Questione comunicato stampa e relativa cartella.
Qualche riflessione generale e poi la mia proposta. Ho letto con
attenzione gli ultimi scambi sull'identità di questo gruppo, in
particolare quella lunga discussione sulla parola "controculture".
E riparto dalle ultime osservazioni dolenti di elettrico, che -
riassumo - diceva: chi di noi si fa le otto ore in ufficio, quando
esce la spesa al supermercato e la serata a guardare film su Netflix,
non dovrebbe annoverarsi nel conteggio dei rivoluzionari. Lo diceva
con dispiacere, mettendocisi dentro per primo. Io condivido
pienamente, e mi ci metto per secondo.
Però la questione è un'altra. Io, come molti qui dentro, ho superato i
40. E c'è un'altra generazione che ha preso il nostro posto (o peggio,
in realtà, che non l'ha preso). Negli anni novanta miracolosamente
eravamo usciti dalla melma degli anni 80 - il deserto culturale
universale dell'era reagan/tatcher - e berlusca che ne era il figlio,
in questo ci ha persino aiutato coagulando tanto dissenso. Oggi non
c'è più niente. Basta farsi un giro a scuola. È il tutti contro tutti,
ha sfondato l'idea che ognuno deve arrivare per sé. La realtà oggi è
la competizione - coadiuvata da massicce dosi di delazione - la lealtà
all'autorità, l'accettazione della gerarchia, l'azzeramento della
logica degli spazi comuni, del "pago quello che consumo", è il trionfo
del brevetto come modo di pensare. Persino le parrocchie hanno messo
le inferriate ai campi di calcetto. Era impensabile quand'ero ragazzo
io che un 15enne si definisse di destra. Oggi i ragazzini si mettono
le scarpe col tricolore, che ormai è dappertutto: sulle bottiglie di
olio, sugli specchietti delle macchine, sugli asciugamani per il mare,
sugli orologi, sulla granita del bar. Chi oggi ha vent'anni oggi è
cresciuto immerso in questa roba qua.
CONCLUSIONE. Fare discussioni di retroguardia sui termini è del tutto
inutile. E' invece indispensabile cercare di riaggangiare una
generazione che abbiamo perso. Vent'anni fa nessuno capiva niente di
computer e noi facevamo l'alfabetizzazione e dentro questa
alfabetizzazione ci mettevamo dentro i contenuti politici.
L'alfabetizzazione in sé, come condivisione di sapere, era una pratica
politica. Oggi email, privacy, virus, ecc. sono parole di uso
corrente, tutti le capiscono. E su questo possiamo fare leva. Quindi
la mia proposta è mettere fine alla commiserazione del "siamo vecchi,
l'hackmeeting non se lo fila più nessuno e ormai pure noi usiamo un
po' facebook" e tentare di lanciare una offensiva comunicativa.
Linguaggio snello per agganciare anche la signora che dice "ah gli
hacker, potevate dirlo subito", pochi concetti ma chiari, e andare
oltre l'affascinante immagine degli smanettoni magnifici e maledetti -
che è stata quella veicolata dai giornali - che oltre a essere
fuorviante ormai è anche vecchia, inflazionata e non serve più ad
aggregare nessuno, perché ci sono duemila altre occasioni di
smanettare.
Bene, tutto ciò premesso,
questa è la mia proposta di comunicato:
BOZZA COMUNICATO
Le schiavitù volontarie della rete, che consumano ogni giorno un pezzo
in più della nostra libertà, attraverso i social, le app, il gps, i
servizi Google. E gli strumenti che esistono per sottrarsi a grande
fratello universale. E' il tema al centro dell'Hackmeeting, il raduno
annuale di hacker che giunge nel 2017 alla sua ventesima edizione e
che si terrà quest'anno a Venaus, in Valsusa, dal 15 al 18 giugno.
Quattro giorni di seminari, giochi, feste, dibattiti, scambi di idee e
apprendimento collettivo, per analizzare assieme le tecnologie che
utilizziamo quotidianamente, come cambiano e che stravolgimenti
inducono sulle nostre vite reali e virtuali.
Un festival (il programma su
www.hackmeeting.org) dell'insegnamento
reciproco, dello scambio gratuito e libero, tra stampanti 3D, circuiti
elettrici, videoproettori, trasmettitori radio, schemi sulle
vulnerabilità della rete e chiacchiere sulla sovranità tecnologica. Un
evento che in vent'anni ha attraversato tutta l'Italia: Palermo, Roma,
Milano, Parma, alcune delle città toccate. E che quest'anno sbarca a
Venaus, comune valsusino simbolo della lotta No Tav, con cui condivide
un approccio umanistico al progresso e la contestazione delle
imposizioni che arrivano dalle autorità centrali sulle comunità
locali.
Obiettivo: riportare la tecnologia sotto il controllo delle persone in
un mondo in cui sta succedendo il contrario. "La rete - spiega Zeus,
il portavoce virtuale dell'Hackmeeting - era una promessa di libertà,
lo strumento che avrebbe reso orizzontali le relazioni. I cittadini
non sarebbero più stati passivi consumatori della comnicazione di
massa. L'hackmeeting nacque vent'anni fa per esplorare questa grande
prateria libera e colonizzarla, creando strumenti di condivisione
liberi e orizzontali".
Oggi però "Internet è diventata un immenso strumento di controllo e di
consumo. Grandi multinazionali che possono ricostruire ogni tuo
spostamento minuto per minuto degli ultimi tre anni, datori di lavoro
che possono rintracciarti in ogni momento e a cui devi rendere conto
del tuo tempo, comunicazioni di lavoro a cui rispondere a ogni ora del
giorno e della notte, pubblicità ritagliata sul tuo profilo personale
che cataloga e pesa ogni dettaglio delle tue abitudini, dei tuoi
interessi, delle tue simpatie". Una tendenza esplosa con l'arrivo dei
social, "un enorme gabbia nella quale tutti guardano tutti, in cui
ciascuno è spinto a cercare l'empatia e il favore del prossimo
impacchettando la propria giornata in pillole vendibili, in un
automarketing sociale continuo, che ha creato un contesto generale in
cui in cui la verità ha lasciato il posto al consenso e la lapidazione
è diventata una pratica continua".
"E l'unica cosa di cui si preoccupa la politica - è l'accusa - è
favorire e supportare la corsa dei ragazzi al grande sogno
californiano. Trovare l'app, l'idea geniale, che ti mette a posto per
la vita, facendoti diventare il prossimo Zuckerberg. Una specie di
lotteria, come i talent in tv, in cui chi partecipa spera di essere
notato e di essere estratto dal mazzo".
"Perciò l'Hackmeeting - sottolinea - è una realtà indispensabile oggi
e la sua missione è molto più urgente di quanto non lo fosse vent'anni
fa: aiutare le persone, in particolare i più giovani, che in questa
realtà dell'iperconsumo superconnesso ci sono nati, a capire meglio la
tecnologia, cosa ci sta dietro, come funziona e come si governa". A
ritrovare la "logica della condivisione dei saperi" e l'importanza del
gratuito: il mettersi a disposizione della comunità. Insomma,
conclude, l'hackmeeting "è un'occasione per rallentare, per vedere le
cose con gli occhi di chi siede in seconda classe, non ha fretta e fa
amicizia con gli altri passeggeri".