[NuovoLab] Ponte Morandi metafora di Genova

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Autor: Antonio Bruno
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Alla fine sono dovuto tornare a Genova. Dopo la caduta del ponte Morandi ho ritardato il più possibile.
Ho trovato una città sospesa tra lo shock e la rassegnazione .

1. Shock

Anche per chi, come me, il ponte rappresentava la supremazia della “crescita infelice” sulle persone, il Morandi era diventato uno di famiglia.
Magari un parente non gradito, spesso scorbutico, ma ormai accettato per il solo fatto di averlo percorso migliaia di volte (è stato così anche per chi ha sempre privilegiato il trasporto pubblico).
E ancora oggi ci stiamo chiedendo perché non sia toccato a noi, ai nostri cari, finire sotto le macerie di quel ponte… Ovviamente non c’è una spiegazione razionale.
Tutto sembra causale , imprevedibile . E questo è vero se si guarda all’episodio puntuale.
Se invece facciamo memoria di tutte le tragedie accadute a Genova negli ultimi decenni, non possiamo più imputare al fato o alla cattiva provvidenza questa o quella tragedia .
Abbiamo avuto numerose alluvioni con morti: 7-8 ottobre 1970 (44 vittime); 11 aprile 1991; 27 settembre 1992 (2 vittime); 23 settembre 1993 (5 vittime); 30 agosto 1994 (una vittima); 4 ottobre 2010; 4 novembre 2011 (6 vittime) ; 9-10 ottobre 2014 (una vittima).
Impossibile dimenticare – era il 12 luglio 1981 - l’esplosione della nave Hakuyoh Maru 1981 (6 vittime); l’esplosione dell’azienda petrolchimica Carmagnani 1987 (6 vittime) il 16 maggio 1987; il naufragio della petroliera Haven (5 vittime l’11 aprile 1991); la caduta in mare di un aereo (4 vittime) il 25 febbraio 1999.
Negli ultimi tempi due eventi hanno portato Genova all’attenzione dell’intero paese: il 7 maggio 2016 l’abbattimento della Torre Piloti da parte di una nave (9 vittime) e ovviamente il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto scorso, con le sue 43 vittime.
E’ una catena di sciagure di per sé impressionante e stiamo trascurando i morti per malattie dovute alle aziende inquinanti, anche perché gli enti locali hanno scelto consapevolmente di non monitorare con efficacia le fonti dell’inquinamento a Genova.
Quando una serie di calamità si abbatte su una città con regolarità, diversamente da quanto avviene nelle città vicine, c’è da chiedersi se non dipenda dalla crescita infelice – come altrimenti chiamarla? - che ha disegnato questa città, condannandola a essere piattaforma logistica e mercato aperto da un sistema economico capitalistico che poco si cura del dolore e della morte che semina lungo il suo percorso.
Stiamo parlando di una pianificazione urbanistica che nasce dopo la formazione della Grande Genova nel 1926, quando il Fascismo annullò tutti i comuni autonomi, ed è proseguita fino ad oggi.

2. Infrastrutture

Da anni si discute della stabilità del Ponte Morandi .
Da anni la Società Autostrade controllava il ponte ed eseguiva lavori di manutenzione.
E’ notizia di questi giorni che già a febbraio il gestore e il Ministero dei trasporti erano a conoscenza dello stato precario delle strutture ma sembra che abbiano deciso di rimandare i lavori a dopo le ferie estive per non intralciare l’esodo vacanziero. Viene in mente la decisione presa dalla sindaca Marta Vincenzi nel novembre del 2011, quando scelse di non chiudere le scuole nonostante l’allerta meteo, sfociata poi in una rovinosa e mortale alluvione; alcune settimane la sindaca aveva ordinato la chiusura delle scuole per un allarme neve che si era rivelato un falso allarme (non nevicò)…
C’è un elemento di imprevedibilità che non è stato possibile eliminare: basti dire che gli stessi abitanti del quartiere sotto il Morandi, oggi sfollato, si erano a suo tempo opposti sia al rifacimento del ponte che alla previsione di un nuovo ponte da costruire in zona nel piano delle opere comprese nella cosiddetta Gronda autostradale .
La Gronda è un nuovo tratto autostradale che dovrebbe raddoppiare l’autostrada Genova – Savona nel tratto Vesima – Genova Ovest ed è contestata da ambientalisti e comitati locali per il grande impatto ambientale.

Il progetto comprende 72 km di nuovi tracciati autostradali: allacciata agli svincoli che delimitano l'area cittadina (Genova Est, Genova Ovest, Bolzaneto), si connette con la direttrice dell'A26 a Voltri e si ricongiunge con l'A10 in località Vesima.
Data la complessità orografica del territorio attraversato, il nuovo sistema viario si svilupperebbe quasi interamente in sotterranea, con 23 gallerie per un totale di circa 54 chilometri sottoterra, circa il 90% dell'intero tracciato.
Un’opera del genere comporta un impatto notevolissimo in termini di scavi e smaltimento dei materiali (anche contente amianto) e di esaurimento di sorgenti d’acqua, per non dire dell’impatto ambientale dovuto all’incentivazione all’uso del mezzo privato.
Gli oppositori hanno sempre sostenuto che il traffico sul nodo di Genova è prevalentemente interno al nodo o diretto all’interno di esso: il traffico di attraversamento , dicono, non sarebbe che il 20 % del totale , troppo poco per giustificare un’opera di così grande impatto ambientale.

Ci sono soluzioni infrastrutturali alternative, come la strada a mare (connessa con il casello di Genova Aeroporto già in corso di realizzazione); la separazione del flusso in uscita a Genova Ovest e diretto verso il porto (container e traghetti) da quello “civile”; il potenziamento del trasporto pubblico.
Tutto ciò consentirebbe di soddisfare a pieno i bisogni della città, rimanendo la necessità di ammodernare o sostituire il ponte Morandi, garantendo nuove soluzioni abitative ha chi ha perso la casa per il crollo del 14 agosto.

Sarebbe questo il momento, all’indomani di una strage annunciata e scioccante, per intraprendere simile percorso, cambiando così rotta rispetto alle valutazioni e alle scelte del passato. E invece gli enti locali - Comune di Genova e Regione Liguria - sono fermi nel sostegno al progetto della Gronda, già approvato con il consenso di centro-destra e centrosinistra.

Secondo i sostenitori della Gronda il progetto è necessario per dare una risposta ai crescenti traffici del porto di Genova.
In realtà l’espansione dei traffici è piuttosto lenta e inoltre le merci si spostano prevalentemente in direzione Nord – Sud, mentre la Gronda ha uno sviluppo Est – Ovest!
I lavori di ammodernamento delle linee ferroviarie di collegamento tra Nord e Sud sarebbero in grado di assorbire un traffico di container di gran lunga superiore alla totalità della movimentazione attuale, perciò è possibile dire che Genova è alle prese con un secondo progetto di Grande Opera Inutile: la linea ad alta velocità ferroviaria Genova Fegino – Tortona ( Terzo valico ), dal costo di oltre 6 miliardi euro, fortemente sponsorizzata anch’essa da centro-destra e centrosinistra.

Quello che servirebbe alla città, anche per rispondere agli obiettivi di abbattimento delle emissioni nocive, sarebbe uno spostamento deciso dal trasporto privato a quello pubblico.
Già oggi è possibile far transitare un treno ogni venti minuti nella linea ferroviaria del Ponente, una direttrice strategica per i movimenti quotidiani dei pendolari, mentre il completamento della bretella ferroviaria Voltri – Sampierdarena permetterebbe l’uso della linea costiera come metropolitana urbana ed extraurbana.
Nelle altre parti della città la scelta di tornare a mezzi pubblici tranviari, con adeguate corsie riservate, potrebbe costituire un’alternativa di mobilità per la maggior parte dei genovesi, oggi abituati a muoversi in auto o in moto in una città che pure ha una morfologia così accidentata e complessa da sconsigliare, per scarsità di spazi, l’uso del mezzo personale.

3. Un ponte, una città

La caduta del Ponte Morandi è la metafora del crollo della Genova sviluppata secondo il paradigma della “crescita infelice”. Opere che hanno per qualche decennio prodotto ricchezza e benessere per migliaia di persone (molte venute dal Sud) oggi si sbriciolano e lasciano macerie (nell’animo prima ancora che nel corpo). Parliamo di autostrade, certo, ma anche del porto, del petrolio, della stessa siderurgia. Sono strutture, queste, sempre meno capaci di garantire lavoro sano; esse producono, piuttosto, territori sfruttati fino all’osso e praticamente deserti.
E sarà sempre peggio se pensiamo che ingegneri e tecnici stanno progettando droni, automi, robot nei laboratori costruiti sulla collina degli Erzelli (collina decapitata per il riempimento a mare delle Acciaierie), un’area che per decenni è stata deposito di container e oggi è sede di alcune aziende informatiche circondate (per il momento) dal deserto, raggiungibili di fatto solo via automobile.

Oggi i poteri forti cavalcano senza contrasti lo scoramento e la passività della gente e continuano a progettare una Genova piattaforma logistica e sede di vacanza per ricchi padani.
Sapremo superare lo smarrimento e immaginare finalmente un diverso modo di vivere, produrre, muoverci, amare?
Riusciremo a trovare le strade che ci portano a sperare contro ogni speranza?
E’ la scommessa dei prossimi mesi, la scommessa che dobbiamo a chi ha perso la vita sotto il ponte Morandi.
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"Eppure il vento soffia ancora ...." Pierangelo Bertoli, (Sassuolo, 5 novembre 1942 – Modena, 7 ottobre 2002)

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