[peer_to_peer] Asimov, algoritmi e bufale

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*Fare ricerche in rete: 10 dritte per riuscirci* – Metodo 84
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Asimov, algoritmi e bufale

*Prima Legge*: Un robot non può recar danno a un essere umano né può
permettere che a causa del proprio mancato intervento un essere umano
riceva danno.
*Seconda legge*: Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli
esseri umani purché tali ordini non contravvengano alla prima legge.
*Terza legge*: Un robot deve proteggere la propria esistenza purché
questo non contrasti con la prima e la seconda legge.

(Manuale di Robotica, 56ª Edizione – 2058 d.C.)

Fantascienza pura, almeno dal momento in cui Asimov le scrisse, nella
prima metà del secolo scorso, fino a non molto tempo fa. Ma questa
visione fantastica, oggi, non pare più solo fantasia. Certo, robot
fisici come quelli immaginati da Asimov sono ancora abbastanza rari e
più prototipi che oggetti pienamente operativi, ma *robot virtuali sono
sempre più presenti*. Vivono e prosperano in mezzo a noi. Anzi, sono
diventati un elemento essenziale della nostra vita quotidiana.
Sono quei famosi algoritmi (usatissimi da Google, Facebook, Booking.com
e tanti altri big della rete) che aiutano l’utente, che gli creano
intorno un ambiente confortevole, rispondente il più possibile alle sue
preferenze, esigenze, necessità e gli consigliano materiali, prodotti,
servizi. E *questi algoritmi si nutrono di parole*, di quelle parole che
usiamo per cercare informazioni online, per discutere, commentare,
indignarci, offendere, reagire.

Ora, come ben afferma Eli Pariser nel suo The Filter Bubble
[https://it.wikipedia.org/wiki/Bolla_di_filtraggio] questi
algoritmi *creano un ecosistema personale di informazioni* che in
qualche modo separa l’individuo dal resto del mondo (reale o virtuale
che sia ormai fa poca differenza). In questi ecosistemi personali le
*opinioni,le teorie e le interpretazioni si polarizzano*, e lo fanno in
maniera forte.

Lo sapevamo già da tempo, in maniera più o meno intuitiva, ma ora ne
abbiamo prove sostanziali. Il lavoro di Walter Quattrociocchi e di altri
ricercatori (qui e nel suo recente e piacevole libro Misinformation:
Guida alla società dell’informazione e della credulità)
[https://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=23650&Tipo=Libro&titolo=Misinformation.+Guida+alla+societa+dell+informazione+e+della+credulita]
ha messo ben in luce che queste bolle, o camere di risonanza (echo
chambers vengono chiamate di solito), sono ben definite e separate, e
che chi le frequenta è poco influenzabile da quel che succede in altre
“stanze”.

Così *bufale, notizie false, complotti, troll e simili vengono trasmessi
e amplificati*. Il tutto a velocità incredibili, date le caratteristiche
del mezzo e una strana incredibile rapidità di riflessi dei partecipanti
che rilanciano e commentano al volo, spesso senza neanche legger bene di
cosa si tratti.
Pare *sconfortante*, e qualcuno ha reagito male come Caitlin Dewey, che,
scoraggiata, ha chiuso la sua colonna What was fake on the Internet this
week dedicata a sfatare bufale e notizie false ritenendola ormai inutile.

Ma disinformazione, bolle, echo chambers ecc. sono poi così
ineluttabili? Forse sì, o forse invece qualcosa si può fare.
Discorsi sul *comportamento etico degli algoritmi* cominciano a farsi
sempre più frequenti (come questi del Centre for the Internet and Human
Rights) [https://cihr.eu/ethics-of-algorithms/].
In fondo *dietro ogni programma che influenza e guida le nostre
decisioni c’è un umano che esprime giudizi su cosa conta e cosa no,e
sempre più questi giudizi non sono neutrali*.
E almeno gli aspetti più antipatici di quanto circola in rete possono
essere condizionati da come ci comportiamo, dalle parole che usiamo e da
come le usiamo.
Ci vorrà forse del tempo, ma siamo ottimisti e convinti che si debba
cominciare ad agire in maniera efficace.

da Rodolfo Baggio
https://www.iby.it/pers/index.htm

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