著者: monzantifascista 日付: To: boccaccio 題目: [foa_Boccaccio003] MOSS SRL. Cosa c'entra un locale alla moda del
centro di Monza con il possibile sgombero del Boccaccio
MOSS SRL. Cosa c'entra un locale alla moda del centro di Monza con il
possibile sgombero del Boccaccio.
Con l'avvicinarsi dell'ipotetico sgombero della FOA Boccaccio,
aggiungiamo nuovi importanti elementi di riflessione sulla squallida
operazione immobiliare ipotizzata su via Rosmini 11. E' giunto il
momento di far luce anche sui lati nascosti del progetto "Casa della
Montagna", per comprendere meglio i contorni dell'affare che si vorrebbe
realizzare sull'area occupata dal 2011 dal centro sociale.
Mentre il CAI di Monza, che per voce del presidente Mario Cossa si è
sempre assunto la paternità dell'operazione, è impegnato nella ricerca
di soggetti con cui mercanteggiare pezzi di gestione del futuro
baraccone, in assenza di una propria base associativa e nel totale
disinteresse della città intorno alla futura "Casa della Montagna" (o
"Quota 162"), si è scoperto che il 50% dell'area di via Rosmini è stato
acquisito dalla MOSS SRL, piccola impresa operante nella ristorazione e
proprietaria dell'omonimo locale alla moda nel centro di Monza.
Metà dei 200.000 euro versati nelle casse della FIGC per l'acquisizione
dell'area sono stati quindi investiti da questo locale, che si
autodefinisce "un'oasi verde, Fresh n' Tasty!, fresca ed elegante".
Cosa centra un locale patinato, tendenzialmente frequentato dalla Monza
bene, con il Club Alpino Italiano? Quali interessi comuni muovono la
costruzione di una cordata così inedita?
La risposta è semplice: la regia dell'operazione ha in verità una sola
firma ed è quella di un abile imprenditore locale, strettamente legato
alla proprietà del MOSS, progettista e costruttore edile e, nel tempo
libero, appassionato di montagna e storico associato del CAI.
Insomma, al netto del ruolo di mera rappresentanza ricoperto dal
presidente del Club Alpino, c'è un uomo solo al comando dell'operazione
"Casa della Montagna", capace di imbastire un bel progettone dai
contorni aggregativi/sociali/sportivi da spendere sotto l'egida del CAI,
ma in fin dei conti, straordinariamente abile nel tirare le fila
economiche di tutto quanto, pianificando un ricco rientro degli
investimenti, appaltandosi plausibilmente i lavori di demolizione e
costruzione, nonché la gestione famigliare di un pezzo significativo del
futuro baraccone, ossia la ristorazione.
Ma non solo, se si contestualizza l'operazione nel più ampio quadro di
interventi urbanistici previsti per le aree circostanti, tra i quali
balza all'occhio la costruzione di 17 (!) palazzine di lusso a poche
centinaia di metri dal Boccaccio (il futuro quartiere Arborea Living),
viene il dubbio che l'abile imprenditore, annusando l'affarone, abbia
scelto di minare l'esistenza del centro sociale, proprio attirato dal
potenziale bacino di utenza del nuovo quartiere in di Monza.
E ancora: in queste settimane è inconsapevolmente proprio la Giunta
Allevi a smentire tutta la narrazione del CAI circa l'impossibilità di
attuare il progetto altrove. Il posto c'è ed è proprio quello su cui il
CAI fino al 2019 aveva dichiarato di voler intervenire: l'area dismessa
di via della Lovera è inserita da novembre nel piano di alienazioni e
valorizzazioni del Comune, a sottolinearne la sua completa e attuale
disponibilità, per un recupero "mediante progetti di utilità
pubblica/sociale/sportive". Ma probabilmente non sono questi ultimi che
interessano veramente a chi ha disegnato il nuovo progetto.
A mettere insieme tutti i tasselli, crescono rabbia e determinazione nel
rifiuto di questo schifoso mix di speculazione, menzogne e arrivismo
travestiti da "progetto per i giovani della città", il classico format
calato dall'alto per legittimare sgomberi, soppiantare esperienze
spontanee, trasformare in merce relazioni e tempo libero.
Chi tutti i giorni si spende in via Rosmini per dare forma a una
socialità altra, chi attraversa lo spazio, respirando libertà e
autogestione, ha capito bene che viscido scenario ci troviamo ad
affrontare e che sarà dura tenere queste mani avide lontane dal
Boccaccio.
Ma questa è la storia di sempre.
E la storia dice anche che in questa città il Boccaccio esiste da quasi
20 anni, con radici sempre più profonde e spine sempre più affilate.