Il 20 maggio 2019 per la prima volta un carico militare destinato alla Guardia Nazionale saudita è stato bloccato nel porto di Genova grazie all'iniziativa di lavoratori portuali e tanti compagni e compagne, cittadini e cittadine, che sono accorsi al presidio al porto dove ormeggiavano le navi della compagnia nazionale saudita Bahri, che trasportavano mezzi militari ed armi verso Oriente, verso la guerra, verso i massacri di popolazioni.
In un anno si sono svolti tre scioperi (due a Genova, uno a Marsiglia), diverse azioni e decine di presidi a Genova e in molte altre città italiane ed europee.
In questi giorni invece sono intervenuti i lavoratori di DELTA Agenzia Marittima, agenzia generale per l'Italia della compagnia saudita Bahri, indirizzando una lettera aperta a vari organi istituzionali locali, e a tutti i lavoratori del porto di Genova, nella quale paventano il rischio che se la compagnia saudita non attraccasse più
ci sarebbero rischi per il loro posto di lavoro.
Una lettera alla quale ora rispondono i lavoratori portuali contro la guerra. Di seguito uno stralcio, ma è interessante leggerla tutta
(come pure quella dei lavoratori della Delta, disponibile allo stesso link) perchè si trovano due esempi di come in maniera diversa si può stare sul posto di lavoro, ma più in generale al mondo. Tra l'altro l'istanza di continuare a lavorare grazie al "traffico di morte" per salvare il posto di lavoro, confida nel fatto che la guerra non arriverà mai qui, perchè se arriva qui... ciao lavoro e ciao vita (proprio come accade oggi alle popolazioni vittime delle guerre):
"ci sono ancora tanti esseri umani che si ostinano a vedere nella guerra quello che é (invasione di un paese straniero, distruzione di città, quartieri e case, decine di migliaia di uomini, donne e bambini uccisi) e che provano ad opporvisi. Succede in Yemen, in Siria e in Kurdistan, in Kashmir, in Libia. E gli eserciti coinvolti in queste guerre, direttamente o tramite le milizie jihadiste che quei paesi (Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi) riforniscono, sono tutti serviti dalla Bahri.
(...)
E’ un momento difficile. La crisi conseguente alla diffusione globale del coronavirus sta colpendo pesantemente anche i porti, le giornate di lavoro calano e molti terminalisti stanno chiedendo la Cassa Integrazione. Lo sappiamo bene perché lo viviamo sulla nostra pelle. Ma giocare sul ricatto del lavoro (“l’unica cosa che gli preme salvaguardare”) quando sul piatto della bilancia c’è la morte di migliaia di persone è davvero poco onorevole.
(...)
Noi pensiamo che ci si debba organizzare, fare fronte comune, contro le condizioni di lavoro che peggioreranno, contro i licenziamenti che cominciano ad arrivare. La storia del porto è fatta di lavoro, di solidarietà e di lotte, e di lavoratori che hanno saputo dire “NO” alle ingiustizie, al fascismo e alla guerra. Se si perde questo coraggio, se si rinuncia ad interrogarsi sul proprio ruolo in questa società, ad avere la capacità di non collaborare allora si rinuncia alla coscienza, diventa tutto giustificabile e la storia ha già dimostrato fin dove si può arrivare".
https://calp238599372.wordpress.com/2020/05/18/sulla-guerra-e-sulla-lettera-aperta-dei-lavoratori-dellagenzia-marittima-delta/