Report dell’assemblea per la IX Giornata Internazionale cont…

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Autor: Gennaro Montuoro
Data:  
A: Rete Cosenza
Assumpte: Report dell’assemblea per la IX Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte e per la Difesa del Pianeta.
*Report dell’assemblea per la IX Giornata Internazionale contro le Grandi
Opere Inutili e Imposte e per la Difesa del Pianeta.*

Trebisacce (CS) – Piazza della Repubblica – 08 dicembre 2018

L’ 8 dicembre a Trebisacce, in occasione della IX Giornata Mondiale contro
le Grandi Opere Inutili e Imposte e per la Difesa del Pianeta ed in
concomitanza con diverse decine di piazze in tutta Italia, si è tenuta
un’assemblea pubblica regionale autoconvocata che ha messo al centro della
discussione le pratiche in difesa del territorio e l’urgenza di reagire
alle politiche di devastazioni e saccheggio perpetrate ai danni delle
nostre comunità a partire dall’urgenza di bloccare il devastante progetto
del III Megalotto della S.S. 106, le concessioni di ricerca estrazione di
idrocarburi in terra e in mare (in particolare le concessioni “Tempa La
Petrosa” sul Pollino fra Basilicata e Calabria e la perforazione di pozzi
esplorativi fra la foce del Crati e Casoni, entrambi Siti di Importanza
Comunitaria), la paradossale attività della centrale Enel a biomassa
operante nella Valle del Mercure in pieno Parco Nazionale del Pollino e il
più delirante progetto privato di una mega discarica di rifiuti speciali a
Cammarata, nel cuore del distretto agricolo d’eccellenza della Piana d
Sibari.

In realtà molto più numerose sono le emergenze ambientali e territoriali
che flagellano la nostra regione. L’assemblea infatti, ha visto la
partecipazione di diversi attivisti provenienti da tutta la Calabria in
rappresentanza delle tante lotte in difesa del territorio e contro lo
sfruttamento e la devastazione delle nostre comunità locali.

Il quadro sociale uscito fuori dopo oltre 4 ore di assemblea è stato
chiaro: i territori calabresi e le sue comunità hanno pagato e continuano a
pagare un prezzo elevato in termini di malattie, inquinamento e
devastazioni ambientali e tutto ciò nonostante la Calabria non abbia mai
avuto uno sviluppo industriale che possa giustificare l’attuale scempio
ambientale e socio-sanitario.

La Calabria, negli anni, è diventata la pattumiera d’Italia e, nel
contempo, territorio vergine da sfruttare e conquistare (trivelle,
discariche, inceneritori, grandi impianti inutili e dannosi, ecc.).

A fare cassa i soliti gruppi nazionali ed internazionali (Astaldi,
Impregilo, Cmc, Eni, Total, ecc.); a farne le spese l’intera comunità
calabrese e, tra essa, le fasce sociali povere e precarie.

Nessuno “sviluppo” dunque, nessun posto di lavoro reale ma soltanto false
promesse elettorali; povertà, miseria e marginalità sociale oggi la fanno
da padrona nel Mezzogiorno. Non è un caso se la Calabria risulta tra le
Regioni più povere e depresse d’Europa e con livelli di accesso alle cure
ad alla sanità tra le peggiori dell’Unione.

Le numerose realtà presenti sabato scorso a Trebisacce hanno portato nel
dibattito le diverse urgenze ambientali e sociali in cui sono impegnate da
anni, convergendo assieme sulla necessità di porre al centro della prossima
agenda sociale alcune questioni dirimenti:

    tutto il territorio regionale, già abbondantemente flagellato dalla
mancanza di servizi essenziali legati soprattutto alla sanità e alla
viabilità, diventa di fatto territorio coloniale al servizio della
predazione neoliberista che non prevede alcuna ricompensa se non in termini
di inquinamento e malattie correlate, improduttività agricola e culturale,
disgregazione sociale e mistificazione identitaria.


    i circa 1,5 miliardi di euro di costi imputabili all’attuale tracciato
previsto dal III Megalotto della SSS106 e i tanti altri miliardi di euro
sprecati per altrettante grandi opere inutili e dannose sparse sul
territorio regionale, diventerebbero molto più utili e vicini alle esigenze
delle popolazioni se fossero investiti nel recuperare il grave dissesto
idrogeologico, per normalizzare la situazione sanitaria, per ripristinare e
migliorare la viabilità interna, interpoderale e rurale, per incrementare
le attività di valorizzazione e ricerca archeologica, storica,
naturalistica e antropologica e realizzare un’offerta turistica, culturale,
enogastronomica e naturalistica integrata ed ecosostenibile;


    ridare centralità alle forme della democrazia diretta, della
partecipazione attiva e dell’autogoverno dei territori come unico antidoto
alle pratiche capestro che hanno caratterizzato per decenni le politiche
regionali e nazionale: rivendicare, qui ed ora, la necessità che a decidere
sulla propria vita e sul proprio futuro debbano essere le comunità locali e
non una ristretta élite politica;


    promuovere processi che vedano protagonisti gli abitanti dei territori,
i comitati popolari, le organizzazioni sociali e le comunità locali nella
costruzione di mobilitazioni in difesa del territorio e della salute, per
la riappropriazione sociale dei beni comuni, per una nuova economia sociale
territoriale che metta al centro dell’agire l’autogestione, l’autogoverno e
forme sperimentali di democrazia diretta, allontanando dal proprio agire
quotidiano il meccanismo della delega e delle scorciatoie elettoralistiche.
Tutto ciò è la base per la costruzione di una nuova soggettività che sappia
mettere in campo un’economia socialmente ed ecologicamente orientata,
partendo dalla condivisione collettiva su cosa, come, dove e per chi
produrre; che si riappropri della ricchezza sociale prodotta per garantire
redistribuzione e investimenti socialmente utili; che faccia della
partecipazione sociale diretta l’humus per una nuova società;


    la necessità di inquadrare qualsiasi lotta condotta all’interno dei
nostri territori in una dinamica di contrasto e opposizione attiva rispetto
alle strategie politico-economiche che trovano espressione nei cosiddetti
trattati commerciali di “libero scambio” (TTIP, CETA, ecc.), accordi
transnazionali il cui unico scopo è quello di garantire libertà di azione e
di espansione alle grandi corporazioni, legando le prospettive di profitto
all’abbattimento di quelle che vengono denominate “barriere non tariffarie”
(ovvero i diritti e le garanzie a tutela del cittadino, del lavoratore, del
consumatore e, non ultimo, dell’ambiente). La ratifica di tali accordi – è
stato sottolineato durante l’incontro sia dal rappresentante del movimento
Stop TTIP Calabria che da quello della Coldiretti – comporta un rischio
altissimo per il benessere delle comunità locali, sia in termini di
sfruttamento del territorio, sia in quanto espropriazione di autonomia
decisionale. Anche su questo punto l’atteggiamento del governo si sta
dimostrando particolarmente ambiguo, per non dire schizofrenico, con la
proclamazione a gran voce (si veda la campagna elettorale del M5S) della
propria contrarietà a simili trattati, in contraddizione con il recente via
libera concesso dal MiSE all’accordo UE-Giappone e con l’assenso espresso
rispetto al patto con il Vietnam.


    la presenza di una delegazione lucana di ritorno da Riace, dopo tre
giorni di studio e solidarietà nel paese della locride ha permesso di
legare l’analisi delle vicende del cosiddetto “modello di accoglienza” di
Riace a quella dei temi propri della giornata. Riace fa paura non solo
perché ha saputo declinare il problema dell’accoglienza in un’opportunità
di crescita comunitaria a partire dalla considerazione paritaria dell’altro
in un processo virtuoso che ha annichilito le gerarchie e l’odine semantico
che inquadra le persone fra quelle che danno e quelle che ricevono… Riace
fa paura perché questo incontro paritario è potuto accadere sulla base di
un’autorganizzazione e di un’autogestione delle risorse naturali,
produttive e culturali del luogo che hanno portato il paese a essere, oltre
a un modello di accoglienza (termine abbastanza critico e politicamente
ambiguo per chi scrive), un tentativo reale di economia circolare
ecosostenibile!


    l’ostinata non accettazione e opposizione a qualsiasi discorso
falsamente ecologista che risulta sempre funzionale  a interessi di parte o
di natura elettorale: da un lato infatti, il discorso di amministratori
locali e regionali che si pavoneggino parlando di sviluppo e difesa dei
territori esponendo però – di fatto – le popolazioni al saccheggio
sanitario, ecologico,  paesaggistico e delle risorse produttive e
culturali; dall’altro, l’ecologismo opportunista dell’attuale governo
Giallo/Verde e, nella fattispecie, del M5S che non intravede alcuna
contraddizione nel votare compattamente un dispositivo come il D.L. Salvini
che nega la protezione umanitaria a persone che molto spesso sono costrette
alla fuga e a rischiare la propria vita in conseguenza anche di immani
disastri ambientali e climatici prodotti nelle loro terre dalle
multinazionali  e dai Governi del mondo capitalista occidentale. Un Governo
– è giusto ricordarlo – che con la stessa disinvoltura promette l’elemosina
di un reddito di cittadinanza finanziato, in accordo con l’UE, con 18
miliardi di privatizzazioni di beni pubblici;


    l’urgenza, espressa a più riprese durante l’assemblea, di ridare vita e
forza a un coordinamento regionale di realtà impegnate a difesa del
territorio e nelle lotte sociali che sappia produrre una mappatura delle
crisi e dei conflitti ambientali in Calabria, che sappia analizzare e
produrre una strategia comunicativa efficace e un’alternativa di proposte e
soluzioni.


Rispetto a questa urgenza, si è individuato nel mese di gennaio il periodo
più adatto per autoconvocarsi in assemblea a partire dalla prossima
manifestazione nazionale prevista per il 23 marzo a Roma come momento di
partenza per una riflessione collettiva che sappia andare oltre le chiamate
nazionali e sappia garantire continuità nelle pratiche territoriali.

La convinzione che ha spinto le diverse realtà ad autoconvocarsi sabato
scorso è che non esiste nessun tipo di avanzamento delle lotte contro la
crisi, l’austerità e la devastazione territoriale senza la creazione di un
rapporto di forza reale, fatto di corpi in carne ed ossa, di uomini e donne
che divengono forza sociale impattante proprio nei processi di
autorganizzazione.

È con questo spirito che le diverse realtà si autoconvocano a gennaio con
la volontà di riprendere un percorso – mai del tutto abbandonato – ma
soprattutto per riprendersi il proprio futuro, qui ed ora!

Trebisacce (CS), 09.12.2018

*Le realtà autoconvocate a Trebisacce*