Re: [Hackmeeting] critica della tecnologia [era: Re: intelli…

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Autor: scarph@autistici.org
Datum:  
To: hackmeeting@inventati.org
Betreff: Re: [Hackmeeting] critica della tecnologia [era: Re: intelligenza artificiale (Andrea Collina)]
approfitto di questa mail per rispondere anche in parte a Karlessi (che
detto tra noi mi piace un sacco quello che scrive)

Il 04/02/24 19:22, Giacomo Tesio ha scritto:
> Ma che bella riflessione!
>
> Nella mia ignoranza, mi sfugge il passaggio su Gramsci, l'egemonia e le destre, ma cercherò
> di documentarmi da solo in proposito.


penso che Karlessi abbia un posizionamento anarco-individualista, ovvero
consideri la possibilità che ci sia un modo di creare mondi basati sulla
convivialità e un'individualismo-comunitarista (non so se questo secondo
tropo sia corretto) per cui alcuni strumenti tecnologici e non solo,
parliamo probabilmente di approccio alla mente umana, diventino delle
possibilità liberatorie per il vivere collettivo.

Chi invece ha una posizione marxiana, gramsciana, operaista o
postoperaista resta dal lato del potere e non della potenza, ovvero
considera la conquista del potere dal punto di vista della strategia.

(Karlessi sto parlando al posto tuo, uccidimi per questo!)

Di conseguenza ovvio che il potere operaio non possa piacergli. Ma di
fatto tutta quella scia che da Marx arriva soprattutto a Tronti (Operai
e Capitale) non puo' stare in un percorso di liberazione collettiva.
Semplicemente perchè parte dal punto di vista della lotta di classe,
quindi degli operai.

Di fatto tutta questa modalità (e ci metto dentro anche Foucault fino a
"Sorvegliare e Punire") muove da una necessità storica: AUTODISTRUGGERE
LA CLASSE OPERAIA E LA FABBRICA. Se da un lato Gramsci come anche
Foucault si preoccupano di come il potere sia pratica di disciplinamento
basata sui discorsi (come diceva Humpty Dumpty in "Attraverso lo
specchio" bisogna sapere chi è il padrone delle parole) che diventa
comando allorchè costruisce pratiche e forme di assoggettamento basate
su corpus linguistici ben precisi da cui scaturiscono dispositivi
pratici (ospedali, carceri, cliniche psichiatriche, scuole, fabbriche)
nei quali incasellare i soggetti, da Tronti in poi secondo una linea che
ha a che fare probabilmente piu' con Nietzche che con Marx si decreta
l'autodistruzione della CLASSE come RIVOLUZIONE.
L'operaismo individua nella tecnologia (e da qui anche tutta la pippa
sul frammento dei Grundrisse) non un nemico di classe ma uno dei piu'
grandi grimaldelli in questo processo di autodistruzione, per cui alla
fine sono gli operai con il rifiuto del lavoro che spingono il capitale
alla loro sostituzione a mezzo di innovazione tecnologica. La "rude
razza pagana" genera una guerra Classe contro classe,(sto tagliando con
l'accetta, scusate) e di fatto quello che succede in buona parte
dell'occidente in cui questa modalita' di lotta prende forza e attacca
il capitale, è la morte della grande fabbrica e il conseguente
contrattacco del capitale con altri strumenti (austerità,
disoccupazione, eroina, repressione, delocalizzazione, lavoro astratto,
ecc.) per ripristinare l'ordine della subalternità.

Ora credo che come diceva Freak Antoni "UNA VITA INTERA A SCHIVAR LA
FRESA" sia stato un metodo utile per l'autodistruzione della classe
operaia, cosa che permette a tutti noi di stare qua a farci questi
pipponi anzichè stare alla catena di montaggio.

> D'altro canto il potere non necessita di abilità: basta la fiducia di coloro che lo subiscono!
> Ma fintanto che tale fiducia può essere riassegnata con facilità, non ha senso
> parlare di potere, ma basta il concetto di fiducia.
>
> Parliamo di potere quando la relazione di fiducia cristallizza e diventa difficile riassegnarla o
> monitorare come venga utilizzata.


Tutto quanto ho scritto prima secondo me rende superfluo pensare al
potere e alla tecnologia come questione di fiducia, di come si usa la
tecnologia e sulle sue possibilità di democratizzazione, ma questione di
materialismo storico, ovvero di tutte le conseguenze, le vittorie e le
sconfitte della guerra fra operai e capitale. Probabilmente tutti gli
epigoni del postoperaismo (Pasquinelli compreso) sono rimasti fermi la,
a cercare di decifrare la composizione di classe e a trovare il loro
personalissimo uovo di colombo tramite il quale riproporre questa
modalità che e' stata totalmente storica e situata all'interno di una
precisa traiettoria che la lotta di classe ha potuto afferrare in quel
momento.

Tutto cio' per puntualizzare dei perchè    rispetto alla "fuffa" e i "non 
si capisce" riguardo l'operaismo. Secondo me si capisce, in questa 
accezione.


Per il resto riguardo alla critica della tecnologia che si e' espressa
in lista, trovo un sacco di spunti bellissimi, trovo la critica di
Karlessi soprattutto sulla questione del godimento, della scarica
dopaminica, della Skinner Box, del rapporto fra umano e tecnologia
assolutamente puntuale. Ma siamo sicure che tutta sta roba abbia
veramente una possibilità di biforcazione per cui poi alla fine visto
che non possiamo uscire dal rapporto con le macchine possiamo usare
questo rapporto a nostro vantaggio (ovvero a vantaggio della vita
anzichè della sottomissione e della morte)? Sono sicuro di si, ma
dobbiamo considerare il nostro rapporto con le macchine non come un
rapporto cognitivo ma come lo strumento fondamentale attraverso il quale
possiamo andare oltre quello che sta in the box. Se usciamo dalla
scatola e consideriamo la mente come un qualcosa di contemporaneamente
incarnato, disarticolato, che tramite la tecnologia riporta dentro di se
il suo rapporto con i segni del mondo, facciamo a pezzi anche
l'intelligenza, artificiale e non, e iniziamo a pensare agli esseri
viventi non come corpi ammaestrati e ammaestrabili, dotati di
intelligenza e quindi come una particolarita' specie-specifica, ma come
esseri senzienti che cercano di trovare il loro modo per sopravvivere al
mondo attraverso le relazioni, le passioni e il piacere della vita. La
conoscenza sta molto piu' nel piacere che nel lavoro, di questo non c'è
dubbio e questo lo sanno pure le scimmie e i calabroni calabresi.

baci
s*