[Pacifistat] CARA, IL SUCCESSO TI HA CAMBIATO! - Laboratorio…

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Autore: Roberto Badel
Data:  
To: pacifistat
Oggetto: [Pacifistat] CARA, IL SUCCESSO TI HA CAMBIATO! - Laboratorio53.it

http://laboratorio53.it/cara-il-successo-ti-ha-cambiato/

"Mai ci saremmo aspettati di leggere apprezzamenti sul Cara di
Castelnuovo di Porto come esempio di “integrazione”. Nel corso di questi
10 anni ne abbiamo osservato le trasformazioni, i cambi di gestione, le
contraddizioni e la disumanità attraverso i racconti di chi ci passava
quotidianamente le giornate, inesorabilmente una uguale all’altra, per
mesi se non anni.
Un casermone isolato, a 30 km da Roma e a 7 km dal centro abitato più
vicino, tra recinzioni e campagna, appena sotto l’autostrada. Una
mattonella di undicimila metri quadrati e 177 stanze può essere un
modello di accoglienza?
Pensato per brevi periodi di accoglienza per adempiere le pratiche
identificative, per molti richiedenti asilo è rimasto luogo di vita per
anni, in attesa di un permesso di soggiorno che non arrivava mai, senza
nessuna prospettiva di inclusione sociale. Un ghetto che per anni ha
costruito marginalità, secondo un modello che ha ammassato i migranti in
spazi isolati e lontani dalla popolazione.
Ci ricordiamo della presenza del filo spinato, dei carabinieri e dei
militari dentro e fuori, neanche fosse un centro di detenzione di alta
sicurezza. Badge per entrare e uscire, espulsioni in caso di assenze
ingiustificate.
Ci ricordiamo i racconti sul cibo avariato, il pocket money che non
arrivava, e quando arrivava consisteva in sigarette o tessere
telefoniche. Le ore di attesa per uno spazzolino o una medicina.
Ci ricordiamo i racconti sulla prostituzione maschile e femminile
attorno al CARA, di cui tanti italiani hanno approfittato: corpi a pochi
soldi a cui nessuno interessava.
Ci ricordiamo dei chilometri percorsi a piedi per raggiungere un mezzo
per arrivare a Roma. Dopo le 19.00, nessun mezzo porta al CARA, si torna
percorrendo 4 chilometri al buio di una strada provinciale.
Ci ricordiamo anni di abbandono, con servizi e personale ridotti al
minimo, mediatori messi a sedare le rivolte. Persone lasciate a se
stesse, con le ferite ancora brucianti delle sofferenze vissute nei
paesi di origine, in quelli di transito, in un sistema di accoglienza
che disintegra.
Ci ricordiamo le continue proteste represse brutalmente.
Ci ricordiamo le facce sbalordite dei funzionari di polizia quando
chiedevamo il numero di persone che vivevano al CARA: impossibile da
sapere. Sovraffollamento cronico, accampamenti più che stanze.
All’interno famiglie e singoli si autorganizzavano l’esistenza con
piccoli business. Nei corridoi mercati dove comprare tutto ciò che serve
per cucinare, ricaricare il telefono, tagliare i capelli o costruire una
cucina fai da te. Si perché il cibo è così scadente che molti decidono
di cucinarsi in stanza nonostante i rischi.
Ci ricordiamo i nomi degli enti gestori, che su quel luogo hanno
lucrato: GEPSA – società francese che gestisce centri di detenzione in
tutta Europa -, ACUARINTO, SYNERGASIA, AUXILIUM. Tutte raccontando che
in quel posto si faceva accoglienza. Ma 800 persone isolate non fa né
accoglienza né inclusione.
Ci ricordiamo dei trasferimenti improvvisi verso destinazioni
sconosciute, senza nessuna prospettiva, ogni volta che il CARA cambiava
destinazione d’uso. Ebbene sì, non è la prima volta che questo succede,
chi conosce il CARA lo sa.
(http://laboratorio53.it/le-vite-non-pacchi-comunicato-stam…/
<https://l.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Flaboratorio53.it%2Fle-vite-non-pacchi-comunicato-stampa%2F%3Ffbclid%3DIwAR0C66nQgpR-x9KHHvfl_HBFUCMpOye_eq-RsuAImKZoTlg4MyFKFqYnbtI&h=AT13FPsJtM-SI7a949OqzfZg4TBOtx9qgwuFRLplPDxxdO891gBfKbbdorKsO04TV0z8lOBMvrNCiA47ytHB63COwZ1fEWsdWTNl89tBpEK6UukewLreWXBekX-41BqSzDAKjH49myIbvhIoP8JhpZ2dbotE5IbF1-g7d7ZiS8jU0yCZZgFi4DkmKOr7cX5-1Xd_WPHntBikJzdETrcK-QtZtIGOup5OVA_diHXOcUU8xdX1yidfN18jDpqULWRonhaK_ynezA5oMM5EyuvK5um0pi-rpGJ9GmQPIMhmBo0QX2nJBPGgGBUYOb8j6NrXASn6Hgjxi6d8_3a_Flopz9mdOV3JvrKJ3cTEm85M54eEfDGg6CfxbFSR6DpC0VqpOs69ghzmXqIVcUGMxWoxR2A209HiA03M3Q9BGFmsJLJC2MuZU9WIMlIDPA3Ke3hA7uWOroYu4XFcXXkfayr58DuUwZOPNVHmeyppKYk2o90OoGoLq-tCYEFOKmHz7_-NUvJ-Y8LSZECCAQ772E0gPtpe6cCkkPugV2XRNaXxXsA720pedCBHd_kL8fIpnDU04ZNSqlZuh8y_v2fCXYG_OfWmS_MQ1kJl5KbooqW5sDb7XqfDPKhXUAaCqUe49eWkfXHZ1cCbNiOzUxO6N4sjl_o>).

Ci ricordiamo dell’assoluta impermeabilità del posto. Quasi impossibile
entrarvi, nonostante le centinaia di richieste inviate alla Prefettura.
In questi dieci anni nessun politico ha messo in discussione questo
modello, per questo il clamore che si sta creando appare paradossale.
Una sinistra istituzionale che nell’ambito della migrazione non ha fatto
altro che rincorrere la destra, oggi si trova a difendere il CARA,
insieme a parroci e sindaco. Una sinistra che non ha mai voluto o saputo
creare una narrazione differente sulle migrazioni, sulle politiche di
accoglienza ed inclusione, oggi riesce solo a dire il contrario di
quello che dice Salvini.
Il paradosso è servito. Salvini chiude il CARA di Castelnuovo di Porto –
chiusura che in tanti abbiamo chiesto in questi anni, perché luogo di
spersonalizzazione e desolazione – al grido di ridicoli slogan, basta
mangiatoie, la pacchia è finita.
È chiaro, i trasferimenti improvvisi, le espulsioni che lasciano le
persone per strada sono da condannare. Come abbiamo fatto in altre
occasioni, ribadiamo che le vite non sono pacchi postali.
Tuttavia, difendendo il diritto di ognuno di poter decidere della sua
vita e di non essere spedito da un luogo all’altro senza preavviso, non
sostituiamo nelle nostre menti l’immagine del CARA ricevuta dai racconti
di tanti, con la perversa trasfigurazione proposta in questi giorni che
trasforma il CARA in modello di accoglienza.

Invitiamo tutte le persone che in questa occasione hanno mostrato e
manifestato una preziosa indignazione per quanto sta accadendo a
guardare alla complessa realtà che il mondo dell’accoglienza rappresenta.
Lavoriamo per inserire in una prospettiva storica quello che avviene
oggi, creando un fronte unito ma senza appiattirci su posizioni che
vogliono cancellare la memoria e i saperi critici che negli anni si sono
sviluppati attorno al tema dell’accoglienza, ricordando e ricostruendo i
cammini che hanno portato nel corso di decenni alla deumanizzazione e
reificazione dei cittadini stranieri, che hanno permesso di trattarli,
oggi come ieri, come pacchi postali.
Cominciamo a costruire una rete di solidarietà che parli di
disobbedienza, senza remora e titubanza alcuna. Come diceva Brecht,
quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere."