[Forumlucca] Fwd: ROMA E MILANO (TORINO NON ESISTE...)

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Szerző: Aldo Zanchetta
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Tárgy: [Forumlucca] Fwd: ROMA E MILANO (TORINO NON ESISTE...)
Ricevo e ritrasmetto. Stamani come ogni giorno ho ascoltato la rassegna
stampa di Radio Radicale. Lo faccio perchè è la più ampia e perchè ormai mi
sono formato gli anticorpi su quali argomenti devo stare particolarmente in
guardia da letture di parte. Faccio eccezione il sabato perchè ascoltare
Marco Taradash è superiore alle mie forze. Oggi mi sono indignato. La
domenica a fare il servizio è Marco Cappato, ampiamente colluso col sindaco
Sala. Se conoscete la storia, spero che concorderete che era il meno adatto
a fare il serviuizio in questi giorni.

Dopo l'iniziale tiritera dedicata a "i radicali sulla carta stampata oggi
in edicola" (i giornali del giorno) la prima metà del tempo restante (o
più) ha avuto come oggetto la sindaca Raggi, tanto da far sembrare che sia
già inquisita e irrimediabilmente condannata. Forse accadrà (a proposito,
chi ha potuto leggere o ascoltare che l'ex sindaco Marino è stato
prosciolto dalle varie accuse?), ma proprio i garantisti dei radicali
devono accanirsi su una per ora non indigata?

Tanto garantisti che il sindaco Sala è apparso un San Sebastiano crocifisso
dai suoi carnefici. Pochissimi minuti dedicati al suo caso con incursioni
di ritorno alla Raggi. Che ipocrisia! Il discorso andrebbe sviscerato
meglio, ma il testo che giro è già assai lungo e non infierisco.

Solo due brevi note.

Da una parte c'è un indagato, dall'altra una non indagata. Ma la guerra ai
5 stelle si va facendo aspra e l'occasione è troppo ghiotta tanto da far
capovolgere i termini. E prepariamoci al peggio. La situazione di Roma
sembra catastrofica, ma sui trenta anni precedenti di saccheggio (oltre la
mia memoria non va) è sceso il silenzio...Ormai tutti i mali della città
hanno un nuovo responsabile, il M5S!

Da molte parti si comincia a dire che il movimento 5 stelle è troppo
"scalabile" perchè manca di personale politico di esperienza. Può essere
vero. Ma cosa è stata l'ascesa di un bullo di periferia allo storico
partito ex-comunista ma ancora stipato di vecchi funzionari di lungo corso
di questo se non una scalata?

Chi può, ricordi e ragioni col proprio cervello ...

Poi critichi pure i 5S, conservando però le proporzioni.

A.Z.


*
<http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2721:roma-e-milano-linformazione-capovolta&catid=20:ipocrisie-e-dimenticanze&Itemid=31>*


*
<http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2721:roma-e-milano-linformazione-capovolta&catid=20:ipocrisie-e-dimenticanze&Itemid=31>*

*Roma e Milano. L’informazione capovolta
<http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2721:roma-e-milano-linformazione-capovolta&catid=20:ipocrisie-e-dimenticanze&Itemid=31>*

Domenica 18 Dicembre 2016 17:27

Non ho votato né penso di votare per il M5S, ma sono letteralmente
disgustato dalla campagna di denigrazione che lo colpisce sulla quasi
totalità dei mass media. Da giorni e giorni i telegiornali aprono su un
solo argomento: i crimini della giunta Raggi a Roma, le probabili
spaccature del movimento, ecc. Nel migliore dei casi, al posto delle
notizie ci sono indiscrezioni e presunti retroscena basati solo sulla
fantasia di un commentatore che sta a presidiare un portone chiuso, o che
cerca invano di strappare un’ammissione o una confessione a qualche
esponente grillino bloccato in strada.

Viceversa un coro di esponenti di tutti i partiti (compresi i più esagitati
leghisti) si affannano a raccomandare a Giuseppe Sala di ritirare la sua
autosospensione (peraltro escogitata da lui stesso e che non ha
precedenti), e di ritornare come se niente fosse alla testa
dell’amministrazione milanese. Eppure Sala è indagato per un reato reale,
come retrodatare un bando di concorso per far vincere un’impresa di fiducia
permettendole di sbaragliare la concorrenza (annunciando una riduzione del
41% sull’importo iniziale, salvo poi rigonfiare le voci di spesa), ed è
stato al centro di molte operazioni più che discutibili nel corso del
grosso affare dell’EXPO15.

La Raggi invece non ha commesso nessun reato, ma un errore dovuto alle
illusioni riposte, non solo da lei ma di tutto il movimento, nella
possibile utilizzazione di parti dell’enorme apparato amministrativo
preesistente, i cui vertici sono stati profondamente corrotti da decenni di
malgoverno di destra o di centrosinistra. Paga inoltre il ritardo di tutto
il movimento nel darsi strutture democratiche che consentano di organizzare
il confronto tra ipotesi diverse, inevitabili una volta raggiunta una
grande dimensione grazie all’apporto di forze di diversa provenienza. Il
divieto di aprire le porte del movimento a chi ha militato in altri partiti
poteva funzionare nei primi meetup dai compiti solo propagandistici, non
quando la conquista di comuni importanti (non a caso i problemi
cominciarono con Parma) richiedeva la formazione di gruppi di lavoro che
avevano bisogno di competenze tecniche non reperibili all’interno del
movimento.

Virginia Raggi comunque è stata linciata e additata al pubblico ludibrio
anche se non risulta che abbia commesso un reato. Le relazioni di Marra con
Scarpellini (l’uomo che affittava a enti pubblici palazzi prestigiosi
facendoli pagare il doppio o il triplo del loro valore) risalivano a ben
prima che la Raggi diventasse sindaco. Detto per inciso, Scarpellini non è
il solo ad approfittare di questo metodo, diffuso a Roma ma anche in
moltissime altre città, e che è all’origine di tanti arricchimenti
personali, e di tanti sperperi di risorse pubbliche.

La principale e vera colpa di Virginia Raggi è di essersi fidata di un
dirigente che formalmente non era mai stato indagato, ma che aveva
prosperato in quell’ambiente. Unica attenuante: non era facile trovarne
altri non indagati in quel verminaio che sono i palazzi capitolini.

Luigi de Magistris, che a Napoli si è trovato di fronte a problemi molto
simili e che nei primi anni fu costretto a sostituire uno dopo l’altro
quasi tutti gli assessori, in un’intervista al “Fatto quotidiano” ha
rimproverato alla Raggi la mancanza di coraggio nel praticare la rottura
con il passato: “se veramente vuoi fare una rivoluzione, entri in un Comune
e cambi tutto, a cominciare dagli uomini chiave. Poi è ovvio che subisci i
contraccolpi”.

De Magistris ammette di essersela cavata perché aveva 15 anni di esperienza
come Pubblico Ministero “in prima linea”, e aveva potuto verificare chi lo
aveva sostenuto in quella battaglia controcorrente: come capo di gabinetto
si scelse quindi un colonnello dei carabinieri che gli era stato a fianco
nelle sue difficili battaglie giudiziarie.

A differenza di miserabili ipocriti come Roberto Saviano o di poveracci
screditati come Roberto Giachetti che fanno prediche moralistiche alla
Raggi chiedendone a gran voce le dimissioni, Luigi de Magistris dice che
deve restare sindaco, a meno che non sia sfiduciata da chi la ha eletta, ma
aggiunge che i suoi errori non sono dovuti solo a inesperienza, ma a un
problema politico: “una fetta del sostegno dei 5 stelle a Roma alligna
nella vecchia politica”. Non sarà facile risolvere “la contraddizione della
questione morale a chiacchiere evidenziata dal gruppo dirigente M5S e la
questione morale dei fatti, del «continuismo»”.

L’odio forsennato verso il M5S di tutti i partiti esistenti ha comunque una
spiegazione semplice: lo temono come concorrente e lo presentano come un
terribile pericolo, ma sono anche tentati di approfittare delle difficoltà
in cui si trova dovendo governare diverse città importanti, senza aver
risolto le sue contraddizioni interne. Il PD, che non ha più come cemento
interno il pericolo di Berlusconi, beneficia però del forte peso che ha
nella magistratura, e drammatizza spudoratamente episodi insignificanti
come la ricopiatura delle firme per la presentazione della lista a Palermo,
presentando come un grave crimine quel che tutti (senza eccezione) i
partiti e le associazioni hanno praticato da sempre in occasioni analoghe o
per i referendum. Non sarebbe male che i militanti del M5S cominciassero a
capire che la magistratura non è neutrale e al di sopra di ogni sospetto, e
magari a riscoprire le difficili battaglie che la sinistra, quando c’era,
ha dovuto fare per difendere le sue giunte minacciate da processi o da
interventi prefettizi.

Non mi sono mai scandalizzato per le dichiarazioni grilline sul non essere
“né di destra né di sinistra”, perché capivo quanto difficile fosse (almeno
per un giovane) distinguere tra loro le attuali destre e le sedicenti
sinistre, dato che hanno programmi simili e governano nello stesso modo.
Inoltre, anche se in molti casi l’iniziale ambiguità si è chiarita e la
maggior parte delle battaglie del M5S si sono orientate a sinistra, non c’è
dubbio che una parte dei suoi esponenti non sono cresciuti in un limbo, e
pur senza essere stati iscritti a un partito ne hanno subito l’influenza.
Il caso di Virginia Raggi rientra in questo caso: altrimenti non ci poteva
essere il feeling che c’è stato tra la sindaca e certi personaggi che
avevano sguazzato nella putredine della politica romana, come la Muraro, di
cui si potevano ignorare legittimamente le responsabilità penali, ancora
non “scoperte” dalla magistratura, ma non l’inserimento pieno negli affari
sporchi della gestione dei rifiuti.

Non hanno il diritto di attaccarla gli esponenti della destra che ha avuto
come rappresentanti a Roma Alemanno e la Polverini, e neppure quelli del
centrosinistra che attraversano da anni una profonda crisi di identità, e
che non a caso sono stati sonoramente sconfessati dagli elettori. Ma è il
M5S che deve aprire un dibattito su come organizzare il confronto tra le
diverse sensibilità e proposte che emergono al suo interno, sulle forme per
collaborare con altri disponibili a mettere a disposizione le loro
competenze, sui criteri di selezione dei quadri e di definizione di norme
meno caotiche di quelle attuali, che rischiano di far esplodere in vari
pezzi un movimento che ha comunque avuto il merito di dare un forte
scossone alla vita politica italiana.

(a.m.)

*PS *Ho scritto all’inizio che “non ho votato né penso di votare per il
M5S”, pur dando un giudizio relativamente positivo su cosa ha rappresentato
finora. Mi spiego. Nel complesso penso che questo movimento ha spaventato
utilmente i partiti tradizionali, ma non ha neppure cominciato a riflettere
sulle cause della crisi politica, economica e sociale dell’Italia, ed è
rimasto ancorato a una tattica di contestazione e di critica epidermica
delle “caste”, senza un programma di lotta nella società. Una specie di PD
(o PDS o PCI) com’era prima della sua ultima fase involutiva. Votarlo solo
per far dispetto a Renzi o Gentiloni non mi parrebbe una gran cosa, e
votare non sempre è necessario.

Ma lo seguo fin dal suo apparire con un certo interesse, apprezzandone le
iniziative di denuncia più efficaci, e rattristandomi per le molte
occasioni che ha perso. So che la colpa è anche dell’atteggiamento spesso
stupidamente arrogante di quanto rimane della sinistra, che si è accodata
talvolta alla demonizzazione fatta dal PD, che usa lo spauracchio di Grillo
come usava quello di Berlusconi), e ha evitato di intavolare un dibattito
francamente critico (ma sostanzialmente “fraterno”), che poteva essere
utile a entrambi.

Segnalo a questo proposito che (finalmente!) su “il manifesto” di oggi è
apparso un contributo che va nella direzione che ho sempre auspicato (*La
crisi di crescita del Movimento*, di Paolo Graziano e Marco Almagisti). Il
mio compiacimento per l’articolo è dovuto prima di tutto al fatto che ero
infastidito dalla partecipazione precedente del “manifesto” alla canea
contro la Raggi, e anche ad alcuni contenuti condivisibili. In particolare
la constatazione che, a differenza di quanto accade in Spagna con *Podemos,
*la capacità di attrazione a livello nazionale non è in genere accompagnata
dalla capacità di organizzare il consenso a livello locale intorno a
proposte politiche articolate. E questo, scrivono, “non può essere certo
colpa dei cittadini che fanno le proposte pubblicate sulla piattaforma
Rousseau”.

“Il maggior coinvolgimento dei cittadini – seppur con modalità discutibili
– è un elemento di novità da guardare con molto favore” […] anche “perché
comporta una concezione della partecipazione che non si esaurisce nel
momento elettorale”.

I due autori rispettano la scelta del movimento di non trasformarsi in
partito, ma osservano che questa non elude “il delicato momento in cui una
neoformazione politica deve adottare una cultura politica di governo che si
sostanzia nella costruzione di una classe dirigente nuova e competente e
nell’aggregazione strutturata della domanda politica emergente”. In parole
povere, chiamalo come vuoi, ma il problema del partito c’è: “il movimento
non può continuare a far finta che una competente dirigenza «partitica» non
sia necessaria”.

E, ammoniscono, le primarie, che sono “già una sfida per i partiti
strutturati”, possono innescare dinamiche distruttive nel caso di una
formazione recente e senza un tessuto ideologico preciso. Qualcosa che già
stiamo vedendo: il M5S non ha tendenze formalizzate, ma già conosce lotte
non solo sotterranee, e che possono divenire laceranti. (a.m.)