[Lecce-sf] oltrismo

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LA RIVOLUZIONE OLTRISTA A LECCE

Oltre la destra e la sinistra, oltre l’antifascismo e il fascismo, oltre
visioni diverse e confliggenti di comunità. Questa è la rivoluzione
“oltrista” a cui si è acconciato l’ex sindaco della città nei suoi meno di
due anni di amministrazione, con in più l’aggravante di mettersi per un anno
in mano all’astro nascente del salvinismo nostrano. Il tutto in nome di un
confuso civismo che al collasso dei partiti risponde con uno spregiudicato
pragmatismo. Con quali risultati? Qui si può anche ragionarne, un diverso
atteggiamento, più colloquiale, qualche restyling, ma lasciamo perdere i
giudizi e i pregiudizi paesanotti sulle persone, alcune certamente notevoli
e conosciute per spirito di servizio e competenza, ma altre lì solo perché
imposte dagli accordi di potere retrostanti l’operazione. Ma, appunto, non
è questione di persone e neppure della persona-guida e di quanto sia onesta,
competente, perbene. Ora fanno 100 anni dalla famosa prolusione di Max Weber
sulla vocazione politica sempre in difficile equilibrio tra etica delle
intenzioni (principi, valori, visione) e spirito di responsabilità (senso
istituzionale, pragmatismo democratico). Salvemini si è sbilanciato da tempo
solo e soltanto sull’etica della responsabilità, arrivando a rimuovere il
senso politico di accordarsi con il movimento neofascista “Andare oltre”,
anzi riproponendone una più stretta alleanza al prossimo e imminente giro.
Condividendone così un’idea indifferenziata di comunità cittadina. Ragionare
di patti per la città per evitare il commissariamento non ha prodotto nulla,
e solo per evitare di perdere i fondi europei per le opere in cantiere, come
disse il suo vice in un’intervista. La sua retorica pubblica parla di
cambiamento, di discontinuità, di legalità, ma omette cose troppo divisive
come l’antifascismo, i valori sociali, la resistenza alle privatizzazioni.
Se volesse ricandidarsi Salvemini potrebbe escludere già in ripartenza la
formazione provinciale neofascista di “Andare oltre” o chiedere al suo ex
vicesindaco di prenderne pubblicamente le distanze e il distacco certo. Deve
essere stato lusinghiero per Salvemini apparire in un numero dell’Espresso
come uno di quegli amministratori da cui la sinistra politica nazionale
potrebbe ripartire, ma sapevano in quel settimanale del colore della sua
giunta e delle sue anomale alleanze? L’anomalia leccese fa sempre i suoi bei
danni.

Il movimento capeggiato da quel sindaco di Nardò noto per le sue
intemperanze neofasciste si presenta come nulla fosse a tutti i tavoli: di
destra, di centro e di centrosinistra. Sino ad ora non c’è appello o
manifesto di quel movimento che non sia stato firmato anche dall’ex
vicesindaco. Ma allora qual’ è la natura della rivoluzione oltrista leccese?
Qualcosa di storicamente già conosciuto con il nome di trasformismo
meridionale. Questo qualcosa avviene sotto l’ombra del trasformismo in atto
del governatore della Regione Puglia. Quello che resta del PD lo favorisce e
lo incoraggia. Essere moderni, spregiudicati, futuristi, giocare su più
fronti pur di realizzare governi di un generico cambiamento preteso
necessario. Per adesso cominciano a sollevarsi più voci pubbliche dalla
politica cittadina che della discriminante antifascista non intendono
affatto farne a meno. Che vogliono una situazione meno ambigua. Che non ci
stanno sull’oltrismo e il trasformismo.

Giusto per ripetermi: per la destra la comunità è organicista, identitaria,
gerarchica. Per la sinistra è porosa, inclusiva, democratica. Non è un buon
argomento logico-razionale quello per cui essendo il blocco storico della
destra cittadino parossistico per corruzione e malversazione, clientelismo e
dispotismo, tutto fa brodo pur di aprire uno spiraglio, e questa cosa si è
ben vista nella breve e tuttosommato deludente esperienza della giunta
Salvemini-Delli Noci.

Silverio Tomeo



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