Re: [Aisa.circuli] SNAPP

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Autor: Mario Annunziato
Data:  
A: 380°
CC: aisa.circuli
Assumpte: Re: [Aisa.circuli] SNAPP
Buongiorno Giovanni,

le rispondo sinteticamente in linea

Il 2023-06-28 19:33 380° ha scritto:
> Buongiorno Mario
>
> "Mario Annunziato via Aisa.circuli" <aisa.circuli@???>
> writes:
>
> [...]
>
>> Insomma paghi, dai in pasto i dati a Google, e se non ti sta bene
>> sei fuori dal giro.
>>
>> Adesso dovrò rispondere al capo editore.
>
> (premetto che non lavoro in ambito accademico o della ricerca
> scientifica, quindi sono alieno più che alienato)
>

Sì mi ricordo.


> una modesta domanda: non credi che questo sistema di /privatizzazione/
> della conoscenza scientifica - del quale l'editoria è parte integrante
> assieme alla gestione degli incentivi per i lavoratori in abito
> accademico e della ricerca - meriti di essere semplicemente dismesso e
> sostituito con uno nel quale l'etica scientifica possa essere
> **pragmaticamente** esercitata, abbandonando finalmente il feticismo
> delle merci che determina la reificazione non solo della conoscenza ma
> anche e soprattutto delle persone?
>

non so se si possa parlare di privatizzazione della conoscenza
scientifica.
Ma non saprei. In linea di principio non sono contrario all'attività
privata in ambito scientifico. Più in là forse scriverò qualcosa per
spiegare
meglio cosa intendo.



> è davvero necessario accettare di essere ostaggi di coloro che con
> tutta
> evidenza non hanno nulla di nuovo da dire ma solo molto da _distrarre_?
>
> gli scienziati hanno davvero bisogno degli editori per far conoscere il
> loro lavoro e contribuire a quello degli altri quando è diventato alla
> portata di qualsiasi istituzione accademica o di ricerca dotarsi di
> sistemi di pubblicazione indipendenti via web ed altro?
>

Non lo so. Posso solo dire che il lavoro di ricerca scientifica, come
creazione 'di conoscenza' e di verifica, necessita di alcuni passaggi,
più o meno questi

- un'idea.
- lo sviluppo di questa idea seguendo certi canoni (documentazione, uso
di
conoscenza precedente, spiegazioni chiare, verifiche sperimentali)
- cristallizzazione di quanto sopra, in una forma scritta e invariabile
nel tempo.

La creazione di conoscenza avviene studiando, pensando, discutendo con
altri colleghi, sperimentando, etc. Poi tutto ciò viene scritto per
comunicarlo al
mondo. Magari chi ha fatto tutto questo lavoro ne potrebbe desiderare la
paternità.
Anche gli editori possono contribuire a migliorare il testo di una
pubblicazione.

Molte riviste scientifiche del mio settore sono progetti editoriali
creati da
altri colleghi che si sono riuniti per favorire la diffusione di un
certo tipo
di argomento. Ad esempio molti anni fa iniziai a pubblicare su una
rivista matematica
sita nei paesi baltici. fu promossa da alcuni docenti del luogo e poi
crebbe,
finché fu acquistata dalla Taylor & Francis. Oggi è ancora attiva.
Tutto ciò comporta per l'editorial board
ed il chief un serio impegno, per far fare un 'nome' al proprio progetto
editoriale.
Se uno delle centinaia di articoli pubblicati ogni anno su una rivista
ha un particolare successo, un po' di merito lo prende anche la rivista.
L'opera di selezione, revisione e diffusione, nonché protezione dei
diritti, può contribuire alla
creazione della conoscenza e, perché no, può anche essere affidata ad un
privato.

Il problema è il prezzo.
Se un'università paga oltre 7 milioni di euro per l'abbonamento alle
riviste,
come da articolo della Prof. Pievatolo, c'è qualcosa che non va.
Ho visto articoli costare singolarmente 40/70 euro. In fase di
documentazione
di una mia ricerca posso consultare un centinaio di articoli, però
quelli
utili potrebbero essere una decina. non spendo 5000 € dei miei fondi di
ricerca per documentarmi, ma se ogni articolo costasse 0,5 € forse sarei
disposto
a spendere 50 € senza pensarci troppo.



> non sono così naïf da non sapere che c'è il fenomeno del "publish or
> perish" provocato da un sistema di finanziamento e incentivazione della
> carriera progettato _precisamente_ per ottenere come risultato il
> controllo di ogni aspetto della ricerca scientifica da parte di una
> ristretta elìte, del quale fa parte lo "scientific capture" [1] gestito
> dalle multinazionali...
>
> ...però mi pare evidente che in ambito scientifico l'alienazione sia
> arrivata a livelli tali da risultare insopportabile, quindi mi chiedo
> se
> non sia il caso che tutte le persone di buona volontà diano il proprio
> contributo ad abbattere "il muro", anche solo boicottando quello che
> possono boicottare.
>

C'è a chi fa comodo questo sistema. Ho visto pubblicazioni, secondo me
di scarso
avanzamento scientifico, che già dopo un paio di mesi dalla data di
pubblicazione,
avevano oltre 10 citazioni.

Il sistema è ormai protetto dalla legge, se non pubblichi,
e bisogna vedere che cosa significa pubblicare, non avanzi nella
carriera
e, col sistema italiano, non avanza il tuo stipendio.




> altro che "Open Access" o scienza aperta": ci vuole scienza libera, con
> qualcosa di simile alle 4 libertà fondamentali del software libero.
>
> ...o sono abbastanza naïf?
>


Non so qual'è la definizione di scienza aperta.

M.A.



> sarei felice di leggere cosa ne pensano anche altri iscritti a questa
> lista
>
> un caro saluto, 380°
>
> [...]
>
> [1] https://carleton.ca/ghostmanagement/scientific-capture/