"Questo intervento (breve e sincopato – avverto subito il lettore)
ammette come ipotesi che esista un elemento di fascismo che circola oggi
nei luoghi di lavoro. Ipotesi difficile da confermare – sembrerebbe – in
tempi in cui la valorizzazione del fattore “umano” è uno dei ritornelli
delle teorie e delle pratiche concernenti l’economia aziendale e
l’organizzazione di impresa. “Umane” sono le risorse, “umano” è il
capitale. Di più, il lavoratore è una “persona” il cui “sviluppo” è
decisivo per il successo dell’impresa. Le organizzazioni appiattiscono
le proprie gerarchie, le relazioni di lavoro si fanno sempre più
informali, il clima è /friendly/. Il capo è un /leader/, il manager è un
/coach/ che aiuta le persone a esprimere pienamente il proprio
“potenziale”. L’impresa ha una /mission/ e una responsabilità sociale,
una /vision/ e una carta etica. In libreria, i bestseller manageriali
sono esposti accanto ai libri di psicologia e pedagogia, e i corsi
universitari di gestione delle risorse umane popolano le facoltà di
scienze della formazione. Persino la filosofia, in forma di consulenza,
fa capolino nelle stanze del business. A cercare orbace e manganello – o
almeno lo sguardo torvo di un capo autoritario /à la/ Valletta – nei
luoghi di lavoro, oggi, si finisce per trovare un pullover molto
/casual/ e delle /slides/ di Powerpoint. E un /team leader/ sorridente
che ti regala un /feedback/ sulla tua /performance/. (....)":
http://www.minimaetmoralia.it/wp/il-fascismo-del-manager/