Ciao,
devo dire che gli interventi di scarph, cocco, boyska e arclele mi trovano
tutti d'accordo.
Anche per me non è una questione di chiedere soldi e restare sotto giogo
quanto piuttosto creare
comunità e pratiche per coltivare le "tecnologie del sé", ragionare sui
servizi se proprio vogliamo parlare di
una forma di reddito, e non sui soldi, ma uscendo fuori dalla dinamica
della gamificazione.
Infine, e sopratutto, renderci conto che il dominio esercitato dai
social network non è esplicito, non si possono paragonare
gli utenti agli operai, il dominio avviene nella sfera interiore, è
invisibile, chi è sotto giogo non se ne accorge perché prova piacere
e quindi non sviluppa gesti creativi o azioni di ribellione.
La via da percorrere è inizialmente quella della presa di coscienza
collettiva, per cui sì a laboratori, workshop, conferenze, libri,
riflessioni e pratiche individuali e collettive. Senza giudizio e senza
proibizionismi, semplicemente percorsi conoscitivi di noi stessi e delle
macchine. Dobbiamo lavorare sulle nostre vulnerabilità e non su
alternative salvifiche più o meno rigide.
ciao!
a-
Il 19/04/18 16:11, boyska ha scritto:
> daniele.gambit@???:
>> https://www.dinamopress.it/news/perche-lavori-gratis-zuckerberg-non-solo-anche-non-iscritto-facebook-uscirne/
>>
>
> molto bella la parte in cui "tecnologie del comune" rimanda ad un
> articolo di Francesca bria [0], che evidentemente di comune ne sa,
> essendo CTO per il comune di Barcellona.
> Infatti in quell'articolo ci propone di coinvolgere i cittadini
> attraverso piattaforme data-intensive perché noi (ma noi chi?) dobbiamo
> originare un new deal dei diritti. Non è una boutade, già da qualche
> anno parla di data-driven cities. Vedi ad esempio [1] ma è facile
> trovare altro. (a proposito, parla anche molto di sovranità
> tecnologica/digitale, che vuol dire, almeno secondo lei, sviluppare
> un'infrastruttura cittadina per il processamento dati, promuovere le
> startup, trasformare il municipio in una struttura agile[2]).
> È un link che dà la cifra dello smarrimento e della confusione che si
> cela dietro la parola comune.
>
>> C’è un solo modo per smettere di lavorare gratis se per il momento non
>> è possibile smettere di lavorare: farci pagare!
>
> sarà quindi questa la soluzione da proporre anche a chi è obbligato a
> lavorare per l'alternanza scuola-lavoro? lavorare a 16 anni, certo, ma
> pagati eh!
> Intendo dire, con questo parallelo, che la possibilità di trasformare
> tutto in soldi (meglio se pochi, naturalmente) è molto ben inserita in
> quel capitalismo che oggi chiamiamo "avanzato". Blablacar, airbnb,
> deliveroo e tutti l'artri ci dicono che pezzi di quella vita che prima
> consideravamo irrimediabilmente estranea al capitalismo possono
> diventare un economia, e noi trasformarci in micro-imprenditori.
> Non credo che la vostra proposta faccia quindi paura a nessuno.
> L'unico problema è che la paghetta che ci potrebbero dare
> verrebbe bassina. Se prendi il bilancio di facebook [3] vedi che le
> entrate _lorde_ (non nette eh, lorde) per quest anno sono a 35miliardi
> di dollari. Dividiamo per i suoi 2.2 miliardi di utenti e fa ben 15€
> l'anno a testa. Finalmente ricchi!
>
> [0]
> https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/apr/05/data-valuable-citizens-silicon-valley-barcelona
> [1]
> http://ajuntament.barcelona.cat/digital/en/blog/barcelona-a-data-driven-city
> [2] https://youtu.be/YVvwsfpU51k?t=3m36s
> [3] https://www.nasdaq.com/symbol/fb/financials?query=income-statement
>