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_AVVISO AI NAVIGANTI_ _69_
20 febbraio 2017
2017, CENTENARIO DELLA GLORIOSA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE, LA SVOLTA NELLA
STORIA DELL’UMANITÀ
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CONTRATTACCARE ALLA RICHARD GINORI
Riceviamo e su più ampia scala diffondiamo il comunicato che due
compagne simpatizzanti del nostro Partito hanno preparato e fatto
circolare per mobilitare le file locali del Partito dei CARC [7], i
comunisti, gli operai avanzati della Ginori e gli altri elementi
avanzati delle masse popolari dell'area metropolitana di Firenze e
chiamarli alla lotta. Lo diffondiamo perché la lotta degli operai della
Ginori incominci a suscitare e ricevere solidarietà da tutti i
lavoratori e gli elementi avanzati del nostro paese e a sua volta
contribuisca a rafforzare le forze proletarie e popolari che lottano nel
resto del paese e del mondo.
In tutti i paesi imperialisti la borghesia si accanisce contro la
legislazione del lavoro (Jobs Act, leggi del lavoro, ecc.): è la
conferma plateale dell'importanza della classe operaia e del ruolo che i
proletari aggregati nelle aziende capitaliste e nelle aziende e
istituzioni pubbliche possono svolgere nella rivoluzione socialista.
Altro che scomparsa della classe operaia!
Le aziende sono in crisi perché la società borghese è in crisi. Ogni
azienda può e deve diventare il focolaio locale della rivoluzione
socialista! L'instaurazione del socialismo è l'unica via per porre fine
al catastrofico corso delle cose che la borghesia infligge all'umanità
per prolungare la vita del sistema capitalista.
I partigiani delle due parole d'ordine "attuare la Costituzione",
"rompere con UE, Euro e NATO" devono sostenere la lotta degli operai che
vogliono costituire un loro governo d'emergenza, il Governo di Blocco
Popolare [8]. Allora le realizzeranno. Senza questo le due parole
d'ordine restano slogan privi di conseguenze pratiche, buoni per qualche
manifestazione o per tentare di mettere insieme un nuovo cartello
elettorale della sinistra borghese da schierare alle prossime elezioni
politiche e amministrative.
16 gennaio 2017
La Richard Ginori è di nuovo sotto attacco, con minacce di trasferimento
dell'azienda e di lavoratori dichiarati in esubero. La pretesa
padronale, oltre al taglio dei lavoratori, è di trasferire l'azienda
fuori Sesto Fiorentino, grossomodo, sembrerebbe, come accadde negli anni
Cinquanta quando, al termine di una lunga lotta, i padroni abbandonarono
la vecchia manifattura, attiva da secoli e la fecero ricostruire
dall'altro lato della città. Oggi però l'intento non è di costruire
altrove per riprendere la produzione in un contesto di espansione
produttiva generale come fu dagli anni Cinquanta in poi, grazie alla
quale le centinaia di licenziati dalla fabbrica trovarono occupazione e
Sesto diventò una cittadina ricca sul piano economico, dei servizi alla
collettività, di insediamenti culturali come, ad esempio, l'Istituto
Ernesto de Martino. Oggi l'intento di Gucci (e dei padroni suoi complici
in affari e in politica) è trarre profitto dalla speculazione, non dalla
produzione, e condurre la fabbrica più o meno lentamente alla morte,
come fatto in decine e decine di casi simili in Toscana, come stanno
facendo per due grandi insediamenti industriali come la Piaggio di
Pontedera e l'acciaieria di Piombino, e non guadiamo oltre la Toscana!
Si tratta di un intento che naturalmente i padroni e i loro complici non
possono confessare, né in generale né a Sesto: chiudere la Ginori
significa strappare a Sesto mente e cuore, perché questo insediamento
urbano si è strutturato nei secoli sul piano economico, politico e
culturale attorno a questa fabbrica.
Tra le altre cose, se l'intento dei padroni avesse successo,
significherebbe la fine della giunta comunale presente, che alle ultime
elezioni amministrative [2015] si è imposta come una delle novità più
interessanti, di "rottura con il regime delle larghe intese", insieme a
quella guidata a Napoli da De Magistris e a quelle del M5S.
Effettivamente, questa giunta si è imposta anche per l'onda lunga della
vittoria degli operai che nel 2013 hanno imposto la riapertura della
fabbrica, oltre che per la spinta della mobilitazione popolare contro
l'intento di costituire nella piana di Sesto un inceneritore, di
ampliare l'aeroporto e di costruire la terza corsia dell'autostrada A11,
cioè contro la frenesia speculativa e antipopolare delle grandi opere
inutili quando non anche dannose.
In effetti questo è il futuro che la borghesia imperialista garantisce
alle masse popolari: nessun futuro! A Sesto si chiude la produzione
delle ceramiche Ginori, si lascia alle ortiche il museo che raccoglie il
meglio di tale produzione nei secoli, e si avvia la produzione di veleno
per l'aria che respiriamo. Una giunta che non si pone l'obiettivo di
mantenere nel territorio fabbrica e occupati assumendo questo come la
madre di tutte le battaglie è pure essa condannata, come lo fu la giunta
nel 1922, quando i socialisti, al governo da 24 anni, dopo la sconfitta
di uno sciopero di 70 giorni degli operai Ginori, abbandonarono i locali
del Comune seguendo l'intimazione dei fascisti scritta su un foglio di
carta che si trovarono sul tavolo.
Vincere è possibile. A chi parte sfiduciato per principio, ricordiamo la
vittoria del NO al referendum contro la modifica Renzi della
Costituzione dello scorso 4 dicembre. In questo caso particolare, però,
per vincere occorre una combinazione particolare, quella della classe
operaia che si mobilita per la difesa della fabbrica e dei posti di
lavoro e contemporaneamente riacquista fiducia che è possibile
trasformare il mondo, costruire una società nuova, il ché significa, nel
caso nostro, fare dell'Italia un nuovo paese socialista. Al coro che
immediatamente insorge quando diciamo questo, come se parlassimo di
qualcosa che è assolutamente impossibile, rispondiamo che la rivoluzione
socialista è nella nostra mente non come un sogno, ma come un progetto.
Inoltre, rispondiamo con gli insegnamenti tratti dalle battaglie che la
classe operaia della Ginori ha condotto.
L'ultima battaglia alla Ginori, quella che nel 2013 ha portato alla
riapertura della fabbrica, è stata vinta grazie a uomini e donne che
mentre lottavano per gli interessi particolari loro e della città,
pensavano a livello dell'intero paese, cioè pensavano di costruire un
paese diverso, e agivano di conseguenza, e la loro lotta sindacale non
era limitata alle questioni immediate, ma spaziava nel tempo. Il
discorso principale e più avvincente della Festa del 25 aprile 2013 a
Firenze fu quello di Nencini, del Cobas Ginori, il quale ricordò quando
gli operai e i sestesi tolsero le mine con le quali i nazisti volevano
fare saltare in aria la fabbrica. Anche oggi avete mine da togliere, voi
operai e sestesi e noi tutti!
Quello che disse Nencini dal palco va tenuto a memoria:
"…_ci troviamo in un momento storico in cui è necessario mettere in
campo una nuova resistenza. Che dobbiamo combattere contro chi vuole,
approfittandosi della crisi drammatica che stiamo vivendo e che gli
stessi hanno creato, cancellare i diritti dei lavoratori e dei
cittadini. Combattere contro chi sta precipitando il paese in una
condizione drammatica. Contro chi con le politiche assassine di
austerità produce disoccupazione, povertà e tragedia. _
_Resistere quindi, ma mettendo in campo delle proposte, perché di fronte
a questa crisi è necessario che i lavoratori prendano coscienza di
essere in un momento in cui non è più possibile delegare ad altri il
proprio futuro. Non è possibile delegare a una casta che fa parte ormai
in maniera strutturale del sistema di potere e che, come la politica,
mira prima di tutto a salvaguardare i propri interessi e i propri
privilegi." _
Nencini dice che è lì nel palco "_per urlare con forza che solo il
lavoro può essere lo strumento per rilanciare l'economia e per fare
uscire il paese dalla situazione fallimentare e drammatica in cui versa.
Per urlare che c'è bisogno di una nuova politica, di una nuova economia,
di una diversa visione del mondo."_
Con questo spirito dalla fabbrica di Sesto si tesse una rete che
coinvolge lavoratori ed elementi avanzati delle masse popolari di ogni
parte d'Italia, organismi di lotta e organismi politici a livello
cittadino, regionale e nazionale, e si costringe i padroni, sostenuti
dalle istituzioni e soprattutto da un partito che ha Renzi come guida, a
riaprire la fabbrica.
Dopo la vittoria, c'è da chiedersi se veramente la considerammo una
battaglia di una guerra per una Italia nuova come quella descritta dal
compagno del Cobas, o se invece pensammo che fosse solo una battaglia,
dopo la quale ritornare alle attività correnti e a una presunta
normalità, oltre la quale non è consentito elevarsi più di tanto. C'è da
chiedersi se veramente comprendemmo che quella era una battaglia di una
guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata per fare dell'Italia un
nuovo paese socialista. Non abbiamo dedicato la dovuta attenzione al
monito del (nuovo) PCI nel suo comunicato di saluto del 16 giugno [2013]
[9] alla Assemblea Operaia che il Cobas Ginori avrebbe promosso il 22
giugno a Firenze, insieme al Comitato NoDebito:
"_Oggi il peggiore reato (di fronte alla società e alla storia) delle
organizzazioni sindacali, anche delle migliori e ben intenzionate, è di
mantenere sulla difensiva questi milioni di lavoratori, di paralizzare
la loro enorme forza potenziale. Di limitarsi, nel migliore dei casi, a
mobilitarli quando il padrone attacca, quando il padrone minaccia di
ridurre i posti di lavoro, di delocalizzare o chiudere, di ridurre
salari e peggiorare le condizioni di lavoro, di eliminare i diritti
conquistati. Ma limitarsi a difendersi, in una fase come questa, vuol
dire perdere, votarsi alla sconfitta."_
Ma veniamo a oggi!
Nel numero di febbraio 2017 di _Resistenza, _foglio del P.CARC, c'è una
intervista al Segretario Generale del (n)PCI, Ulisse [10]. Ulisse spiega
che nella prima fase della sua esistenza [1999-2004] il partito si è
rivolto alle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS), cioè
a quelle organizzazioni che vogliono (o almeno dichiarano di volere)
fare la rivoluzione e fare dell'Italia un paese socialista, così come
Nencini nel suo discorso del 2013 parlò di fare un paese retto su una
nuova economia, una nuova politica e una nuova filosofia. Il discorso
vale anche nella relazione che compagni del P.CARC stabilirono allora
con i lavoratori in lotta. Riferendosi agli inizi del (n)PCI, Ulisse
dice:
_Eravamo stati idealisti. In alcuni casi avevamo pensato che una FSRS
volesse realmente fare quello che diceva. In altri avevamo confuso
quello che ognuna di esse pensava di essere, con quello che essa
realmente era. In sostanza avevamo pensato che, siccome noi davamo
risposta alle domande che ognuna di esse apertamente si poneva, a quello
che apparentemente cercava e a cui dichiarava di aspirare, essa sarebbe
venuta con noi. In sostanza avevamo sottovalutato sia la separazione tra
teoria e pratica, separazione tradizionale nei paesi imperialisti e in
Italia, per precise ragioni storiche, più che in altri; sia gli effetti
del sistema di controrivoluzione preventiva e le "tre trappole" messe in
opera dalla borghesia e dal clero illustrate nell'articolo su La Voce n.
54 pagg. 17-19._(1)
Forse anche i compagni del P.CARC nel 2013 erano stati idealisti;
avevano creduto che siccome Nencini aveva detto, fosse fatto; forse si
sono fermati al dito (le affermazioni di Nencini) e non hanno guardato
la luna (creare le condizioni affinché quello che Nencini diceva
diventasse pratica delle masse popolari di Sesto Fiorentino e della
Ginori, queste si concentrassero sulla necessità di consolidare e
compattare il nucleo operaio al suo interno, ricercassero negli altri
280 operai nuova linfa per quel nucleo storico di operai che era
esausto). Ma ora la questione non è piangere sugli errori fatti, i
compagni del P.CARC devono imparare dai loro errori e così avanzare.
(1) Nell'articolo si scrive cosa è il regime di controrivoluzione
preventiva: "Nel nostro Manifesto Programma abbiamo illustrato (cap.
1.3.3 [11]) il sistema di controrivoluzione preventiva: l'insieme di
attività, di linee e di istituzioni con cui la borghesia imperialista
ostacola prevenendolo lo sviluppo della rivoluzione socialista,
l'insieme messo in opera a partire dall'inizio del secolo XX negli USA
ed esteso su grande scala a tutti i paesi imperialisti a partire dalla
fine della seconda Guerra Mondiale. Abbiamo in quel contesto illustrato
il primo pilastro e in particolare l'ampia diffusione di teorie che
creano un meccanismo di intossicazione, confusione e diversione dalla
realtà diretto a conformare la mente e i cuori delle masse popolari
distogliendole dalla lotta di classe e soprattutto dalla comprensione
delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe."
Questo meccanismo è la prima trappola. La seconda trappola sono le
attività correnti. Siamo "al punto che oggi spesso nei paesi
imperialisti lavoratori che sono impegnati nel lavoro remunerato
quaranta o meno ore alla settimana (comunque circa la metà di quanto lo
fossero i loro nonni) si trovano inavvertitamente a non riuscire a
disporre di tempo per l'attività politica. Impegni familiari, relazioni
sociali, attività, hobby e droghe saturano il loro tempo lasciato libero
dal lavoro in produzione." La terza trappola è il mondo virtuale. Quello
che mira a "distogliere dal mondo reale a vantaggio di un mondo
immaginario e arbitrario in cui rifugiarsi anziché trasformare il mondo
reale."
Vincere è possibile, fare un governo di emergenza è possibile ed è
possibile fare dell'Italia un nuovo paese socialista, anche se tutti i
filosofi, economisti, politici di regime lo negano, e soprattutto anche
se a negarlo è stato il vecchio PCI a partire da Togliatti fino a
Berlinguer e oltre. Non si può provare, però, che vincere è possibile,
fino a che non si è vinto, come non si può sapere che una pera è buona
fino a che non la si mangia. Un fatto però lo abbiamo a disposizione, ed
è che di sicuro chi non avanza arretra: dopo la riapertura della
fabbrica non è stata coltivata a dovere l'idea del socialismo possibile
e non è stato curato a dovere l'avanzare nella costruzione del partito
che rende il socialismo possibile, e cioè il partito comunista. Dopo una
lotta, soprattutto dopo una lotta importante a livello nazionale, se non
si esce con una maggiore unità di pensiero e una corrispondente
organizzazione, si finisce "_sparpagliandosi in una infinità di volontà
singole", _come ha scritto Gramsci: così è accaduto nella Ginori e tra
chi ha guidato la lotta, dove si sono dati i giudizi più divergenti: tra
chi la vide come una vittoria ma non comprese come darle seguito; tra
chi disse che era una sconfitta al modo dei trotzkisti, per i quali
tutto è una sconfitta a parte la rivoluzione che secondo loro dovrebbe
scoppiare simultaneamente in ogni parte del mondo; tra chi per non
"delegare alla casta", delegò al Movimento Cinque Stelle il quale, oggi,
ancora non si è fatto vedere ai cancelli della fabbrica per sostenere
gli operai.
Dalla battaglia della Ginori abbiamo imparato che l'importanza di ogni
lotta ancora più che nei risultati immediati sta nel contributo che dà
alla crescita dell'organizzazione e all'elevazione della coscienza dei
protagonisti di quella lotta, gli operai.
Ma la disgregazione c'è stata anche fuori, in chi ha sostenuto la
battaglia, come ad esempio fece il Partito dei CARC, per il quale iniziò
una fase critica che si manifestò in tutta la sua acutezza un anno dopo,
e che fu però salutare: oggi questo organismo della Carovana del (n)PCI
ha conquistato nella capitale della regione una forza che mai ha avuto.
Il fatto è, compagni e compagne, che in un singolo scontro l'importante
non è vincere o perdere, ma dall'uno o dall'altro esito trarre terreno
per andare avanti. Una sconfitta è un problema, e lo sappiamo, ma lo è
anche una vittoria, se non osiamo conquistare tutto.
Così fu dopo la grande vittoria dell'Armata Rossa sul nazifascismo, in
quegli anni in cui in Italia la Resistenza vinse, e poi il Partito
Comunista Cinese conquistò il potere in Cina, anni in cui il movimento
comunista aveva il governo nei paesi più popolati del pianeta, dal fiume
Elba fino alle coste asiatiche dell'Oceano Pacifico. Anche quel
movimento arretrò: prevalse la destra, di Kruscev, di Togliatti e degli
altri revisionisti moderni, che iniziarono con la denigrazione di Stalin
e quindi, via via, diffusero l'idea che il socialismo è impossibile, e
infine disgregarono l'URSS, massima parte dei paesi socialisti e il PCI
e massima parte dei partiti comunisti dei paesi imperialisti.
Fu la sinistra che non seppe come avanzare. Oggi abbiamo studiato e
compreso i limiti che ebbe la sinistra del vecchio PCI, del movimento
marxista-leninista e delle Organizzazioni Comuniste Combattenti come le
Brigate Rosse che ai revisionisti moderni si opposero, e riprendiamo il
cammino. Di fatto, il socialismo non solo è possibile, ma necessario.
PER DIVENTARE COMUNISTI BISOGNA IMPADRONIRSI DELLA SCIENZA DELLE
ATTIVITÀ CON LE QUALI GLI UOMINI FANNO LA LORO STORIA, SVILUPPARLA E
USARLA PER INSTAURARE IL SOCIALISMO: IL PARTITO È LA SCUOLA PER OGNI
INDIVIDUO DECISO A DIVENTARE COMUNISTA!
AVANTI QUINDI!
COSTITUIRE CLANDESTINAMENTE IN OGNI AZIENDA CAPITALISTA, IN OGNI AZIENDA
PUBBLICA, IN OGNI ISTITUZIONE E IN OGNI CENTRO ABITATO UN COMITATO DI
PARTITO PER ASSIMILARE LA CONCEZIONE COMUNISTA DEL MONDO E IMPARARE AD
APPLICARLA CONCRETAMENTE OGNUNO NELLA SUA SITUAZIONE PARTICOLARE!
STUDIARE IL _MANIFESTO PROGRAMMA_ [12] DEL PARTITO È LA PRIMA ATTIVITÀ
DI CHI SI ORGANIZZA PER DIVENTARE COMUNISTA. STABILIRE UN CONTATTO
CLANDESTINO CON IL CENTRO DEL PARTITO È LA SECONDA. PROMUOVERE LA
COSTITUZIONE DI ORGANIZZAZIONI OPERAIE IN OGNI AZIENDA CAPITALISTA E DI
ORGANIZZAZIONI POPOLARI IN OGNI AZIENDA PUBBLICA, IN OGNI ISTITUZIONE
ADDETTA A FORNIRE SERVIZI PUBBLICI, IN OGNI SCUOLA E UNIVERSITÀ, IN OGNI
ZONA D’ABITAZIONE È LA TERZA.
CON IL SOCIALISMO NESSUNA DONNA E NESSUN UOMO È UN ESUBERO!
CON IL SOCIALISMO C’È POSTO PER TUTTI QUELLI CHE SONO DISPOSTI A FAR LA
LORO PARTE DEI COMPITI DI CUI LA SOCIETÀ HA BISOGNO!
OSARE SOGNARE, OSARE PENSARE, OSARE VEDERE OLTRE L’ORIZZONTE DELLA
SOCIETÀ BORGHESE!
Nicoletta M. e Giulietta C., simpatizzanti del (nuovo)Partito comunista
italiano
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[6]
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[7]
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[8]
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[9]
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2013/com.13.06.16.htm
[10]
http://www.carc.it/2017/02/01/una-nuova-intervista
[11]
http://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/01_03_imperialismo_ultima.html#1.3.3._La_controrivoluzione_preventiva
[12]
http://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/indicmp.html