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題目: [peer_to_peer] Quanto spiano quegli oggetti smart: sanno tutto di noi
24 agosto 2018
Quanto spiano quegli oggetti smart: sanno tutto di noi
di ROSITA RIJTANO

https://www.repubblica.it/tecnologia/sicurezza/2018/08/20/news/quegli_oggetti_smart_spioni_sanno_tutto_di_noi-204524005/?ref=search

Dai bambolotti ai sex toys 2.0, dai mini robot ai televisori
intelligenti: dotati di sensori e connessi alla Rete, sono tra gli
autori di un monitoraggio costante di cui siamo poco o nulla consapevoli
HANNO occhi e orecchie, con cui ci osservano e ci ascoltano
[https://www.repubblica.it/tecnologia/sicurezza/2016/12/12/news/attenzione_a_quei_giocattoli_smart_sono_delle_spie-153970997/].
Fino a sapere tutto di noi. Possono conoscere la nostra posizione,
monitorare il battito cardiaco o la sudorazione, sentire le nostre
chiacchierate. Sono gli oggetti smart, dotati di sensori e connessi alla
Rete, gli autori di un monitoraggio costante di cui siamo poco
consapevoli. Altro che il chip nascosto nel pallone da calcio con cui
Vladimir Putin aveva omaggiato Donald Trump il 16 luglio scorso. Un
regalo che accese subito la fantasia per i possibili scenari da spy
story, con tutti a chiedersi: e se fosse usato per sgraffignare segreti
di Stato? Certo, le precauzioni non sono mai troppe, ma in realtà si
tratta di un'ipotesi poco probabile considerato che il circuito, un tag
NFC, non raccoglie dati sull'ambiente in cui si trova, bensì si limita a
mostrare pre-determinati contenuti sullo schermo di uno smartphone
vicino. C'è ben altro da tenere d'occhio. E ha silenziosamente invaso la
nostra quotidianità.

Secondo le stime della compagnia d'analisi Business Insider
Intelligence, saranno 55 miliardi i dispositivi online entro il 2025. Un
mercato che sta crescendo a ritmi esponenziali, conquistando ogni
settore. Dalle lavatrici agli indumenti. Qualche esempio: Sensoria ha
messo a punto calzini in grado di collezionare dati sul nostro modo di
camminare. Mentre Ralph Lauren firma una t-shirt che rileva la
respirazione. Hi-tech che promette di migliorare la nostra vita
quotidiana, ma al tempo stesso mette potenzialmente a rischio la
privacy. E non è solo una boutade, come dimostra una rivelazione di
Wikileaks che ha fatto il giro del mondo: l'agenzia di spionaggio del
governo Usa (CIA) avrebbe sviluppato un software capace di rubare
l'audio catturato nelle stanze dove c'è una F8000, la tv intelligente di
Samsung. I problemi sono due, avverte Razvan Pitic, ricercatore dell'IoT
Lab del Politecnico di Milano: "Da un lato, molte aziende stanno
trascurando la sicurezza nella fretta di rimanere al passo con i tempi.
Dall'altro, gli utenti non sono abituati a percepire questi prodotti
come possibili minacce".

Basti pensare al caso dei bambolotti prodotti dalla Genesis Toys, My
Friend Cayla e I-Que Intelligent Robot. Considerati un ottimo regalo da
genitori all'avanguardia, sono poi finiti sotto accusa perché
racimolavano le informazioni personali dei bambini e delle relative
famiglie, salvandoli per di più sui server di una compagnia che fa
affari con agenzie governative d'intelligence. O a Standard Innovation,
azienda produttrice di giocattoli erotici smart che nel 2017 ha pagato
3,7 milioni di dollari per aver collezionato i gusti sessuali dei propri
fruitori, a loro insaputa. Ma nella lista degli oggetti impiccioni
finiscono anche gli assistenti digitali domestici che per essere pronti
a rispondere alle nostre richieste rimangono sempre in ascolto delle
discussioni. E le telecamere che usiamo per controllare casa anche dal
cellulare. Molte di loro utilizzano la password impostata al momento
dell'acquisto, rendendo facile qualsiasi manomissione. "Gadget
totalmente insicuri che si stanno diffondendo a macchia d'olio", dice
Andrea Zapparoli Manzoni, membro del consiglio direttivo del Clusit,
l'Associazione italiana per la sicurezza informatica. A mancare,
conclude l'esperto, "sono normative che impongano test obbligatori di
sicurezza per questi oggetti prima d'immetterli sul mercato".



























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"Faccio un lavoro che di fatto non è un lavoro, direi che è un modo di
vivere" L. Bertell

"tecnologie appropriate"

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