Re: [Lecce-sf] protocollata al Comune

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Autor: atros51
Datum:  
To: silvtome, la mailing-list del Lecce social forum
Betreff: Re: [Lecce-sf] protocollata al Comune

Bravo Silverio, hai dato una lezione di storia degna di essere usata anche dai docenti antifascisti che insegnano nelle universita ed anche dai professori di scuola di tutti i gradi.
Io proporrei a docenti universitari antifascisti di organizzare delle lezioni o conferenze in università su questo tema, invitando Silverio a presentarlo e chiarire agli studenti eventuali dubbi o domande che sicuramente sortirebbero dalla curiosità dei ragazzi di capire meglio la storia che a scuola non insegnano oramai più.
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Inviato da Libero Mail per Android lunedì, 07 giugno 2021, 05:22PM +02:00 da silvtome@??? :


>ALLA COMMISSIONE TOPONOMASTICA DEL COMUNE
>DI LECCE

>Da decenni è in corso, nel nostro Paese,
>una sorta di “guerra della memoria” [1] corredata dai tentativi
>dell’uso pubblico e politico della storia. Ciò avviene sulla crisi
>dell’antifascismo e delle sue culture politiche costitutive. [2] Non solo. Per quanto
>riguarda l’offensiva culturale della destra politica estrema e meno estrema, si
>arriva ai tentativi odierni di equiparare il negazionismo della Shoah con
>quello delle Foibe, con una legge che si discuterà in Parlamento.
>All’interno di questo quadro è ben
>visibile un’ulteriore offensiva di gruppi della destra neofascista che punta a
>costruire una narrazione mitopietica e vittimaria della propria consistenza e
>del proprio ruolo nei decenni, se vogliamo dall’immediato secondo dopoguerra
>agli anni ’70 e oltre. Da un lato si mitizzano i famosi ventuno “cuori neri”,
>vale a dire giovani e meno giovani neofascisti, spesso squadristi, che
>sarebbero caduti come “martiri della libertà”, vittime dell’odio antifascista
>nato dalla stessa Resistenza e dai movimenti collettivi a partire dal ’68
>italiano. In questo modo, oltretutto, si punta a rimuovere e a negare il ruolo
>dei neofascisti nelle stragi italiane di quegli anni, negli agguati e omicidi,
>nelle derive del terrorismo nero. Le vittime totali di un decennio conflittuale
>(banalmente definito “anni di piombo”) furono circa 500.
>Allora. Uno storico come Giovanni De Luna
>scrive: "La politica non è
>oggi in grado di proporre antidoti ai guasti di una memoria fondata sulla
>centralità delle vittime. Meglio sarebbe guardare con fiducia alla conoscenza
>storica. Più storia e meno memoria vorrebbe dire distanziarsi dalla tempesta
>sentimentale che imperversa nelle nostre istituzioni, recuperare un rapporto
>con il passato più problematico, più critico, più consapevole". [3] Non vanno in questa direzione le numerose proposte, negli anni, di politici di
>vari schieramenti, su una necessaria “pacificazione” all’interno di un quadro
>di “memoria condivisa”, oltre che le tesi - in realtà faziose - dei
>revisionismi storici.
>La vicenda,
>certo triste e meritevole di pietas umana, che riguarda Sergio Ramelli,
>deceduto a Milano nel 1975 per un agguato vicino casa, è stata assunta da
>decenni come simbolo stesso da parte di organizzazioni della destra radicale
>del clima di odio alimentato dall’antifascismo militante. Il tutto decontestualizzato
>da quel decennio che aveva visto in quella città stragi nere, come quella di
>piazza Fontana del dicembre 1969, la madre di tutte le stragi, dove agirono,
>oltre che i manovali di Ordine Nuovo, settori dello Stato-ombra, Servizi
>italiani ed esteri, circoli golpisti, probabilmente anche quella struttura
>atlantica scoperta decenni dopo, la cosiddetta Gladio. Per dire di quegli anni
>a Milano, il 12 aprile del 1973 ci fu il triste “giovedì nero” in cui, da una
>manifestazione del MSI e del Fronte della Gioventù, assieme al leader della
>rivolta di Reggio Calabria, partirono bombe a mano contro la celere e l’agente
>Antonio Marino rimase sul selciato. Ancora giovanissimo Ramelli, da filmati e
>foto, sembra esserci in quei tumulti, e questo giusto per dire che era un
>militante della giovanile missina e non un giovane che aveva solo vaghe idee di
>destra e che per aver scritto un tema contro la violenza delle Brigate Rosse
>venne fatto oggetto di un agguato omicida. Gli aggressori, ben 10 anni dopo
>quei fatti, vennero infine condannati per omicidio preterintenzionale. Fu
>Ignazio La Russa l’avvocato dei suoi familiari, certamente presente in prima
>fila alla manifestazione del “giovedì nero” di Milano. Con Ramelli ancora vivo
>ma in agonia, il 17 aprile del 1975 un neofascista uccide un giovane militante
>del Movimento Studentesco, Claudio Varalli, e il giorno seguente Giannino
>Zibecchi, nelle manifestazioni di protesta, rimane sul selciato schiacciato da una
>camionetta dei carabinieri.
>Per queste
>ragioni non si possono assolutamente banalizzare quei conflitti come fossero avvenuti
>per colpa di un indistinto “odio politico”. Sull’uso politico della vicenda di
>Sergio Ramelli rimandiamo alle 14 pagine del giovane storico Elia Rosati,
>autore di numerosi studi sulla destra radicale italiana ed europea. [4] Rosati ricostruisce la mitizzazione come “martire” di Ramelli da parte del
>vecchio MSI (il più grosso partito neofascista del dopoguerra in Europa),
>quindi successivamente dai militanti di CasaPound Italia (che si
>autodefiniscono “i fascisti del Terzo Millennio) che assieme a tutta la   galassia neofascista ogni anno tiene a Milano,
>nell’anniversario del 29 aprile, adunate con tanto di saluti romani e di urla
>“Presente!”. Dove in stile militaresco e squadristico, da Azione Giovani a
>Forza Nuova, da CasaPound agli Hammerskin, ci sono tutti. Come scrive Rosati,
>sul caso Ramelli “si costruirà l’autonarrazione storica più forte degli
>settanta per la destra radicale italiana, capace di essere condivisa
>trasversalmente anche dai movimenti extraparlamentari e terroristici
>neofascisti”, e ancora: “il caso delle manifestazioni neofasciste a Milano
>appare insomma un perfetto esempio di uso pubblico nella storia declinato
>nell’oggi e figlio del generale sbandamento della memoria collettiva nel nostro
>paese”.
>Un libro di
>area della destra radicale, Sergio
>Ramelli. Una storia che fa ancora paura , viene presentato in tutta Italia
>direttamente dai gruppi neofascisti, come nel 2017 a Melissano (LE) da quel
>Stefano Del Miglio, allora leader di Lealtà Azione, già condannato per
>l’accoltellamento di un giovane di sinistra e per offese a sfondo razzista. Questo libro è stato
>citato lungamente nella seduta del Consiglio Comunale di Lecce (dall’ ex
>sindaco Adriana Poli Bortone) che in maniera bipartisan ha accolto, con una
>lieve modifica se vogliamo ancora peggiorativa, la proposta della destra
>politica di titolare una piazzetta a Ramelli. Esiste anche un libro a fumetti
>su Ramelli, edito da Altaforte, la casa editrice di CasaPound. In tutta Italia
>in 29 città si sono titolate vie a Ramelli, sempre su input della destra
>politica, anche a Nardò (LE), cittadina da cui nacque nel 2017 l’ambiguo
>movimento “Andare Oltre” che tanta parte ha avuto anche nella recente vicenda
>amministrativa a Lecce. Ove fosse approvata questa richiesta così poco
>pacificatrice (e non sta comunque al Consiglio comunale pontificare sulla
>storia degli anni settanta, tantomeno con quei toni pietistici e quelle argomentazioni
>deculturalizzate), piazzetta Ramelli si aggiungerebbe inevitabilmente alla
>toponomastica fascista che insiste pesantemente sulla città:
>Via Giorgio Almirante, istituita dalla
>giunta cittadina Poli Bortone. Almirante: fucilatore di partigiani, redattore
>della “Difesa della razza”, organizzatore dello squadrismo neofascista.
>Via Predappio, istituita dalla giunta Poli
>Bortone. Predappio: luogo nativo di Mussolini e sacrario dei suoi resti, luogo
>cult, ogni anno, delle manifestazioni celebrative neofasciste.
>Via Ettore Muti: squadrista e poi aviatore, dopo la
>fine del fascismo venne catturato dai carabinieri nel 1943 e mentre lo si
>portava in caserma venne sparato mortalmente. A Milano, nella Repubblica
>Sociale, si formò la “Legione mobile Ettore Muti”, dedita alla repressione
>cruenta dei partigiani e il “ Battaglione  Ettore Muti  della Brigata Nera Mobile”, nel ravennate. Ogni
>anno, a Ravenna, manifestazioni celebrative di neofascisti al cimitero. Questa
>via cittadina a una certa altezza si incrocia con via Andrea Gigante, un eroe
>brindisino della Resistenza, altro sfregio alla memoria.
>Via Vittime di Acca Larentia, istituita dalla Giunta
>Perrone, su iniziativa di Alessandro Delli Noci, nel 2016. Si tratta
>dell’episodio del 1978 a Roma, dove due neofascisti vengono uccisi da ignoti e
>un terzo da un capitano dei carabinieri, dopo tafferugli missini. Ogni anno a
>Roma si succedono celebrazioni neofasciste con tanto di saluto romano e
>invocazioni al Duce. A Lecce portano mazzi di fiori su quella via.
>“La vicenda del ricordo militante di Sergio Ramelli
>appare quindi uno specchio della crescente attenzione per l’uso della memoria
>da parte del neofascismo negli ultimi decenni, una strategia che ancora può
>riservare soprese”, conclude Elia Rosati nel suo articolo : PRESENTE! La trincea della memoria storica del neofascismo italiano,
>il caso Sergio Ramelli . Ed è singolare che nello sbandamento della memoria
>storica e nella crisi dell’antifascismo caschi pesantemente l’Amministrazione
>cittadina di Lecce.

>Riteniamo irrituale e poco democratico che
>con un voto bipartisan del Consiglio comunale del 28-05-2021 si proponga pesantemente
>alla Commissione toponomastica questo deliberato, con solo una mozione e senza alcun
>corredo storiografico, in barba allo stesso regolamento. Avanziamo quindi la
>richiesta che la Commissione toponomastica ascolti controdeduzioni e
>documentazioni diverse per potersi meglio orientare e infine per rifiutare decisamente
>quello che propone la mozione da tutti approvata, eccetto un’astensione, dal
>Consiglio comunale di Lecce.

>Comitato provinciale ANPI di Lecce
>
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>[1] Vedi La guerra della memoria. La Resistenza nel dibattito politico italiano
>dal 1945 a oggi (Laterza, 2005), con ampia documentazione.
>[2] Su questo aspetto decine e decine
>sono i titoli consultabili. Uno per tutti: L’antifascismo
>non serve più a niente di Carlo Greppi (Laterza, 2020) della bella collana
>Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti.
>[3] La Repubblica del dolore. Le memorie di un’Italia divisa (Feltrinelli,
>2011).
>[4] http://storieinmovimento.org/wp-content/uploads/2018/04/Zap42_4-Zoom3.pdf , di Elia Rosati.
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