Re: [Pacifistat] LA XYLELLA È ANCORA UNA “EMERGENZA”?

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Autor: Adolfo Morrone
Datum:  
To: Roberto Badel
CC: pacifistat
Betreff: Re: [Pacifistat] LA XYLELLA È ANCORA UNA “EMERGENZA”?
Dopo Xylella e Covid aspettiamo anche il rimedio omeopatico per il climate change.


----- Messaggio originale -----
Da: "Roberto Badel" <robadel@???>
A: "pacifistat" <pacifistat@???>
Inviato: Giovedì, 20 luglio 2023 9:53:49
Oggetto: Re: [Pacifistat] LA XYLELLA È ANCORA UNA “EMERGENZA”?

esilarante...

secondo me i luoghi comuni sono tutti nell'intervento del ricercatore Proto, così come l'atteggiamento antiscientifico.



----- Messaggio inoltrato -----
Da: Gaetano Proto <proto@???>
A: "pacifistat@???" <pacifistat@???>
Inviato: martedì 18 luglio 2023 alle ore 15:22:29 CEST
Oggetto: Re: [Pacifistat] LA XYLELLA È ANCORA UNA “EMERGENZA”? (Xylella)

L'affare Xylella è un "esperimento cruciale" che meriterebbe un saggio di quelli seri (che di solito vengono pubblicati da un editore di quelli seri, per esempio Il Mulino), di cui questa potrebbe essere una traccia
[ https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.radarmagazine.net%2Fxylella-fastidiosa-ulivi-del-salento%2F&e=2637b01d&h=c5543488&f=n&p=y | https://www.radarmagazine.net/xylella-fastidiosa-ulivi-del-salento/ ]
La collana potrebbe essere "Il carattere degli italiani", con esplicito riferimento al culto del particulare di Guicciardini. Ma forse in altre parti del mondo avanzato, almeno in alcuni periodi (per esempio gli USA di Trump), le cose sarebbero andate nello stesso modo.

Non conosco abbastanza della vicenda da poter improvvisare un'expertise, ma al tempo stesso credo che in molti conosciamo abbastanza della vicenda da poter dire, se non altro con il senno di poi, chi ha avuto ragione e chi ha avuto torto, con danni enormi per la collettività. In sintesi, per salvare -- in piena logica NIMBY [ not in my backyard ], che non ha nulla a che spartire con l'ambientalismo -- i 1.000 ulivi di cui era stato prescritto l'abbattimento ci si è resi responsabili del contagio di milioni di ulivi. Nel frattempo, i 1.000 ulivi sono stati comunque uccisi dal batterio. Quindi l'esito è chiaro e, come spesso (non sempre) accade, coincide con quanto previsto dalla fantomatica "scienza".

L'intervento del prof. Marini sembra scritto da un programma di IA per come affastella i luoghi comuni che hanno contribuito a questo disastro ambientale.
L'atteggiamento è antiscientifico, a partire dalla disapplicazione del principio più elementare della conoscenza che prevede un bilancio (ovviamente critico) dell'esperienza passata per capire quali ipotesi erano giuste e quali si sono rivelate sbagliate.
Quindi chi in qualche modo si affida in linea generale alla scienza -- che poi non è davvero tale, ma va degradata d'ufficio a "cosiddetta scienza ufficiale" -- viene bollato di "fideismo scientista": mentre è sotto gli occhi di tutti che i due termini convivono assai più naturalmente nel contrario, cioè il diffuso (e coltivato) fideismo antiscientista. Stesso approccio nell'inquietante riferimento al "preteso primato della scienza sull’essere umano", dove la scienza che chiaramente è scienza umana (noi quella produciamo e conosciamo) e quindi non opponibile in questi termini, diventa una specie di Moloch esterno e nemico, secondo un postulato del fideismo antiscientista. Infine, non poteva mancare l'allusione ai "conflitti d’interesse" (presuntivamente endemici nella "cosiddetta scienza ufficiale"), che stona particolarmente in una vicenda segnata dalla logica NIMBY che dicevo sopra, cioè dall'interesse personale avulso e contrapposto a quello collettivo.

Come ho detto, Marini affastella luoghi comuni che potrebbero essere scritti da chat GPT (e se lo fossero davvero? quella sì che è un'applicazione della scienza dai risvolti un tantino inquietanti), salvo la domanda finale, che vorrebbe essere retorica ma fa riflettere:


d’altra parte, se gli uomini sono riusciti a convivere con il Covid, è davvero possibile che gli olivi non possano convivere con la Xylella? La risposta in breve potrebbe essere questa: per quel che vale l'analogia, di fronte a un pericolo mortale la risposta dev'essere tempestiva, basata sull' evidenza e sull'applicazione del metodo scientifico. La fase della eventuale convivenza può iniziare solo dopo che le minacce principali sono state sventate, con metodi anche drastici. Nel caso del Covid siamo stati a lungo disarmati (senza vaccini) e non abbiamo potuto fermare il contagio, mentre nel caso della Xylella probabilmente avremmo potuto. Al contrario, ora come umani (largamente vaccinati) possiamo convivere abbastanza liberamente con il virus (ma non tutti, p.es non in una RSA), mentre gli ulivi delle varietà storiche locali aggredite fin dall'inizio dalla Xylella (contro la quale non esiste un "vaccino") non possono farlo, a differenza di altre cultivar resistenti.
Quindi sì, è possibile, e comunque la nostra capacità in quanto umani di affrontare sfide complesse dipende moltissimo dalla nostra disponibilità a uscire dal paradiso artificiale del pensiero magico.
Gaetano


Il 18/07/2023 09:20, Roberto Badel ha scritto:




[ https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fcomedonchisciotte.org%2Fla-xylella-e-ancora-una-emergenza%2F&e=2637b01d&h=301b4d93&f=n&p=y | https://comedonchisciotte.org/la-xylella-e-ancora-una-emergenza/ ]


Di Luca Marini

A Roma, come altrove, esiste un modo di dire molto efficace: “come la volti e come la giri (sempre sessantanove è)”.

E, in effetti, è innegabile che l’analisi dell’affaire Xylella – voltato e rigirato a piacimento – conduca sempre alle stesse conclusioni.

Tra queste può essere utile ricordare come l’impianto normativo attualmente in vigore finisca di fatto per:

i) promuovere esclusivamente la lotta alla diffusione del batterio Xylella mediante l’imposizione di rimedi talvolta peggiori del male (dai diserbanti agli insetticidi neurotossici all’espianto sistematico degli olivi);

ii) ostacolare la ricerca di altre possibili cause della fitopatia Co.Di.R.O. (dalla pratiche agricole intensive all’uso massiccio dei fitofarmaci);

iii) ridurre la biodiversità imponendo il reimpianto di mono-varietà geneticamente modificate in luogo degli olivi espiantati (ciò che fatalmente favorirà la diffusione di future fitopatie);

iv) standardizzare verso il basso la qualità dell’olio così prodotto (a detrimento delle tanto propagandate eccellenze alimentari italiane);

v) compromettere la sopravvivenza dei piccoli produttori mediante la sostituzione di pratiche e modelli agricoli tradizionali con metodi e sistemi agro-industriali (favorendo il processo di globalizzazione dei mercati);

vi) modificare permanentemente un paesaggio unico e irripetibile quale possibile preludio all’insediamento di infrastrutture simbolo di una controversa transizione ecologica ed energetica (dalle pale eoliche alla TAP).

Ma più di queste e altre considerazioni, dalla vicenda Xylella emerge chiara la fede incrollabile che molti professano – curiosamente – nei confronti della cosiddetta scienza ufficiale e delle evidenze scientifiche da essa fornite: evidenze che, come noto, considerano incurabili gli olivi infetti e li condannano all’espianto.

Questo fideismo scientista, che appare maggiormente ingiustificato proprio a chi applica il metodo scientifico con sistematicità e rigore (e senza conflitti d’interesse), costituisce l’elemento di maggiore affinità tra la vicenda Xylella e l’altra che, più di recente, ha segnato la vita non solo dei 4 milioni di pugliesi, ma anche dei restanti 55 milioni di italiani: il Covid.

E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, che le due “emergenze” hanno condotto – in nome del preteso primato della scienza sull’essere umano – all’introduzione di misure coercitive in grado di calpestare diritti e libertà fondamentali e di favorire la strumentale suddivisione dei cittadini tra obbedienti e ossequiosi delle regole, da una parte, e negazionisti-antiscientisti, dall’altra, trasformando la diversità di opinioni in uno scontro tra buoni e cattivi in cui non ha trovato spazio né la riflessione critica, né la ricerca effettiva di soluzioni scientifiche e tecniche alternative e diverse da quelle imposte dall’alto, né la salvaguardia di consolidati principi etico-giuridici.

In altri termini è difficile negare che la gestione della Xylella, anticipando metodi e sistemi resi palesi dalla gestione del Covid, abbia condotto, più che alla salvaguardia del patrimonio ambientale, paesaggistico ed economico pugliese, all’azzeramento di ogni forma di autonomia individuale quale preludio all’instaurazione e all’accettazione acritica di strumenti di controllo e di soggiogamento collettivo: strumenti da ascriversi alla deriva totalitaristica favorita soprattutto dal processo di globalizzazione della tecno-scienza.

Siffatta biopolitica va ovviamente stigmatizzata senza esitazioni in nome della salvaguardia della dignità e dei diritti fondamentali dell’essere umano. Con riferimento alla vicenda Xylella, un primo passo in questa direzione non può che essere costituito dall’avvio di una seria riflessione critica sul quadro normativo di riferimento, allo scopo di individuare soluzioni diverse da quelle di tipo emergenziale più o meno strumentalmente adottate finora: d’altra parte, se gli uomini sono riusciti a convivere con il Covid, è davvero possibile che gli olivi non possano convivere con la Xylella?







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