 2.000 arresti
Irruzione nella prestigiosa facoltà di Scienze politiche a Parigi. Il presidente americano: "Siamo una società civile e l'ordine deve prevalere". Anche nelle università canadesi si manifesta. A Milano salta un convegno su Israele alla Statale, per la questura "rischio altissimo"

AGI 3maggio.- La polizia è intervenuta a Sciences-Po, la prestigiosa facoltà di Scienze politiche nel quartiere latino di Parigi, per evacuare le decine di militanti pro-palestinesi che ne occupano le aule da giovedì. Secondo uno studente che ha parlato alla stampa, "una cinquantina di studenti sono ancora presenti nei locali" degli edifici di rue Saint Guillaume nel momento in cui le forze dell'ordine hanno fatto irruzione. La mobilitazione di Sciences-Po contro la guerra israeliana nella Striscia di Gaza dura da una settimana e si è contraddistinta per le polemiche e le tensioni che ha originato.

Negli Usa sono più di 2.000 gli arresti in 15 giorni di proteste nei campus universitari. "Non siamo una nazione autoritaria in cui mettiamo a tacere le persone o reprimiamo il dissenso, ma non siamo nemmeno un paese senza legge. Siamo una società civile e l'ordine deve prevalere", ha detto il presidente americano, Joe Biden, intervenendo sulle proteste in corso in decine di università contro la guerra a Gaza, che hanno portato a interventi di sgombero da parte della polizia, come è successo alla Ucla di Los Angeles e prima alla Columbia di New York. Biden ha parlato poche ore dopo che centinaia di poliziotti erano intervenuti per sgombrare con la forza la tendopoli nel campus dell'Ucla, abbattendo le barriere e arrestando oltre 200 manifestanti.

All'Ucla le forze dell'ordine in assetto anti-sommossa hanno sgomberato la tendopoli e secondo la Cnn gli agenti della California Highway Patrol hanno sparato alcuni proiettili di gomma. Gli studenti hanno cercato di fare resistenza schierandosi davanti alla polizia con ombrelli, caschi e scudi di plastica. "Circa 300 manifestanti se ne sono andati volontariamente, mentre più di 200 hanno resistito all'ordine di disperdersi e sono stati arrestati", ha riferito il cancelliere dell'Ucla, Gene Block.

Dal mese scorso, i manifestanti si sono riuniti in almeno 40 campus universitari statunitensi, spesso allestendo tendopoli per protestare contro l'aumento del numero delle vittime nella Striscia di Gaza. Gli agenti hanno arrestato diverse persone alla Fordham University di New York. Al Massachusetts Institute of Technology, i manifestanti hanno scavato, bloccando un viale vicino al centro del campus di Cambridge durante l'ora di punta di mercoledì pomeriggio. L'Università del Texas a Dallas ha visto la polizia rimuovere un accampamento e arrestare almeno 17 persone per "violazione criminale". La polizia ha riferito che questa settimana sono stati effettuati circa 300 arresti alla Columbia e in un'altra università di New York. L'ufficio del sindaco ha detto che quasi la meta' delle persone arrestate nelle due scuole non erano studenti.

Proteste studentesche anche in Canada

Si allarga anche in Canada il fronte delle proteste degli studenti universitari per chiedere la fine dell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.
Le proteste canadesi arrivano mentre la polizia ha arrestato centinaia di persone nei campus statunitensi e il bilancio delle vittime a Gaza è in aumento.
Nei campus di Montreal e di Toronto, come anche in quelli della British Columbia e di Ottawa sono in corso le proteste degli studenti che hanno allestito tende e accampamenti, monitorati dalle forze dell'ordine che al momento non sono ancora intervenute.

Salta un convegno su Israele alla Statale di Milano

Il convegno su Israele, previsto per il prossimo 7 maggio, all'università Statale di Milano organizzato dall'associazione 'Italia Israele' di Savona, insieme a quella milanese 'Pro Israele', dopo che la questura ha riscontrato un "altissimo" rischio di incidenti, continua a far discutere. Il rettore dell'Università Elio Franzini non era neanche stato informato della cancellazione della tavola rotonda, lo ha saputo dai media, a quanti si apprende da una nota dell'ateneo. È stata sua la scelta di non annullare il convegno, ma di confermarlo in modalità online, dopo attenta valutazione delle condizioni ambientali interne ed esterne all'Università, nell'intento di minimizzare i rischi per la sicurezza del pubblico e dei relatori, sentita anche la Digos.

Non solo nei campus Usa, protesta pro-Palestina dilaga nelle università del mondo

Atenei occupati in Europa, Asia, Oceania e Medio Oriente

03 maggio 2024 Redazione Adnkronos<https://www.adnkronos.com/redazione/>
La protesta contro la guerra a Gaza sta incendiando le università americane, con proteste e occupazioni in oltre 60 campus dove da metà di aprile sono state arrestate oltre 2mila persone. E le immagini della polizia in tenuta antisommossa che sgombra la Columbia e Ucla stanno facendo il giro del mondo, dove si sta allargando la protesta, con università occupate in Europa, Asia, Oceania e Medio Oriente.

AUSTRALIA

Nelle ultime settimane, si sono registrate proteste pro Palestina in almeno sette università in Australia. In particolare all'università del Queensland a Brisbane si è creata una situazione di tensione tra due accampamenti, a circa 100 metri di distanza, uno degli studenti solidali con i palestinesi ed un altro, più piccolo, con le bandiere di Israele, animato da gruppi di studenti ebrei che accusano gli studenti pro Palestina di creare tensioni nel campus.

Il gruppo Students for Palestine UQ chiede ai vertici dell'Università di rendere pubblici tutti i rapporti con società israeliane e di tagliare quelli con l'industria bellica israeliana. Dal 23 aprile, da Brisbane la protesta si è diffusa in altri campus, tra i quali l'università di Sydney, dove sono state montate una cinquantina di tende con un centinaio di studenti che vi trascorrono la notte. Oggi un gruppo di studenti ebrei ha portato avanti una contro manifestazione contro quelle che definiscono "preoccupanti attività antisemite e anti Israele". Oltre 200 persone, con bandiere australiane e israeliane, si sono radunate nel campus di Sidney, ma non vi sono stati scontri con i gruppi pro Palestina.

REGNO UNITO

Manifestazioni in solidarietà con i palestinesi si sono svolte sin dall'inizio della guerra a Gaza, ma negli ultimi giorni anche in alcuni campus britannici sono iniziate occupazioni ed accampamenti. Alla Newcastle University, un piccolo accampamento con bandiere palestinesi è stato montato nel centro del campus da un gruppo che si definisce "una coalizione guidata da studenti per mettere fine alla partnership dell'università di Newcastle con le società di difesa israeliane".

Tende sono state montate anche da studenti che protestano nelle università di Leeds, Bristol e Warwick. Le proteste nei campus britannici sono state criticate dall'Union of Jewish Student che affermano che questi accampamenti "creano un'atmosfera ostile e tossica per gli studenti ebrei".

FRANCIA

A Parigi a fine aprile sono scoppiate le proteste a Sciences Po e alla Sorbonne. La polizia è intervenuta in entrambi gli atenei per sgombrare gli accampamenti. Ed oggi è intervenuta di nuovo a Science Po dove una cinquantina di studenti erano tornati ad occupare. "Siamo ispirati da Columbia, Harvard, Yale, Vanderbilt", ha detto una studentessa di Sciences Po, uno dei più prestigiosi atenei francesi, alma mater di diversi presidenti, tra i quali l'attuale, Emmanuel Macron. I

"Tutte queste università si sono mobilitate, ma la nostra solidarietà rimane prima di tutto e principalmente con il popolo palestinese", ha aggiunto Louise, parlando con la Cnn. Samuel Lejoyeaux, presidente dell'unione degli studenti ebrei di Francia, ha chiesto un maggiore dialogo con i dimostranti che devono - ha scritto in un articolo pubblicato ieri su Le Monde - "denunciare chiaramente l'antisemitismo". Alla stesso tempo, afferma ancora nell'articolo, "non sarò mai felice nel vedere la polizia antisommossa entrare in un'università, la cosa in cui credo di più è il dialogo".

INDIA

Proteste pro Palestina, e in solidarietà con gli studenti della Columbia, sono scoppiate anche nella prestigiosa Jawaharlal Nehru University (JNU) di Nuova Delhi, proprio nel giorno in cui era atteso nell'ateneo l'ambasciatore Usa, Eric Garcetti. La visita è stata poi rimandata. "Il nostro ateneo non deve fornire una piattaforma ad amministratori e personale che rappresentano nazioni complici del terrorismo e del genocidio commesso da Israele", si legge in una dichiarazione dell'unione degli studenti della Jnu, diffusa il 29 aprile, con un chiaro riferimento agli Usa. L'ateneo, uno dei migliori del Paese, è stato sempre all'avanguardia nei movimenti di protesta, tra i quali quello del 2019 contro la legge considerata discriminatoria contro i musulmani.

Solidarietà ai palestinesi è stata espressa anche dalla Federazione degli studenti dell'India, affiliata al partito comunista, che "denuncia la posizione assunta dal governo guidato da Bjp in sostegno di Israele, che devia da una posizione storica dell'India".

CANADA

Alla McGill University, nel centro di Montreal, studenti pro Palestina hanno montato un accampamento nel centro del campus, chiedendo - come stanno facendo praticamente tutte le università in rivolta - che l'ateneo dismetta i legami con società israeliane. La polizia ha tentato di disperdere i dimostranti, affermando di aver ricevuto la richiesta di intervento dai vertici dell'università dopo che è fallito il dialogo con i rappresentati degli studenti.

Ma ieri un giudice di una corte superiore del Quebec ha rigettato la richiesta di ingiunzione che avrebbe costretto i dimostranti pro Palestina a lasciare l'accampamento. Protest sono in corsi anche all'università di Toronto e alla University of British Columbia a Vancouver.

LIBANO

Centinaia di studenti alla fine di aprile hanno iniziato a protestare all'American University di Beirut chiedendo che l'università boicotti le società che fanno affari con Israele. "Vogliamo mostrare al mondo intero che non abbiamo dimenticano la causa palestinese", ha dichiarato uno degli studenti che partecipano alla protesta ispirata a quella dei campus Usa.

Lettera delle università palestinesi agli studenti e ai docenti degli accampamenti di solidarietà a Gaza nelle istituzioni accademiche statunitensi

1 Maggio 2024

In un momento di grande oscurità, le vostre proteste esplodono e fanno sperare all’umanità che la giustizia non sia un concetto astratto, ma una lotta continua che ci collega tutti. I vostri valori stanno emancipando l’università dal razzismo strutturale e dalla complicità con il potere e con il colonialismo.

La situazione in Palestina ha raggiunto livelli crescenti di genocidio, segnati dal fatto che le vite dei Palestinese vengono presa di mira in massa attraverso uccisioni e sfollamenti, la distruzione delle istituzioni sociali, culturali ed educative, l’obiettivo di ridurre i palestinesi a una mera vita, senza futuro politico e collettivo. Siete leader nella richiesta di giustizia con i vostri corpi nei campus universitari e nelle strade, chiedendo forte e chiaro verità e giustizia. Avete il coraggio necessario per agire con forza a favore della giustizia e della libertà e con determinazione contro i sistemi di genocidio e razzismo. Conosciamo i rischi che state correndo di fronte alle misure repressive adottate contro gli spazi universitari costruiti sulla sfida ai poteri che beneficiano del silenzio.

In un momento in cui le voci degli oppressi vengono intenzionalmente messe a tacere, la vostra solidarietà funge da faro di speranza. Le vostre azioni sono un chiaro messaggio che l’ingiustizia e l’oppressione non saranno tollerate.

Traiamo ispirazione dal coraggio di coloro che rifiutano e resistono alle continue ingiustizie del colonialismo dei coloni e dell’occupazione militare. Vi diamo il benvenuto nelle nostre università, in una Palestina liberata.

Insieme,

i Presidenti delle università palestinesi:

Prof. Omar Melad – President of Al-Azhar University of Gaza

Prof. Kamalin Shaath – President of Islamic University of Gaza

Prof. Hasan Abu Jarad – President of Gaza University

Prof. Ayman Soboh – President of Al-Aqsa University

Prof. Mustafa Abusafa – President of Palestine Polytechnic University

Prof. Samer Najde – President of Al-Quds Open University

Prof. Abdel Khaleq Alfaraa – President of Al-Israa University

Prof. Jaber Alda’or – President of University of Palestine

Prof. Abdelnaser Zied – President of An-Najah National University

Prof. Talal Shahwan – President of Birzeit University

Prof. Raghad Dwiek – President of Hebron University

Prof. Imad Abu Kishek – President of Al-Quds University

Prof. Ali Abuzuhre – President of Arab American University

Prof. lyad Twal – President of Bethlehem University

Prof. Husein Shanak – President of Palestine Technical University – Kadoorie

Prof. Nour Aldeen Abu Aroub – President of University of Al Istiklal

Prof. Imad Alzeer – President of Palestine Ahliya University

Prof. Dawod Zataree – President of Al-Zaytoonah University of Science and Technology

Prof. Matre Alraheb – President of Dar Al Kalema University

Prof. Derar Alayan – President of Nablus University for Vocational & Technical Education

“Il vostro messaggio è arrivato”: Gaza ringrazia le proteste studentesche nel mondo
29 Aprile 2024 - indipendenza

Decine di profughi di Gaza sfollati a Rafah, tra cui molti bambini e ragazzi, hanno organizzato ieri un sit-in di ringraziamento nei confronti delle migliaia di studenti che hanno animato le proteste studentesche pro-Palestina che, nelle ultime settimane, sono andate in scena negli Stati Uniti e in Europa. Nei filmati che sono stati diffusi, si vedono decine di adolescenti, riuniti intorno a tende di fortuna nei pressi di una scuola che ora viene utilizzata come rifugio, mostrare cartelli con scritte di solidarietà all’indirizzo dei manifestanti, la cui azione, settimana dopo settimana, si fa sempre più diffusa e penetrante. Alcuni profughi hanno poi scritto con lo spray sul tessuto delle tende in cui sono costretti a passare i giorni e le notti messaggi di gratitudine indirizzati agli universitari in protesta, chiedendo loro di non demordere.

“Continuate a stare al nostro fianco”, “smettete di uccidere i bambini, restituiteci l’istruzione”, “violare il nostro diritto all’istruzione e alla vita è un crimine di guerra”, “gli studenti stanno morendo”. Sono solo alcune delle tante scritte mostrate<https://www.aljazeera.com/program/newsfeed/2024/4/28/palestinians-in-rafah-express-thanks-to-us-university-protesters> sui cartelli nel corso della manifestazione dagli sfollati a Rafah, centro di confine a Sud della Striscia che sta vivendo l’angoscia di una sempre più probabile invasione da parte dell’esercito israeliano. Alcuni sono messaggi di denuncia, altri di gratitudine, come quello che recita “studenti della Columbia University, continuate a sostenerci”. Proprio dall’ateneo newyorkese è infatti partita, una decina di giorni fa, un’ondata di proteste in favore del popolo palestinese che si è espansa a moltissime altre università americane che, negli ultimi giorni, è stata soffocata da una pesante repressione da parte delle forze di polizia, per poi ispirare altre proteste nelle città europee. All’interno dei filmati, circolati sui social network, si vedono persone che scrivono con lo spray messaggi di ringraziamento sul tessuto delle tende. “Grazie, studenti solidali con Gaza. Il vostro messaggio ci ha raggiunto”, recita uno di essi. «Sono messaggi di ringraziamento sulle nostre tende, quelle tende che non ci proteggono dal caldo o dal freddo. Il minimo che possiamo fare è ringraziarli. Non possiamo scrivere questi messaggi di ringraziamento sui muri delle nostre case perché non abbiamo case. Sono state distrutte sopra i nostri bambini, anziani e donne», ha detto Takfeer Abu-Yousuf, uno studente sfollato di Beit Hanoun, città nel nord di Gaza.

A encomiare l’impegno e il coraggio degli studenti che negli USA e in Europa si stanno mobilitando per il popolo di Gaza è stata anche Bisan Owda, giovane giornalista e attivista palestinese, uno dei volti più noti tra quelli che stanno raccontando giorno per giorno le vicende del conflitto Israele-Palestina nella Striscia. «Questi giovani eroi nelle università di tutta l’America e del mondo sono più forti dell’ultima occupazione della storia. E per la prima volta nella nostra vita di palestinesi, sentiamo una voce più forte delle loro voci e del suono dei loro colpi e persino più forte del loro controllo in tutti gli aspetti della nostra vita», ha detto<https://www.instagram.com/p/C6OsxlbsSjD/> Bisan in un messaggio diramato sui social, sottolineando come siano «i bambini e i giovani a guidare il movimento per una Palestina libera, mettendo in gioco tutto ciò che hanno per chiedere giustizia, la fine del genocidio e una nuova era del mondo, non basata sull’oppressione, lo sfruttamento o il colonialismo». «Sapete qual è la parte migliore? – ha concluso Bisan -. Che le manifestazioni e gli appelli a boicottare le istituzioni accademiche non sono limitati a determinate persone di una certa religione, cultura, colore, razza o magari livello economico. Siamo tutti diversi. Quindi non possiamo più essere accusati di antisemitismo o di essere al servizio di qualche agenda esterna».

I primi a distinguersi per l’intensità delle proteste sono stati<https://www.lindipendente.online/2024/04/23/le-universita-americane-reintroducono-la-didattica-a-distanza-per-fermare-le-proteste/> gli studenti della Columbia University di New York, accampati da dieci giorni all’interno di tende allestite al campus per protestare contro l’eccidio dei palestinesi e i finanziamenti dell’Amministrazione USA a Israele. Da quel momento, si sono verificati oltre 100 arresti da parte delle forze del’ordine e decine di sospensioni. Negli stessi giorni, hanno intrapreso azioni dimostrative – venendo colpiti da decine di arresti – gli studenti della New York University, a Manhattan, e della Yale University a New Haven, nel Connecticut. La protesta si è rapidamente espansa<https://www.lindipendente.online/2024/04/26/fucili-e-taser-contro-gli-studenti-la-brutale-repressione-nelle-universita-americane/> anche in altri atenei, come l’Università Emory di Atlanta, dove le forze dell’ordine hanno usato taser e gas lacrimogeni contro gli studenti e arrestato anche due docenti, e l’Università del Texas ad Austin, dove le manifestazioni sono state represse dalla polizia in tenuta antisommossa e a cavallo. Tra le altre, sono poi state coinvolte anche le università di Los Angeles, Boston, Harvard e New Haven.

In Europa, le mobilitazioni più significative sono avvenute a Parigi, presso il prestigioso istituto di studi politici Sciences Po, dove nella notte tra giovedì e venerdì circa 50 persone hanno occupato la struttura, bloccando<https://www.lindipendente.online/2024/04/26/parigi-studenti-occupano-science-po-in-solidarieta-con-la-palestina/> l’ingresso con bidoni dell’immondizia e oggetti di legno e metallo, e a Berlino, dove la polizia ha sgomberato un accampamento di studenti pro-Palestina nei pressi dell’edificio della cancelleria. Nel corso degli scontri, che hanno visto anche la partecipazione di altri universitari arrivati a supporto dei colleghi, sono state arrestate circa 75 persone. La situazione è calda anche a Roma, dove gli studenti dell’università La Sapienza hanno annunciato<https://www.facebook.com/photo/?fbid=760513012933016&set=a.264370619213927> un’agitazione permanente fino a quando non potranno incontrare la rettrice Antonella Polimeni. «Vogliamo discutere democraticamente con la governance della nostra università nel merito degli accordi di collaborazione con università israeliane e con l’industria militare, e richiedere direttamente e pubblicamente, davanti a tutte, la recisione dei suddetti accordi», hanno dichiarato.


BARI 3 maggio h 18,30 c/o Casa Comboniani via Petroni presentazione libro "La scuola va alla guerra" con l'autore Antonio Mazzeo

BISCEGLIE 4 maggio h 18,30 al Castello, Tavola Rotonda sulla militarizzazione della scuola/libro Antonio Mazzeo

BOLZANO 4 maggio h 15,30 via Museo, l'Assemblea solidale con il popolo palestinese, promuove il corteo "Fermiamo il Gemocidio di Gaza"

VENARIA 4 maggio, parte il Giro d'Italia 2024 , che troverà lungo le tappe del percorso che si concluderà a Roma il 26 maggio, le bandiere palestinesi a testimonianza della soldarietà con quel popolo e contestazione della presenza al Giro della squadra "Israel-Premier Tech"



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5 maggio a SIGONELLA h 10,30

Fermiamo il genocidio del popolo palestinese

Cessate il fuoco immediato e definitivo

Smilitarizziamo Sigonella! Boicottiamo Israele!

Fuori l’Italia dalla NATO! Fuori la guerra dalla storia!

Oltre 34.000 palestinesi assassinati, in maggioranza donne e bambini; milioni di sfollati cacciati dalle proprie case e dai propri territori; centinaia di giornalisti e funzionari delle organizzazioni internazionali uccisi negli ultimi 6 mesi; un genocidio in corso a Gaza in “diretta tv” con la complicità di tutti gli Stati occidentali, Italia in primis, e dei maggiori media di comunicazione. Uno scenario di guerra, con tutte le crisi umanitarie che si porta dietro, a partire da quella in corso da oltre 2 anni in Ucraina, dove i governi italiani ed europei, sia di centrodestra che di centrosinistra, si ostinano ad inviare armi al regime di Kiev, contribuendo a micidiali dinamiche , che stanno facendo precipitare l’intera umanità verso una guerra nucleare globale.

Un genocidio quello di Gaza che Israele accompagna all’intensificarsi della persecuzione dei Palestinesi in Cisgiordania, ad atti di guerra nei paesi vicini, dall’ Iraq al Libano fino all’attacco alla sede diplomatica iraniana in Siria ,con l’evidente obiettivo di trascinare in guerra l’intero Medio Oriente. Il terrorismo di stato tollerato e/o sostenuto dal “democratico” Occidente permette ad Israele di massacrare il popolo palestinese così come permette alla Turchia di colpire le popolazioni curde anche in Siria ed Irak nell’indifferenza della comunità internazionale.

Inoltre si acuisce la criminalizzazione di qualsiasi forma di dissenso e d’informazione indipendente colpendo chi si oppone e denuncia i crimini del complesso militare-industriale; richiediamo la liberazione di chi lotta contro le fabbriche della morte (vedi Leonardo) ed esprimiamo la nostra solidarietà ad Antudo .

Le istituzioni europee e il governo italiano, con il consenso esplicito o tacito della quasi totalità delle rappresentanze parlamentari, non hanno attivato alcuna deterrenza per fermare l'annientamento di Gaza e l'occupazione neocoloniale della Cisgiordania. Al supporto militare e alle collaborazioni scientifiche, garantito dalle strutture dei propri territori, l'Europa accompagna una sostanziale copertura diplomatica delle azioni criminali di Israele nei confronti della Palestina e de paesi presenti nell'area mediorientale. Una complicità che si cerca di mascherare ipocritamente con l'invio di aiuti umanitari che spesso non arrivano a destinazione o non sono fruibili, e che non fermano la crisi sanitaria, e il diffondersi generalizzato della fame e della sete.

Se non vogliamo che tutta Gaza sia trasformata in un deserto, occorre mobilitarsi per fermare subito la criminale “soluzione finale” israeliana. Non possiamo continuare a pagare le scelte guerrafondaie di chi ci governa, mentre aumentano sempre più le spese militari e i profitti di chi fabbrica strumenti di morte, si continua a smantellare la sanità pubblica e lo stato sociale.

La Sicilia è sempre più coinvolta nella spirale di guerra: dal novembre scorso decollano dalla base di Sigonella i droni Global Hawk e da qualche settimana TRITON per operazioni d’ intelligence e sorveglianza sull’intero Medio Oriente, come pure gli aerei pattugliatori P8 Poseidon, mentre gli aerei cargo Globe Master continuano a trasferire armi e munizioni dagli USA ( via Ramstein, Germania) fino alla base aerea israeliana di Nevatim, nel deserto del Negev. Inoltre i porti di Augusta e Catania sono stati coinvolti nelle esercitazioni Nato antisommergibili Dynamic Manta 2024 militarizzando il mare Ionio, mentre si continua ad impedire l’approdo alle navi umanitarie, ostacolando così i soccorsi in mare dei migranti.

Il 4 aprile del 1949 si costituì la NATO ( North Atlantic Treaty Organization) con l’obiettivo di salvaguardare “la sicurezza e la libertà degli Stati firmatari” dalla minaccia sovietica. Nel 75° anniversario bisogna riprendere in Sicilia le migliori tradizioni popolari di lotta per la Pace, dagli euromissili a Comiso, al Muos di Niscemi affinchè le basi della morte siano chiuse sia qui che altrove!

Mobilitiamoci per:

Il riconoscimento dell’autodeterminazione del popolo palestinese e del diritto alla Resistenza

La liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi

Sbloccare i finanziamenti all’agenzia UNRWA per la martoriata popolazione palestinese

L’immediato ritiro delle navi della Marina militare italiana e di tutte le truppe dal Medio Oriente e dal mar Rosso; l’operazione Aspides calpesta l’art. 11 della Costituzione!

Fermare la complicità delle basi militari in Italia nella guerra al popolo palestinese.

Boicottare l’economia di guerra israeliana,i prodotti che provengono dai territori occupati , le relazioni accademiche e diplomatiche.

Una Pace giusta sarà possibile solo se Israele abbandonerà i territori occupati, rispettando le risoluzioni dell’ONU, da troppi anni finora disattese per le complicità di Usa, Ue e Nato!

DOMENICA 5 MAGGIO ORE 10,30

MANIFESTAZIONE REGIONALE A SIGONELLA

( partenza da Catania ore 9,30 da piazza Alcalà/Borsellino)

Promotori: Rete siciliana di solidarietà alla Palestina, Catanesi solidali con il popolo palestinese, Voci nel silenzio-Palermo, Coordinamento per la Palestina libera-Caltanissetta, Comitato per il sostegno al popolo palestinese-Riviera jonica messinese

hanno aderito:Comitato NoMuos/NoSigonella,Catanesi solidali con il popolo curdo, Carovane Migranti , Cobas scuola Sicilia, Collettivo analisi e inchiesta-Ct, Movimento NoMuos, Nessuno è straniero-Giarre, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Risorgimento Socialista-Sicilia, Potere al Popolo-Sicilia, PCL-Sicilia, Rifondazione Comunista-Sicilia, Sinistra Italiana-Sicilia, USB- Sicilia


5 maggio a Camogli: “Pace per la Palestina”, incontro in biblioteca

Dall’Associazione “Ochin Okinawa”

Camogli, domenica 5 maggio 2024, ore 17.30

Biblioteca N. Cuneo, via G.B. Ferrri 41

Pace per la Palestina: i fatti oltre le narrazioni

Il giornalista Christian Elia dialoga con Luca Guzzetti

LEVANTE News.Inviato di guerra ed esperto di Medio Oriente, Christian Elia è coautore con Francesca Albanese del libro “J’accuse”, nato prima dell’attacco brutale di Hamas del 7 ottobre 2023 e della conseguente guerra di Israele a Gaza – in un momento in cui l’attenzione mediatica sulla situazione in Israele e nei territori palestinesi occupati era minima – proprio per comunicare ai lettori l’urgenza di un tema che non poteva essere ignorato. “J’accuse” si basa su tre Rapporti internazionali per le Nazioni Unite – presentati da Albanese rispettivamente nell’ottobre 2022, nel luglio e nell’ottobre 2023 – che documentano l’affermarsi di una condizione di apartheid e di un’occupazione neocoloniale con migliaia di vittime.

Luca Guzzetti discuterà con Christian Elia di una storia complessa e drammatica che non comincia il 7 ottobre dello scorso anno.


CONTRO IL SUMMIT G7  IN  PUGLIA  13-15 GIUGNO
che dispone guerra invece di coesistenza tra i popoli,
        che sviluppa  riarmo invece di benessere,
che accentua crisi ecosistemica invece di risanamento,
       che nega speranza invece di futuro ai giovani



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                           NOI  OLTRE  7.000.000.000
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Netanyahu rischia mandato arresto della Corte penale internazionale

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28 Aprile 2024Redazione VI Più


(Adnkronos) –
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu rischia che la Corte penale internazionale (Cpi) emetta un mandato di arresto nei suoi confronti, ma gli Stati Uniti sono impegnati in un intenso sforzo diplomatico per impedirlo. Lo scrive il sito israeliano di notizie Walla affermando che Netanyahu è impegnato in un ''pressing telefonico senza sosta'' per evitare l'intervento della Corte dell'Aja. Anche l'analista di Haaretz Amos Harel ha scritto che il governo israeliano sta lavorando partendo dal presupposto che il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, possa emettere questa settimana mandati di arresto per Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf) Herzi Halevi.
Gli Stati Uniti, che come Israele non sono tra i 124 paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, sono impegnati nello sforzo di bloccare i mandati di arresto, secondo Harel. Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha messo in guardia tutte le delegazioni diplomatiche israeliane all'estero di "prepararsi immediatamente a una grave ondata di manifestazioni antisemite, antiebraiche e anti-israeliane a livello globale". Queste potrebbero scaturire, secondo Katz, nel caso in cui la Corte penale internazionale (Cpi) emetta mandati di arresto nei confronti di Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant e del capo di stato maggiore dell'Idf Herzi Halevi. Chiedendo al Tribunale dell'Aja di non emettere questi mandati di arresto, Katz ha affermato che "non c'è niente di più distorto che tentare di impedire a Israele di difendersi da un nemico assassino che chiede apertamente la distruzione dello Stato di Israele". In una nota ha avvertito che "se i mandati verranno emessi, danneggeranno i comandanti e i soldati dell'Idf e incoraggeranno l'organizzazione terroristica Hamas e l'asse islamico radicale guidato dall'Iran contro il quale stiamo combattendo''. Katz ha quindi sostenuto che "Israele opera nel pieno rispetto di tutte le leggi di guerra" e ha "un sistema legale robusto e indipendente, fornisce aiuti umanitari alla popolazione di Gaza in collaborazione con organismi internazionali, anche se Hamas usa la popolazione come scudo umano, attacca e complica la consegna degli aiuti''. —internazionale/esteriwebinfo@???<mailto:esteriwebinfo@adnkronos.com> (Web Info)


Sono centinaia i corpi nelle fosse comuni di Khan Yunis


300 cadaveri palestinesi allo Shifa, altri 283 corpi recuperati nella fossa comune dell’ospedale Nasser, terminato l’assedio israeliano. Donne, bambini, anziani, alcuni giustiziati e irriconoscibili. L’ennesimo crimine di guerra che l’occidente non vede

di Michele Giorgio da il manifesto

«Vorrei dargli una sepoltura degna e pregare sulla sua tomba, solo questo», diceva ieri in un video una donna affacciandosi sulla fossa comune individuata accanto all’ospedale Nasser di Khan Yunis. Si riferiva al figlio 21enne scomparso da due mesi nella zona del complesso medico più importante nel sud di Gaza, occupato dalle truppe israeliane nelle scorse settimane. Difficilmente riuscirebbe a identificarlo. I corpi sono in avanzato stato di decomposizione. Appena recuperati, per ragioni sanitarie, vengono subito avvolti in sudari bianchi. Solo alcuni sono stati identificati grazie al ritrovamento dei documenti.

Ieri ne sono stati recuperati altri 73, da tre fosse comuni. In quella più grande, scoperta sabato, sono stati trovati 210 cadaveri di giovani e anziani e di donne. «Alcuni erano ammanettati e spogliati dei vestiti, altri sono stati giustiziati a sangue freddo» ha detto un medico del Nasser accusando l’esercito israeliano di aver cercato di «nascondere i suoi crimini» seppellendo frettolosamente i morti. La stessa accusa rivolta a Israele dalle squadre della Protezione civile che nei giorni scorsi hanno recuperato i corpi di circa 300 persone uccise da bombardamenti e combattimenti dentro e intorno all’ospedale Shifa di Gaza city. «Ci aspettiamo di trovare altri 200 corpi nelle fosse comuni», ha previsto Ismail Thawabta, direttore dell’ufficio stampa governativo.

Il calvario di Khan Yunis non è terminato. Nella parte orientale della città ridotta in gran parte in macerie, ieri sono rientrate all’improvviso le truppe israeliane mettendo in fuga le famiglie tornate da pochi giorni nelle abitazioni ancora in piedi. Sono scappate ad Abasan oppure hanno raggiunto i rifugi dell’Onu già pieni di sfollati. Bombe anche su Rafah dove la popolazione e un milione di sfollati attendono l’assalto di Israele. Netanyahu due giorni fa ha annunciato l’avvio di intense operazioni militari a Gaza come unica strada per «distruggere» Hamas e riportare a casa gli oltre 100 ostaggi israeliani.

Tra domenica e lunedì i raid aerei hanno uccisi 22 civili, tra di essi numerosi bambini, a Tel Al Sultan e altre zone di Rafah. I medici dell’ospedale degli Emirati hanno fatto venire alla luce un bimbo operando un taglio cesareo sulla madre, uccisa da un raid aereo. In un video si vede la concitazione dei sanitari dopo il salvataggio e il piccolo che poi viene messo in un’incubatrice. «La madre, Sabrin Sakani, era incinta alla trentesima settimana – ha raccontato un medico – Le condizioni del neonato sono stabili, dovrà restare qui tre 3-4 settimane. Poi dopo andrà dai nonni, zii, uno dei familiari». Un bambino che è nato già orfano.

In Cisgiordania resta forte lo sdegno per l’uccisione di almeno 14 palestinesi, diversi dei quali combattenti, durante la lunga incursione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Nur Shams e in alcune aree della adiacente città di Tulkarem. Domenica si sono tenuti i funerali delle vittime, tra cui però non figura più Mohammed Jaber, detto Abu Shujaa, un giovane capo militare del Jihad Islami molto popolare a Nur Shams. Dato per ucciso da Israele, Abu Shujaa è invece riapparso ed è stato portato in spalla da decine di persone. Cadono nel vuoto, intanto, le proteste per i raid dei coloni israeliani nei villaggi palestinesi tra Nablus e Ramallah. Dopo l’uccisione di un adolescente israeliano, almeno quattro palestinesi, tra cui un autista di ambulanza, sono stati uccisi dal fuoco di coloni.

Netanyahu e un po’ tutto Israele, hanno accolto con rabbia l’ipotesi di sanzioni degli Usa, per «violazioni dei diritti umani» in Cisgiordania, al Battaglione Netzah Yehuda. Secondo il premier e il leader centrista Benny Gantz, l’eventuale passo americano sarebbe «il massimo dell’assurdità» e hanno annunciato un’opposizione netta alla decisione. Il Battaglione Netzah Yehuda è stato fondato nel 1999 ed è formato da religiosi ultraortodossi. Ora è impiegato a Gaza. Negli ultimi anni i suoi soldati sono stati accusati varie volte di gravi abusi a danno di civili palestinesi. Se la decisione sarà confermata, rappresenterà un precedente anche per le corti internazionali competenti per crimini di guerra.

Ieri però più che del battaglione degli ultraortodossi, in Israele si parlava della lettera di dimissioni presentata da Aharon Haliva, il generale al comando dell’intelligence militare il 7 ottobre, quando Hamas ha attaccato il sud dello Stato ebraico (circa 1.200 morti, 253 presi in ostaggio). Spiegando che resterà in carica fino alla nomina di un sostituto, Haliva si è assunto la responsabilità per il «fallimento» di quel giorno in cui, assieme ai suoi uomini, si è fatto cogliere di sorpresa da Hamas. Le dimissioni accresceranno le pressioni su Netanyahu che pubblicamente ha ammesso solo in parte le sue colpe e ha rinviato ogni decisione alla fine della guerra. «Sarebbe opportuno che il primo ministro Netanyahu facesse lo stesso», ha prontamente commentato il capo dell’opposizione Yair Lapid.

È il momento della rivincita dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Israele «deve ancora fornire prove a sostegno» delle accuse secondo cui alcuni dipendenti dell’agenzia sono membri di Hamas. Lo afferma l’indagine indipendente guidata dall’ex ministro degli Esteri francese Catherine Colonna. Il rapporto commissionato sulla scia dell’accusa israeliana che almeno 12 dipendenti dell’Unrwa avrebbero partecipato al 7 ottobre, rileva che l’agenzia umanitaria aveva regolarmente fornito a Israele elenchi dei suoi dipendenti da sottoporre a controllo e che «il governo israeliano non ha informato l’Unrwa di alcuna preoccupazione relativa al suo personale». A causa delle accuse israeliane gli Usa, l’Italia e altri paesi occidentali hanno tagliato i finanziamenti all’Unrwa nonostante le enormi necessità di 2,3 milioni di palestinesi a Gaza.


Naomi Klein: “Abbiamo bisogno di un esodo dal sionismo”
"Il sionismo è un falso idolo che ha preso l’idea della terra promessa e l’ha trasformata in un atto di vendita di uno stato etnico militarista"

Naomi Klein ha partecipato al Sader in the Street tenutosi a Brooklyn lo scorso 23 aprile: "Non abbiamo bisogno né vogliamo il falso idolo del sionismo. Vogliamo svincolarci dal progetto che commette un genocidio in nostro nome". Articolo originale pubblicato su The Guardian<https://www.theguardian.com/commentisfree/2024/apr/24/zionism-seder-protest-new-york-gaza-israel> il 24 aprile 2024; traduzione per Globalproject di Fiorella Zenobio.

"Ho pensato a Mosè e alla sua rabbia quando scese dal monte e trovò gli Israeliti che adoravano un vitello d'oro. L’ecofemminista che è in me è sempre stata a disagio riguardo a questa storia: che tipo di Dio è geloso degli animali? Che tipo di Dio vuole accumulare per sé tutta la sacralità della Terra?

Ma esiste un modo meno letterale di interpretare questa storia. Si tratta dei falsi idoli, della tendenza umana a venerare il profano e il luccicante, a guardare al piccolo e al materiale piuttosto che al grande e al trascendente.

Quello che voglio dirvi questa sera in questo rivoluzionario e storico Seder in the Street (è il nome della protesta pro Palestina che c’è stata a Brooklyn lo scorso 23 aprile, davanti all'abitazione di Chuck Schumer, il leader dei democratici al Senato. Durante la protesta - che prende il nome dal Seder, ossia la festa che dà inizio alle celebrazioni della Pasqua ebraica - sono state arrestate oltre 300 persone, proprio mentre il Congresso approvava il massiccio pacchetto di fondi che diversi include miliardi in assistenza militare a Israele, ndt) è che troppe persone tra di noi venerano ancora una volta un falso idolo. Ne restano estasiati. Ubriachi. Profanati da esso.

Quel falso idolo si chiama sionismo.

Il sionismo è un falso idolo che ha preso l’idea della terra promessa e l’ha trasformata in un atto di vendita di uno stato etnico militarista.

È un falso idolo che prende le nostre storie bibliche più profonde di giustizia ed emancipazione dalla schiavitù - inclusa la storia della Pasqua ebraica - e le trasforma in armi brutali impiegate per il furto coloniale di terre, in tabelle di marcia per la pulizia etnica e per il genocidio.

È un falso idolo che ha preso l’idea trascendente della terra promessa – una metafora della liberazione dell’essere umano che ha viaggiato attraverso molteplici fedi in ogni angolo di questo globo – e ha osato trasformarla in un atto di vendita di uno stato etnico militarista.

La versione di liberazione del sionismo politico è essa stessa profana.

Fin dall’inizio, ha implicato l’espulsione di massa dei palestinesi dalle loro case e dalle terre ancestrali della Nakba.

Fin dall'inizio è stata in conflitto con i sogni di liberazione. In un Seder vale la pena ricordare che questo include i sogni di liberazione e di autodeterminazione del popolo egiziano. Questo falso idolo del sionismo equipara la sicurezza israeliana alla dittatura egiziana e agli stati clienti.

Fin dall’inizio ha prodotto un brutto tipo di libertà che vedeva i bambini palestinesi non come esseri umani ma come minacce demografiche – proprio come il faraone nel Libro dell’Esodo temeva la crescente popolazione di israeliti, e quindi ordinò la morte dei loro figli.

Il sionismo ci ha portati al momento attuale del cataclisma ed è giunto il momento di dirlo chiaramente: ci ha da sempre condotti qui.

È un falso idolo che ha condotto fin troppe persone tra noi lungo un percorso profondamente immorale che li porta a giustificare la distruzione dei comandamenti fondamentali: non uccidere, non rubare, non desiderare la casa del tuo prossimo.

Noi, in queste strade da mesi e mesi, siamo l'esodo. L'esodo dal sionismo.

È un falso idolo che equipara la libertà ebraica alle bombe a grappolo che uccidono e mutilano i bambini palestinesi.

Il sionismo è un falso idolo che ha tradito ogni valore ebraico, compreso il valore che attribuiamo alla messa in discussione (una pratica incorporata nel Seder con le sue quattro domande poste dal bambino più piccolo), compreso l’amore che abbiamo come popolo per il testo e per l’istruzione.

Oggi questo falso idolo giustifica il bombardamento di ogni università di Gaza; la distruzione di innumerevoli scuole, archivi e tipografie; l’uccisione di centinaia di accademici, giornalisti e poeti – questo è ciò che i palestinesi chiamano “scolasticidio”, l’uccisione dei mezzi di istruzione.

Nel frattempo, in questa città, le università chiamano in causa la polizia di New York e si barricano contro la grave minaccia rappresentata dai propri studenti che osano porre loro domande basilari, del tipo: come potete affermare di credere davvero in qualcosa, men che meno in noi,mentre permettete, investite e collaborate con questo genocidio?

Per troppo tempo si è permesso che il falso idolo del sionismo crescesse incontrollato.

Allora stasera diciamo: finisce qui.

Il nostro giudaismo non può essere contenuto in uno stato etnico, poiché il nostro giudaismo è internazionalista per natura.

Il nostro giudaismo non può essere protetto dall’esercito infuriato di quello stato, perché tutto ciò che fa l’esercito è seminare dolore e raccogliere odio – anche contro di noi come ebrei.

Il nostro ebraismo non è minacciato da persone che alzano la voce in solidarietà della Palestina al di là di razze, etnie, abilità fisiche, identità di genere e generazioni.

Il nostro ebraismo è una di quelle voci e sa che in quel coro risiedono sia la nostra sicurezza che la nostra liberazione collettiva.

Il nostro giudaismo è il giudaismo del Seder pasquale: una cerimonia che prevede il raduno per condividere cibo e vino con i propri cari e con gli estranei, un rituale che è intrinsecamente tascabile, abbastanza leggero da poter essere portato sulle spalle, che non ha bisogno di niente se non di noi stessi: niente mura, niente tempio, niente rabbino, un ruolo per tutti, anche – soprattutto – per il bambino più piccolo. Il Seder è una tecnologia della diaspora, se mai ce n’è stata una, creata per il lutto collettivo, la contemplazione, l’interrogazione, il ricordo e il rilancio dello spirito rivoluzionario.

Quindi guardatevi intorno. Questo qui è il nostro giudaismo. Mentre le acque si alzano e le foreste bruciano e nulla è certo, preghiamo sull’altare della solidarietà e dell’aiuto reciproco, qualunque sia il costo.

Non abbiamo bisogno né vogliamo il falso idolo del sionismo. Vogliamo svincolarci dalprogetto che commette un genocidio in nostro nome. Svincolarci da un’ideologia che non ha alcun piano per la pace, se non accordi con i petro-stati teocratici e assassini della porta accanto, per vendere le tecnologie degli omicidi robotici al mondo.

Cerchiamo di liberare l’ebraismo da uno stato etnico che vuole che gli ebrei abbiano perennemente paura, che vuole che i nostri figli abbiano paura, che vuole farci credere che il mondo è contro di noi, cosicché corriamo verso la sua fortezza e sotto la sua cupola di ferro, o che quantomeno manteniamo il flusso di armi e donazioni.

Questo è il falso idolo.

E non è solo Netanyahu, è il mondo che ha creato e che lo ha creato – è il sionismo.

Cosa siamo noi? Noi, in queste strade da mesi e mesi, siamo l'esodo. L'esodo dal sionismo.

E ai Chuck Schumer di questo mondo non diciamo: “Lasciate andare la nostra gente”.

Diciamo: “Siamo già andati. E i vostri figli? Sono con noi adesso”.