Caro Giacomo, intervengo a difendere la scelta narrativa di Agnese.. ;-)
La critica che proponi è corretta ma è esattamente ció che accade nel nostro mondo di cui il racconto è metafora. Noi umanizziamo le macchine, gli animali, la natura, "dio" per chi ci crede.. creando narrazioni che ci rassicurino. Questa è la scienza, la veritá e la finzione.
Il racconto non è a lieto fine. La vecchia si suicida ( anche molto ecologicamente ) e lascia spazio ad un mondo di automi ( la protagonista) che generano narrazioni autorassicuranti e di non-vivi connessi alla rete dell'intrattenimento. ( Fondamentalmente quello che fanno giá da oggi ( da sempre?) gli umani).
Il racconto ha diversi piani di lettura, uno adatto ad adolescenti e uno più inquietante che non dá false speranze. Quando si parla di macchine senzienti, parliamo di conseguenza di umani macchinici, quindi privi di autonomia e libertá ma anche privi di un corpo sensibile al piacere e al dolore, quindi di passioni e volontá. Almeno così l'ho letto io.
Sono curioso peró di sapere cosa risponde Agnese, se vorrá farlo ;-)
AC
23 apr 2023 20:24:17 Giacomo Tesio <giacomo@???>:
> Ciao Agnese, splendido racconto (come sempre).
>
> Ti propongo però una critica che ho già proposto altrove a Karlessi [1]: a ben guardare, la prospettiva soggettiva dell'androide Marj non è, di per sé alienante?
>
> Attribuire soggettività ad un oggetto, per quanto utile dal punto di vista narrativo e artistico,
> diffonde un meme estremamente pericoloso di questi tempi: l'empatia per l'artefatto.
>
> Tale empatia può essere sfruttata per manipolare individui e società.
>
> Se iniziamo a trattare gli automatismi come autonomie, finiamo inesorabilmente per
> comprimere l'autonomia delle persone vere.
>
>
> Allora, forse, una sfida più grande sarebbe narrare la solitudine della vecchietta,
> consapevole dell'alienazione allucinata che dilaga sulla rete a cui quell'androide è connesso
> e a cui, evidentemente, sono connesse tante altre persone, altrettanto sole ed allucinate.
>
>
> In generale, ogni proiezione di soggettività su una macchina è parimenti alienante.
>
> Che si parli di "intelligenza artificiale", di "macchine cognitive" o di "esseri tecnici".
>
>
> Se vogliamo preservare l'autonomia e la libertà umana (almeno quel poco che possiamo
> ottenere), dobbiamo iniziare a distinguere chiaramente cose e persone, rispettivamente
> strumenti e fini.
>
> Altrimenti inizieremo a trattare le persone come oggetti, buttandoli via quando si rompono,
> danno fastidio o sono in qualsiasi modo inadatti a scopi... che non saranno nemmeno i nostri.
>
>
> Giacomo
>
> [1] https://server-nexa.polito.it/pipermail/nexa/2023-April/050861.html
>
> Il 23 Aprile 2023 07:54:06 UTC, Agnese <agnese@???> ha scritto:
>> Ciao,
>>
>> era qualche mese che stavo lì che mi arrovellavo sulla questione delle reti generative che produrranno artefatti sempre più indistinguibili dalla realtà provocando un corto circuito informativo dove la linea di demarcazione tra vero e falso sarà sempre meno visibile...
>>
>> Mi sembra che tutt stiano pensando a come trovare soluzioni tecniche o forensiche sempre più precise, macchine che intelleggano altre macchine...
>>
>> Visto che secondo me non si centra il problema (non esistono soluzioni tecnologiche a problemi che non sono tecnologici) per tirare fuori quello che avevo in testa ho scritto questo raccontiello:
>>
>> https://circex.org/it/news/free-the-droids-now
>>
>> Buona lettura a chi vorrà!
>>
>> bacetti
>> a
>>
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