Questo di seguito è un contributo di un costituzionalista con posizione 
critica sulla legittimità della vaccinazione obbligatoria anti-Covid.
Qualche tempo fa avevo anche postato una sua intervista.
Anche tra costituzionalisti, per fortuna, c'è un dibattito e questa è 
una delle posizioni in campo:
A. Mangia, Si caelum digito tetigeris. Osservazioni sulla legittimità 
costituzionale degli obblighi vaccinali (Rivista AIC, 09/09/2021):
https://www.rivistaaic.it/images/rivista/pdf/3_2021_21_Mangia.pdf
Un piccolo estratto dal primo paragrafo, giusto per invogliare alla lettura:
"1.    Una precisazione e un punto di partenza
  Per inquadrare adeguatamente le questioni relative alla possibilità di 
introdurre un obbligo vaccinale diretto, in sostituzione del meccanismo 
per misura equivalente previsto dal d. l. 6 agosto 2021 n. 111 (c.d. 
obbligo di Green Pass), è necessario, prima di tutto, muovere da una 
corretta ricostruzione della situazione di fatto sulla quale una 
disciplina del genere pretende di incidere. E, trattandosi di una 
situazione in cui è determinante il ruolo degli accertamenti tecnici di 
settore, è necessario inquadrare la situazione alla luce delle 
conoscenze disponibili al momento: ciò che, nel discorso comune, viene 
genericamente espresso in termini di “rinvio alla ‘scienza”.
La prima precisazione da fare è che il discorso giuridico non è il 
discorso comune. La ‘scienza’ di cui si è parlato fin troppo negli 
ultimi mesi è, in realtà, un sapere settoriale, caratterizzato da un suo 
specifico statuto metodologico, la cui applicazione produce risultati 
diffusi all’interno di una comunità di riferimento. E non altro. Men che 
meno può essere oggetto di ‘fede’. Si tratta di una precisazione 
sgradevole, ma necessaria, che tocca fare per riportare – almeno fra i 
giuristi - il discorso sui binari che gli sarebbero dovuti essere propri 
fin dall’inizio. E mondarlo da connotazioni (precomprensioni) 
inquinanti. La fede riguarda – o, in un mondo normale, dovrebbe 
riguardare – qualcos’altro, che, comunque la si metta, esula (o 
trascende) il discorso razionale. Sicché, se collocata nel mondo del 
diritto, l’espressione ‘fede nella scienza’ rappresenta un ossimoro. O, 
al massimo, nel campo delle scienze psicologiche, un ottimo esempio di 
dissonanza cognitiva. Piuttosto, nel mondo del diritto – che dovrebbe 
essere un mondo razionale - questi saperi settoriali, se applicati ad 
una determinata fattispecie, piuttosto che ‘fede’, generano qualcosa di 
più preciso, che va sotto il nome di ‘accertamento tecnico’, presente in 
tutti i settori dell’ordinamento. Nel processo, civile e penale, entra 
nella forma della ‘consulenza’ o dell’’accertamento tecnico’ disposto 
dal giudice. Nel procedimento e nel processo amministrativo 
l’accertamento entra con il nome di ‘valutazione tecnica’ (art. 17 l. 
241/1990), intersecandosi con la questione della discrezionalità. *E 
anche nel procedimento legislativo la tecnica, e i suoi accertamenti, 
entrano a pieno titolo, almeno da quando la Corte costituzionale, a far 
data dalla dec. 282/2002 (rel. Onida), ha affermato che, in materia 
sanitaria, l’attività del legislatore è condizionata dalle risultanze 
tecnico-scientifiche. E cioè dal sapere di settore. Si tratta di una 
affermazione che non è mai stata contraddetta in seguito. Che è stata 
riproposta da allora con diverse sfumature e con diverse finalità, ma 
sempre confermata nella sostanza. Che è stata richiamata ancora di 
recente nella dec. 5/2018 in tema di obblighi vaccinali (rel. Cartabia); 
e nelle decc. 268/2017 e 118/2020 (rel. Zanon), in materia di 
risarcimenti dei danni vaccinali. E che dal 2002 in poi è stata alla 
base di tutta la giurisprudenza in materia sanitaria*."