[NuovoLab] Il Brasile nel labirinto di Minosse

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Autor: Antonio Bruno
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Riflessione di José Luiz Del Roio che contestualizza la situazione brasiliana successiva alle elezioni del 28 ottobre sullo scacchiere internazionale. Aggiungo che l’ambasciatore italiano è stato fra i primi a visitare il neo eletto presidente, mentre altri importanti paesi europei sono molto più prudenti. Mi sembra che non si possa non essere preoccupati di questo atteggiamento di vicinanza che manifesta il governo italiano; né va dimenticato che nel nostro parlamento siedono eletti brasiliani dei collegi esteri e molti sono i cittadini con doppia nazionalità. La nostra Costituzione non ammette tolleranza verso forme di fascismo e razzismo. Teresa .Isemburg

Il Brasile nel labirinto di Minosse

di José Luiz Del Roio

Lo spazio e la popolazione brasiliani sono terreno di battaglia della nuova guerra mondiale in atto degli Stati Uniti soprattutto contro la Cina. La conseguenza del lungo golpe che è durato quasi cinque anni (dalle manifestazioni “anti corruzione” di giugno 2013) si vede interamente adesso.

Il Brasile è stato attore fondamentale della costituzione del Brics e aveva centralizzato tutta la sua politica estera in difesa del multilateralismo con rispetto dei trattati internazionali e su una posizione di equilibrio e di azione per la soluzione delle tensioni dei conflitti. Questo è via via divenuto insopportabile per l’establishment di destra statunitense e per i suoi sodali internazionali. Le forze che si apprestano a dominare il governo brasiliano si apparentano a questa estrema destra statunitense, che si colloca addirittura a destra di Trump, tanto che spesso il presidente non ha forza o volontà di seguirle.



Come si è arrivati a questo? È stata un’ alleanza profonda dei settori fondamentali del capitale finanziario e dei grandi gruppi dell’ oligarchia brasiliana con il sistema giudiziario brasiliano che adesso riconosce che fin dal 2014 tenta di governare la federazione al di sopra di qualsiasi esecutivo, come per esempio ha dichiarato il nuovo presidente del Supremo tribunale federale. E con l’appoggio della grande stampa.



Questi settori del giudiziario si sono manifestati chiaramente nel momento presente quando il glorificato e fascista giudice di prima istanza Sérgio Moro, il responsabile dell’incarcerazione (senza prove giudiziarie) del maggior leader popolare brasiliano, che avrebbe vinto le elezioni ed era quindi necessario fosse confiscato, è stato designato superministro del nuovo governo. Improvvisamente un giudice in carica è promosso non solo ministro della giustizia, ma anche detentore di tutti i poteri repressivi dello Stato: polizia federale, servizi di informazione ecc. È questo giudice che dovrà esercitare la repressione promessa. I movimenti sociali saranno dichiarati terroristi e proibiti, come il MST/Movimento dei lavoratori senza terra, i movimenti per la casa ecc. E almeno le direzioni dei partiti di sinistra saranno processati. Queste sono le minacce, si vedrà cosa potranno fare.



Solo per insistere su come si è giunti a questo, è bene ricordare che la guerra ibrida scatenata qui è una novità assoluta: parole della ex presidente di Costa Rica, capodelegazione dell’ OSA/Organizzazione degli stati americani per il controllo delle elezioni in Brasile. L’uso spropositato di fake news si spiega. Il Brasile è un paese fragile in questo campo: 20% del whatsapp mondiale, che è la macchina che ha funzionato legata a face book, è in Brasile. Come elemento di confronto, negli Usa è il 7% su una popolazione molto superiore. Si suppone che siano stati rubati 30 milioni di profili. Questi profili sono stati analizzati dettagliatamente attraverso algoritmi e si è deviata tutta l’attenzione dalle questioni sociali che sono scomparse dalla campagna, nonostante la sinistra abbia trattato soprattutto di ciò; in primo piano sono state spinte solo questioni morali e di sicurezza.



Il programma dichiarato in questo momento è quasi inimmaginabile. Per esempio: armi per tutti. Ma curiosamente le armi non dovranno essere brasiliane, saranno importate dagli Stati Uniti. Chiaro, gli Stati Uniti hanno un mercato di armi supersaturo perché negli Usa c'è un miliardo di armi in mano alla popolazione: non si può vendere più niente. E qui hanno una popolazione di 200 milioni a cui vendere armi per ammazzarsi.



Ma è sul piano internazionale che la situazione è più preoccupante. La prima dichiarazione del neo eletto è il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele. Il governo di Israele ha appoggiato immensamente la campagna di Bolsonaro, che tra l’altro nelle sue manifestazioni aveva sempre la bandiera di Israele. Se poi ci sono fascisti e disegni nazisti, pazienza! La minoranza di sinistra israelita del Brasile si è opposta duramente a tutto ciò, con fermezza nelle sue limitate forze. È evidente che questo creerà difficoltà notevoli, farà sospendere le relazioni con lo Stato palestinese e porterà ad una forte ripulsa verso il Brasile nel mondo arabo e islamico in generale.



Si è dimenticato, o forse non si sapeva dato che fino a poco fa Bolsonaro non era nessuno, di un viaggio da lui fatto recentemente a Taiwan, in Giappone dove ha parlato con le forze nazionaliste giapponesi e in Israele. Peraltro in Israele lo stesso si era fatto battezzare nelle acque del Giordano da ministri neopentecostalisti... Chi ha ricordato questa trasferta è stata le Repubblica popolare cinese questa settimana, che ha fatto una nota, direi la nota meno usuale su politica internazionale dal 1979, di durissimo attacco al nuovo governo brasiliano e di minaccia di rotture commerciali molto pesanti.



Questa è una cosa seria, perché quasi 50% delle esportazioni brasiliane sono verso la Cina. Un altro 30% verso il mondo islamico. Quindi il Brasile entra in una situazione di autostrangolamento economico. Continuano le minacce di attacco militare al Venezuela, cosa che ritengo impossibile perché l’armamento venezuelano è infinitamente superiore a quello brasiliano. Chiaro, può servire come copertura per l’intervento statunitense. È evidente che la rottura con la Cina trascinerà la Russia, che non può che agire insieme alla Cina nelle grandi questioni globali. Si ripetono le minacce anche di uscire dall’accordo sul clima e di sospendere praticamente tutte le leggi di tutela ambientale all’interno del Brasile, finendo con lo stesso ministero dell’ambiente.



Siamo in presenza di un governo seriamente pericoloso, certamente per i brasiliani che subiranno una dura repressione e un aumento degli indicatori della povertà, ma anche per il mondo, perché qui si sperimenta un modello che si vuole moltiplicare. È diverso dalla nuova destra europea, forse ha qualche somiglianza con il moralismo e il fanatismo polacco o ungherese. Ma è diverso. Non a caso madame Le Pen ha detto: non abbiamo niente a che vedere con questo governo, non ci si confonda con esso. Sfortunatamente il viceministro Matteo Salvini, forse scarso conoscitore della situazione, ha dichiarato: che bello, è uguale a noi. No. È bene che Salvini studi un po’ la situazione per vedere se è uguale, perché qui il nuovo governo esalta la tortura e lo sterminio con tutte le parole: la tortura è necessaria, la tortura nella dittatura è stata troppo poca, doveva essere di più. I principali torturatori sono glorificati, assassini notori sono glorificati. Non credo che il viceministro Salvini abbia questa posizione. Non ci credo proprio.



Che cosa oggi è necessario? In Brasile è in corso la costituzione di un grande fronte democratico. Perché in definitiva abbiamo avuto 47 milioni di voti, vasto è l'appoggio in tutti i settore degli intellettuali, fra religiosi avanzati, nei sindacati, nei molteplici movimenti sociali. Noi abbiamo forza per creare un fronte, ma non è sufficiente che esso sia brasiliano; il fronte democratico deve essere mondiale. Sfortunatamente solo nell’ultimo periodo la socialdemocrazia europea si è mossa mostrando molto interesse. Ma ciò non ha avuto un riflesso significativo in Italia. Penso per esempio alla condiscendenza con cui in Italia è stato trattato il nuovo ministro della giustizia e responsabile oggi della repressione in Brasile, il signor Sérgio Moro, da parte di diversi settori, inclusi alcuni considerati democratici.

E in questo contesto grave voglio allertare con molta preoccupazione sul fatto che la vita stessa di Lula è in pericolo.

José Luiz Del Roio, San Paolo, 4 novembre 2018; precendenti articoli sul Brasile sul sito www.latinoamerica-online.it