[Pacifistat] Fwd: Omissione di soccorso nel Mediterraneo, c…

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Autore: Roberto Badel
Data:  
To: pacifistat
Oggetto: [Pacifistat] Fwd: Omissione di soccorso nel Mediterraneo, cinque morti nei Cpr italiani, i partigiani neri

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Da: Frontiere - Internazionale <newsletter@???>
A: robadel@???
Inviato: Mon, 26 Apr 2021 10:45:37 +0200 (CEST)
Oggetto: Omissione di soccorso nel Mediterraneo, cinque morti nei Cpr italiani, i partigiani neri

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26 aprile 2021


** Frontiere
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La newsletter sulle migrazioni di Annalisa Camilli

La cronaca di un'omissione di soccorso nel Mediterraneo La guardia costiera libica, Frontex, un mercantile e le autorità marittime italiane e maltesi non sono intervenute per soccorrere un'imbarcazione in difficoltà con 130 persone a bordo che per due giorni ha chiesto aiuto senza ricevere risposta. Sono poche le informazioni che conosciamo delle persone scomparse: né i nomi, né le nazionalità dei morti. Un testimone che li ha visti partire da Al Khoms racconta che la maggior parte erano sudanesi, ma anche nigeriani, maliani, della Costa d'Avorio, del Senegal e del Ghana.

Erano partiti il 20 aprile alle 10 di sera da Al Khoms, in Libia, su un gommone grigio, lungo circa settanta metri. Dalla stessa spiaggia era partito un altro gommone che è stato intercettato più tardi dalla cosiddetta guardia costiera libica ed è stato riportato indietro nel paese nordafricano. Sul primo gommone c'erano più di cento persone, tra loro sette donne di cui una incinta. Lo sappiamo dal gruppo di volontari europei Alarm Phone, che ha ricevuto una prima chiamata di soccorso il 21 aprile alle 10.22 della mattina.

Da quel momento sono state avvertite le autorità marittime libiche, maltesi e italiane e le autorità europee. Ma nessuno è intervenuto. Nelle chiamate che sono seguite le persone raccontavano di essere esauste, che il mare era grosso, che l'acqua stava entrando nel gommone. Chiedevano aiuto. Alle 12 in un'altra telefonata i naufraghi hanno detto ai volontari che stavano per finire il gasolio, che le onde si stavano alzando ancora di più e che anche la batteria del telefono satellitare si stava esaurendo.

Nel frattempo i volontari di Alarm Phone continuavano a chiamare la guardia costiera libica e la centrale operativa della guardia costiera italiana, senza ricevere risposta. Alle 13.30 dal gommone hanno chiamato di nuovo dicendo: "Stiamo morendo". Alle 14.44 i volontari di Alarm Phone hanno parlato con la guardia costiera libica che ha detto che la motovedetta Ubari era in mare in cerca delle due imbarcazioni in difficoltà, in seguito i volontari si sono messi in contatto con il mercantile Bruna, che era nell'area. Ma dal cargo hanno risposto di non aver ricevuto nessuna segnalazione dalla centrale operativa della guardia costiera e dalle autorità e di non poter intervenire perché in passato erano intervenuti e poi erano stati sanzionati una volta arrivati in porto.

Alle 18.45 l'imbarcazione è stata avvistata dall'aereo di Frontex, Osprey 1, che stava sorvolando l'area. Nel frattempo la nave umanitaria Ocean Viking era a otto ore di distanza, a ovest di Tripoli, impegnata nella ricerca di un'altra imbarcazione in difficoltà partita da Zuara.

Alle 20 dal gommone chiamano i volontari di Alarm Phone per un'ultima volta: un uomo ha solo il tempo di dire: "Il mio telefono non ha più batteria". Poi più nulla. Le autorità libiche di nuovo allertate dai volontari rispondono che il tempo è troppo cattivo per uscire a cercare i naufraghi. Ocean Viking riesce a raggiungere l'area solo alle 4.25 di mattina e insieme ad altri tre mercantili comincia a cercare il gommone, lo troverà solo dodici ore più tardi, distrutto, circondato dai corpi senza vita di alcuni uomini.

"Siamo arrivati tardi, il gommone era distrutto e galleggiava in un mare di cadaveri, letteralmente", racconta Alessandro Porro, responsabile italiano di Sos Méditerranée, attivo nei soccorsi in mare dal 2017. "Nessuno ha coordinato le ricerche della nostra nave e di altri tre cargo che hanno partecipato alla ricerca", ha aggiunto. Frontex si è difesa in un comunicato dicendo di avere "immediatamente allertato i centri di soccorso nazionali in Italia, Malta e Libia, come previsto dal diritto internazionale". Ma il risultato è che 130 persone sono morte, dopo aver chiesto aiuto per due giorni senza ricevere risposta. Si aggiungono ai 320 che sono morti dall'inizio dell'anno, secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).


** Ultime notizie
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Il Centro di permanenza per il rimpatrio di Ponte Galeria, Roma, febbraio 2019. (Annalisa Camilli)

Cinque morti nei Cpr italiani dal 2019 Il garante nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale Mauro Palma ha pubblicato un rapporto in cui rende note le condizioni dei Centri di permanenza per il rimpatrio ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.garantenazionaleprivatiliberta.it%2Fgnpl%2Fresources%2Fcms%2Fdocuments%2Fb7b0081e622c62151026ac0c1d88b62c.pdf&e=3cfb7ead&h=cc14d545&f=y&p=y ) (Cpr) in Italia dopo un anno di visite (2019-2020). Il garante ha in primo luogo sottolineato come il sistema sia poco efficace: meno del 50 per cento delle persone trattenute sono state effettivamente rimpatriate. “La detenzione amministrativa assume nella prassi prevalentemente i tratti di un meccanismo di marginalità sociale, confino e sottrazione temporanea allo sguardo della collettività di persone che le autorità non intendono includere, ma che al tempo stesso non riescono nemmeno ad allontanare”, è scritto nel rapporto. Il garante sottolinea poi come i problemi che riguardavano le vecchie strutture non sono stati risolti in vista
dell’apertura di nuovi Cpr a partire dal 2017. Tra giugno del 2019 e il dicembre del 2020, cinque migranti sono morti mentre scontavano una misura di detenzione amministrativa, nelle strutture si verificano ciclicamente proteste e ribellioni. Inoltre sono state riscontrate gravi carenze: la privacy dei migrati non è rispettata, i bagni per esempio non sono provvisti di porte, la polizia è presente durante le visite mediche, non è garantita la possibilità di ricevere materiale per scrivere, elementi di arredo, gli spazi dedicati dall’attività fisica o gli spazi condivisi sono chiusi o non funzionanti, le strutture sanitarie non funzionano o non sono in condizioni accettabili, il riscaldamento non funziona, i telefoni vengono sequestrati. Sabato 24 aprile in molte città d’Italia. – tra cui Milano, Roma, Bari, Brindisi, Catania, Palermo – si sono svolti presidi per chiedere la chiusura dei Cpr.

In due anni 18mila minori migranti sono scomparsi in Europa Secondo un rapporto del Guardian e del collettivo Lost in Europe ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.theguardian.com%2Fglobal-development%2F2021%2Fapr%2F21%2Fnearly-17-child-migrants-a-day-vanished-in-europe-since-2018&e=3cfb7ead&h=3ee60b27&f=y&p=y ) , ogni giorno dal 2018 quasi 17 minorenni stranieri non accompagnati sono scomparsi in diversi paesi europei tra cui l'Italia, la Grecia e la Germania. Almeno 18.292 bambini non accompagnati sono usciti dai radar delle autorità dal gennaio del 2018 al dicembre del 2020. Solo nel 2020, si è trattato di 5.768 bambini ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Flostineurope.eu%2F&e=3cfb7ead&h=30597034&f=y&p=y ) . La maggior parte dei minori proviene dal Marocco, ma anche da Algeria, Eritrea, Guinea e Afghanistan. Molti di loro finiscono nelle reti di trafficanti, sono costretti a mendicare, a lavorare in nero o a prostituirsi.

Chiuso un campo profughi sull'isola di Lesbo, in Grecia Il 24 aprile il governo greco ha dato ordine di chiudere il campo di Kara Tepe 1 sull’isola di Lesbo, uno dei pochi luoghi con standard di accoglienza accettabili, uno dei primi campi creati sull'isola nel 2015 e che accoglieva 400 uomini, donne e bambini vulnerabili. Saranno trasferiti nel nuovo campo Moria 2 che sorge su un ex poligono da tiro, in riva al mare, e in cui è stata documentata la presenza di elementi tossici come il piombo. “Un nostro giovane paziente di salute mentale sta avendo una ricaduta da quando la famiglia è stata informata della chiusura del campo e ora soffre di episodi di svenimento e altri sintomi gravi. È devastante vedere la salute dei nostri pazienti peggiorare perché sono costretti a tornare in sistemazioni non sicure”, ha dichiarato Maria Eliana Tunno, psicologa di Medici senza frontiere a Lesbo.

Arrivate sette imbarcazioni con 113 migranti a Dover, nel Regno Unito Un'altra settantina invece è stata bloccata in Francia ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.infomigrants.net%2Fen%2Fpost%2F31636%2Fuk-113-migrants-arrive-in-dover-others-stopped-on-french-side&e=3cfb7ead&h=28604bf7&f=y&p=y ) prima della partenza lo scorso 19 aprile, attraverso gli accordi di cooperazione tra la polizia francese e quella britannica. Tra le 113 persone arrivate a bordo di sette imbarcazioni c'era un bambino molto piccolo. Dall’inizio dell’anno, più di 1.500 migranti hanno raggiunto la Gran Bretagna attraversando il canale della Manica, nel 2020 sono stati circa ottomila. Il Regno Unito sta discutendo una riforma dell'asilo che renderebbe ancora più difficile a chi arriva in maniera irregolare di ottenere una forma di protezione e un permesso di soggiorno.
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Quaranta donne migranti detenute arbitrariamente in Arabia Saudita Amnesty International ha denunciato la detenzione arbitraria durata mesi di ameno 41 donne ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.amnesty.org%2Fen%2Flatest%2Fnews%2F2021%2F04%2Fsaudi-arabia-dozens-of-sri-lankan-women-wrongfully-detained-for-months-due-to-abusive-kafala-system%2F&e=3cfb7ead&h=9b0f732b&f=y&p=y ) provenienti dallo Sri Lanka, la maggior parte delle quali lavoratrici domestiche, che hanno trascorso diversi mesi in un centro di detenzione chiamato Tarheel, a Riyadh, in Arabia Saudita. Le donne hanno passato nel centro un periodo di tempo che va dagli otto ai 18 mesi, in attesa del rimpatrio nel loro paese d'origine. Con loro anche i figli minorenni. Secondo Amnesty, le donne non sono state informate delle accuse nei loro confronti, non hanno avuto accesso a un avvocato e non hanno ricevuto assistenza da parte del consolato.

Un nuovo corridoio umanitario dal Libano alla Francia La Comunità di sant’Egidio ha firmato un nuovo accordo ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.repubblica.it%2Fsolidarieta%2Fimmigrazione%2F2021%2F04%2F15%2Fnews%2Fcorridoi_umanitari_firmato_in_francia_un_nuovo_accordo_per_l_ingresso_di_300_rifugiati-296543785%2F&e=3cfb7ead&h=511c01f7&f=y&p=y ) con il governo francese per trasferire trecento rifugiati siriani e iracheni dal Libano alla Francia. In passato la Francia ha accolto 504 persone grazie al protocollo firmato nel 2017. In tutta Europa sono stati più di 3.500 i rifugiati accolti con i corridoi umanitari in paesi come l'Italia, la Francia, il Belgio e Andorra.


** Letture
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Tre libri sull'immigrazione consigliati da Michele Colucci, ricercatore del Cnr, storico ed esperto di storia dell'immigrazione autore del libro Storia dell'immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni (https://www.amazon.it/Storia-dellimmigrazione-straniera-Italia-giorni/dp/8843093010) , (Carocci, 2018).

Se il mare finisce (https://www.amazon.it/mare-finisce-Racconti-multimediali-migranti/dp/8861895638/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=Se+il+mare+finisce&qid=1619359061&sr=8-1) (Terre di mezzo, 2019). L'antologia dei racconti finalisti del concorso Dimmi, Diari multimediali migranti. A cura di Alessandro Triulzi.

Fabio Stassi, La gamba di legno di mio zio ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.sinnos.org%2Fprodotto%2Fla-gamba-di-legno-di-mio-zio%2F&e=3cfb7ead&h=7a9c7545&f=y&p=y ) , (Sinnos, 2019). Nei libri si possono trovare mostri marini, eroi dallo sguardo corrucciato, avventure nei sette mari. Ma a volte capita anche che capitani dalla gamba di legno e dalla barba fluente bussino alla porta di casa nostra e ci raccontino storie enormi come balene e piccole come mosche.

Marco Balzano, L'ultimo arrivato (https://www.amazon.it/Lultimo-arrivato-Marco-Balzano/dp/8838932557/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=l%27ultimo+arrivato&qid=1619359290&sr=8-1) (Sellerio, 2014). Negli anni Cinquanta a spostarsi dal Meridione al Nord in cerca di lavoro non erano solo uomini e donne pronti all'esperienza e alla vita, ma anche bambini a volte più piccoli di dieci anni che mai si erano allontanati da casa. Il fenomeno dell'emigrazione infantile coinvolge migliaia di ragazzini che dicevano addio ai genitori, ai fratelli, e si trasferivano spesso per sempre nelle lontane metropoli. Questo romanzo è la storia di uno di loro.


** Storie
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Gruppo Roti del Battaglione Mario.


Il battaglione Mario e la resistenza dei partigiani del Corno d'Africa Il 9 maggio 1936 Mussolini annuncia la nascita dell’impero e si fa strada l’idea di realizzare una Mostra triennale delle terre d’oltremare a Napoli. Aree e padiglioni espositivi sono dedicati all’Albania, al Dodecaneso, alla Libia e all’Africa orientale. Sono ingaggiati anche settanta sudditi delle colonie tra eritrei, somali ed etiopi, da far recitare come figuranti in un villaggio ricostruito per l'evento.

La Mostra si apre il 9 maggio 1940, in occasione del quarto annuale dell’impero fascista, ma, poche settimane dopo, l’Italia entra in guerra. Gli inglesi interdicono il passaggio attraverso il canale di Suez e la piccola comunità del Corno d'Africa resta bloccata in Italia e viene trasferita a Villa la Quiete, un ex campo di prigionia fascista, nella provincia di Macerata.

Il 28 ottobre 1943, il Battaglione Mario, guidato da Mario Depangher, assalta la Villa per recuperare armi e liberare i prigionieri. Una decina di persone tra gli etiopi, eritrei e somali internati decide in quell’occasione di unirsi alla formazione partigiana per combattere i nazifascisti. Il battaglione Mario è attivo nella provincia di Macerata durante la Resistenza e ha un forte carattere internazionale. Nella formazione combattono donne e uomini italiani, jugoslavi, sovietici, britannici, ebrei, somali, etiopi, polacchi, francesi e anche un austriaco, disertore della Wehrmacht.

Nel libro Partigiani d’oltremare Matteo Petracci ricorda tra le varie azioni della banda la battaglia di Valdiola, in cui riuscì a respingere oltre duemila soldati tedeschi che, dopo l’attentato ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fthevision.com%2Fcultura%2Fcarla-capponi%2F&e=3cfb7ead&h=64815c27&f=y&p=y ) di via Rasella a Roma, volevano rastrellare la zona tra Apiro, San Severino e Matelica. Era il 24 marzo del 1944.

Grazie agli sforzi di Petracci, si è scoperto che i resti di “Carletto” Abbamagal, il primo africano che morì nell’impresa, si trovavano proprio nel cimitero di San Severino Marche ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fthevision.com%2Fcultura%2Fpartigiani-africani-fascismo%2F%3Ffbclid%3DIwAR2kJgXIGLqYy5O0x_Q8TFrJGLNAIJjKvWBO3LcAm1__jXjtQXMlS-zrd2E&e=3cfb7ead&h=5efd3b21&f=y&p=y ) . Nello stesso luogo, oggi è stata apposta una lapide su cui c'è scritto: “Nato ad Addis Abeba, morto sul Monte San Vicino. Etiope, partigiano del battaglione Mario di San Severino Marche. Insieme ad altri uomini e donne provenienti da tutto il mondo, caduto per la libertà d’Italia e d’Europa”.

La storia del battaglione Mario è raccontata dal libro di Matteo Petracci, Partigiani d'oltremare. Dal Corno d'Africa alla Resistenza italiana ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.pacinieditore.it%2Fprodotto%2Fpartigiani-oltremare%2F%3Ffbclid%3DIwAR3j1Ch2AbF_Zej4h3xweNMaJmrxSwHgyCloMWpeVWI_FfxwmZ_aCFKdSoE&e=3cfb7ead&h=a14405a6&f=y&p=y ) (Pacini, 2019). Ma anche da Passato e presente di Rai Storia ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fraistoria%2Fvideos%2F497406688098189&e=3cfb7ead&h=87c31076&f=y&p=y ) a cura di Matteo Petracci, Riccardo Sansone e Isabella Insolvibile.


** Appuntamenti
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* 27 aprile, ore 18.30, Guerra alle ong, intercettazioni ai giornalisti e propaganda ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fnotredame.zoom.us%2Fwebinar%2Fregister%2FWN_cis-n7c-RyGPHJvs9n9YvQ&e=3cfb7ead&h=adf7569e&f=y&p=y ) , con Federico Faloppa, Max Hirzel, Annalisa Camilli


** La copertina
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Annalisa Camilli risponde anche su Twitter (@annalisacamilli ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Ftwitter.com%2Fannalisacamilli&e=3cfb7ead&h=e4520009&f=y&p=y ) ) e Instagram (@annalysacamilli (https://www.instagram.com/annalysacamilli/) ).

Qui ( https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.internazionale.it%2Ftag%2Fnewsletter&e=3cfb7ead&h=33ffc434&f=y&p=y ) ci sono le altre newsletter di Internazionale.

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