[Lecce-sf] aria di città

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Autore: Silverio Tomeo
Data:  
To: città plurale, social forum
Oggetto: [Lecce-sf] aria di città
Anche il direttore del Quotidiano di Lecce ha dovuto rilevare alcune
evidenze in merito alle dimissioni della giunta Salvemini-Delli Noci. Le
evidenze e le aporie non sono suscettibili di rimozione, neppure per
entusiasmo, buona fede, volontà di progresso. L’unica via per giustificarle
è quella dell’eccezionalismo, della leccesità irriducibile alla dialettica
democratica tra programmi e ispirazioni diverse. La sostanza del civismo
pragmatico (“altrimenti a Lecce non si governa…”) si chiama trasformismo
meridionale, e anche questo è stato finalmente rimarcato nel dibattito
pubblico. Così come il rischio di essere andati troppo oltre con “Andare
Oltre”, una formazione ambigua a sostanza neofascista, guidata dal quel
sindaco di Nardò e sottoscritta dal vicesindaco della città di Lecce.

Intanto Salvemini doveva dimettersi il giorno dopo aver perduto la propria
maggioranza surrettizia dovuta al “prestito” di tre consiglieri della destra
legaiola. Per quanto mi riguarda al ballottaggio doveva appellarsi a tutti
gli elettori, inclusi quelli che avevano fatto peso nella coalizione del
giovane della destra alternativa Delli Noci, e non fare invece un patto.
Comunque sia, orgoglio o non orgoglio, dignità o non dignità, o si dimetteva
o veniva dimesso. Colpa delle leggi, colpa della fragilità politica leccese,
ma così è se vi pare. Anzi: il sistema elettorale introdotto dopo Mani
Pulite per l’elezione diretta dei sindaci per quanto razionale possa essere,
induce facilmente al personalismo in politica. Aggiungiamo il collasso dei
partiti e si va diritti verso forme di soggettivismo: è meglio Tizio o
Sempronio? A questo si riduce la zuppa. Mettiamo in conto la frustrazione
della componente progressista e democratica dei leccesi di fronte a decenni
di governo della destra parossistico per familismo, voto di scambio,
corruttela, spreco, dissesti, e la cosa meglio si comprende ma non si
giustifica.

Ma allora cosa bisognerebbe fare, ci si chiede? Intanto non farsi prendere
da soluzioni politiciste. Alla base della giusta dimessa non c’era solo
l’entusiasmo civico, il riformismo democratico, il riconoscimento delle doti
personali di onestà e competenza di Salvemini. Con tutta evidenza c’era
l’accomodamento di potere con il presidente della Regione Emiliano e i suoi
emissari, con l’entourage dell’ex senatore Pellegrino, con l’ex rettore
Laforgia, con Dario Stefano,. con una destra giovanilistica che vede in
Delli Noci un suo campione iperattivo e futurista. Tralasciando l’ostilità
di Salvemini alle occupazioni sociali, la mancanza di coraggio sulla
disobbedienza civile al decreto Salvini, il perbenismo che maschera un
sottile decisionismo autoritario, e nessuno dei suoi consiglieri che abbia
voluto presentare quella mozione presentata in moltissimi Comuni d’Italia
per impedire patrocini e spazi pubblici alle formazioni razziste e
neofasciste. Poi sul bilancio di questi diciotto mesi si può ragionare:
giunta e consiglieri più colloquiali, certo, ma anche accondiscendenza alle
privatizzazioni, nessun riguardo al polo mercatale, auto-propaganda
stucchevole dei supporter, insomma fate vobis.

Orbene: Salvemini, nel caso si ricandidasse a maggio, potrebbe meglio
circoscrivere il perimento della sua strana coalizione, ma non lo farà.
Potrebbero i civici portare direttamente Delli Noci, come propose
Pellegrino, che nessuno forse ricorda arrivò a proporre la Poli Bortone
alla Regione al posto di Vendola. La questione di Emiliano, delle sue bizze
e trasformismi, non è affatto estranea qui a Lecce e alla Provincia, anzi è
determinante. La destra cittadina si sta ristrutturando con cambi di
casacche, con Fitto che si allea con la Meloni alle europee, con il
salvinismo che avanza. In questo quadro il movimento oltrista gioca un suo
ruolo evidente e pericoloso.

Al risposta a questo quadro non è il politicismo né la rassegnazione.
Intanto va decostruita la narratologia del “non si può che fare così se si
vuole governare e cambiare la città”. Quindi cercare di aprire uno spazio
politico plurale, non settario, ma che non faccia sconti ed eccezioni su
valori costituzionali e antifascisti, chiaro sulla sostanza sociale dei
programmi, sulla scelta di alleanze e compromessi, con una propria visione
del cambiamento della città.

Comunque sia: benvenuto commissario prefettizio e buon lavoro! Dia garanzie
a tutti, apra i cassetti se ne son rimati di chiusi e ammuffiti, metta tutti
in riga sulla legalità.



Silverio Tomeo







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