[Pacifistat] vincere-perdendo-voti-perdere-crescendo-un-po

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Andrea Fabozzi


Vincere perdendo voti, perdere crescendo un po’

Analisi del voto. A causa dell'alta astensione le percentuali provocano
un'illusione ottica. Con i numeri assoluti si può valutare meglio la
performance dei partiti alle amministrative. *Nelle dieci città più
grandi tra quelle chiamate alle urne il Pd, considerato il vincitore, ha
perso oltre 122mila voti rispetto a cinque anni fa. I 5 Stelle sono
precipitati, Fratelli d'Italia è esplosa. Ma anche la Lega data per
grande perdente ha guadagnato consensi*


L’illusione ottica del trionfo del centrosinistra (come, in attesa di
inventare un nuovo nome, continuiamo a chiamare il Pd più i suoi
satelliti con o senza i 5 stelle) sparisce quando appaiono i voti
assoluti. Perché se è vero che nelle elezioni con i sistemi maggioritari
a uno o a due turni quello che importa è arrivare prima degli avversari,
è anche vero che prima di gridare al cambio di fase, o al «crollo dei
sovranisti» è sempre meglio fare i conti con i voti veri e non con le
percentuali. Perché quando l’astensione cresce com’è successo questa
volta, si può anche vincere indietreggiando. Il che può certo consolare,
ma non dovrebbe rassicurare per il futuro.
Per capire un po’ meglio come sono andate le elezioni comunali di
domenica e lunedì, adesso che sono disponibili i voti assoluti, abbiamo
preso *come campione i primi dieci comuni per dimensione tra quelli che
andavano al voto. Nell’ordine Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna,
Trieste, Ravenna, Rimini, Salerno e Latina, nell’insieme 5,8 milioni di
elettori su 12,1 – cioè il 48% di tutti quelli chiamati alle urne.
Abbiamo confrontato i voti raccolti oggi da cinque partiti – Pd,
Fratelli d’Italia, Lega, M5S e Forza Italia – in questi comuni rispetto
alle elezioni di cinque anni fa. *In qualche caso non è stato possibile
fare un confronto pieno: i 5 Stelle cinque anni fa erano presenti solo a
Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Trieste; il Pd non c’era (e non
c’è ancora, visto che comanda De Luca) a Salerno e la Lega non c’era a
Napoli, Salerno e Latina.


Con i voti assoluti si vede bene perché con un’affluenza bassa – nelle
nostre città è andato a votare un elettore su due – si vince con le
percentuali anche quando si perde nei numeri.*Il Pd, generalmente
riconosciuto come il vincitore, nelle nove più grandi città italiane
(Salerno come detto l’abbiamo dovuta escludere) tra il 2016 e il 2021 ha
perso oltre 123mila voti, *cioè quasi il 20% di quei 628mila e passa che
aveva nello stesso campione cinque anni fa. *Al contrario Fratelli
d’Italia (dieci città su dieci) è cresciuta di 147mila voti, *cioè di
quasi l’82%. *Ma è cresciuta anche la Lega, la grande perdente, che ha
guadagnato quasi 22mila voti,* cioè il 14,8%. Un dato che gli analisti
in generale ed Enrico Letta in particolare non dovrebbero trascurare in
vista delle prossime elezioni politiche. E magari anche dei ballottaggi
di Roma, Torino e Trieste dove, come si sa, anche chi si è astenuto al
primo turno può decidere di votare. Nel centrodestra la grande emorragia
di voti, com’era previsto, è quella che ha colpito *Forza Italia che in
cinque anni nelle dieci città campione ha perso oltre 106mila voti di
lista,* cioè più del 45% della sua base 2016. *Ma il burrone più
profondo l’hanno scavato i 5 Stelle, passati (nelle prime sei città) da
698mila voti a 187mila, *che significa meno 73%.

Avvicinando lo sguardo ai dati delle prime tre città, si scopre che il
Pd ha perso tanti voti a Roma (38mila, cioè il 18% in presenza di
un’astensione che è cresciuta dell’8,2%), molti anche a Napoli (3.800,
cioè meno 8,8% in presenza di un’astensione che è cresciuta del 6,9%) ma
ha guadagnato voti a Milano dove ha intercettato la corrente
ascensionale di Sala (più 6.200 voti cioè più 4,2% malgrado un
astensionismo dal 6,9%). I 5 Stelle hanno perso tantissimo, oltre il 70%
dei voti di cinque anni fa, sia a Roma che a Milano e hanno perso assai
meno, il 12,5%, a Napoli dove hanno corso in coalizione con il Pd. Fd’I
è esplosa, raddoppiando e triplicando i voti sia a Milano che a Napoli,
mentre a Roma è cresciuta assai meno, appena 31mila voti in più. Quasi
gli stessi voti, 29mila, che ha guadagnato anche la Lega nella Capitale
e in questo caso la crescita di Salvini, che partiva da una base assai
più contenuta di quella dell’alleata-rivale, è addirittura del 90%. Non
male per uno sconfitto.

*Un’altra serie di considerazioni può riguardare invece l’astensionismo.
*Un’analisi dell’Istituto Cattaneo conferma la prima impressione di
ieri: *l**’affluenza è crollata soprattutto nei grandi centri. *E, nota
il Cattaneo, più nelle città del nord che in quelle del sud. *Si può
aggiungere*, senza però che si possa generalizzare troppo,
*tendenzialmente più nelle periferie che nei centri storici.* Qualche
esempio.

A Roma il municipio con la più bassa partecipazione al voto, il 42,82%
rispetto alla media cittadina del 48,76%, è stato il sesto, estrema
periferia est, uno dei due soli municipi (l’altro è Ostia) dove Raggi è
andata meglio di Gualtieri. Nella Capitale il municipio con la più alta
affluenza, il 56,52% è stato il secondo, quello dei Parioli, l’unico
dove il candidato sindaco più votato è stato Calenda. A Napoli i due
municipi con l’affluenza più alta cittadina sono stati quelli centrali e
borghesi del Vomero e di Chiaia Posillipo, mentre i due con l’affluenza
più bassa i periferici Miano e Barra San Giovanni. Quest’ultimo un
quartiere storicamente rosso, dove il Pd ha raggiunto la sua percentuale
più alta e il M5S la sua seconda più alta in città. Anche a Torino le
circoscrizioni con l’astensione più alta sono state quelle della
periferia nord, la sesta (Barriera Milano) e la quinta (Vallette).
Invece a Milano il massimo dell’astensione si è registrato nel centro
storico, primo municipio, che è anche quello dove Sala ha fatto segnare
il suo miglio risultato e Bernardo il suo secondo peggiore.